Yara, una chiara e delicata ricostruzione della più complessa indagine genetica
Terminato il breve passaggio nelle sale cinematografiche italiane, “Yara”, diretto da Marco Tullio Giordana approda su Netflix. Dopo “Pasolini, un delitto italiano” (1995), “I cento passi” (2000) e “Romanzo di una strage” (2012), il regista milanese prende in mano nuovamente un caso italiano di cronaca nera e si pone l’obiettivo di ricostruire una delle indagini più importanti e complesse degli ultimi anni.
Era il 26 novembre del 2010 e in un piccolo paesino in provincia di Bergamo, Brembate Sopra, la tredicenne Yara Gambirasio sparì per sempre mentre percorreva quel brevissimo tratto che collegava la palestra, in cui la giovane frequentava il corso di ginnastica, alla sua casa. Il corpo venne trovato tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011, in un campo isolato a Chignolo d’Isola, non distante da Brembate Sopra.
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Sul cadavere di Yara erano presenti numerose ferite da arma da taglio e colpi da spranga, oltre ad un trauma cranico e ad una ferita al collo. Tuttavia, si ipotizzò che la morte sopraggiunse in un momento successivo all’aggressione.
Un paesino tranquillo in cui non succedeva mai nulla, venne sconvolto e macchiato per sempre. Da qui le indagini portate avanti dalla pm Letizia Ruggeri, nel film interpretata da Isabella Ragonese, la quale disponeva di un solo indizio, il dna dell’assassino rinvenuto sugli indumenti intimi di Yara.
Marco Tullio Giordana dà vita ad una pellicola che ha come punto focale non l’omicidio della ragazza, bensì le indagini volte a far luce sull’efferato crimine. Un’indagine genetica durata anni in cui Letizia Ruggeri vide il proprio lavoro ostacolato più e più volte. La pm riuscì ad organizzare, difatti, il primo screening di massa per raccogliere il numero più alto possibile di campioni di dna da confrontare con quello trovato sugli indumenti di Yara.
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Un lavoro costosissimo e dai risvolti imprevedibili che portò a galla un nome, quello di Massimo Bossetti, nel film interpretato da Roberto Zibetti, figlio nato da una relazione extraconiugale mai confessata. Il dna di Bossetti risultò compatibile al 100% con quello rinvenuto sugli abiti di Yara. Arrestato il 16 giugno 2014 e in seguito condannato all’ergastolo, l’uomo non ha mai smesso di proclamarsi innocente.
Giordana, passo dopo passo, ripercorre tutte le tappe di un caso estremamente delicato e, come per tutti i fatti di cronaca nera, non facile da raccontare. Ne deriva un lavoro pulito, pacato ed estremamente rispettoso, come è giusto che sia. Nessun fronzolo, drammatico al punto giusto senza sfociare nell’esasperazione e nemmeno troppo romanzato.
Un film che racconta in maniera semplice e lineare, discostandosi dai crime movie, un delitto che ha segnato l’Italia. Un lavoro che tenta di rendere onore a Yara, nel film interpretata da Chiara Bono, alla sua famiglia e a tutte le persone che si sono mobilitate e hanno lavorato per anni affinché la famiglia della giovane conoscesse la giustizia e abbracciasse un minimo di sollievo.
Ancora una volta Marco Tullio Giordana, armato di umiltà e rispetto, dimostra talento e maestria nel trasporre sul grande schermo fatti di cronaca nera così delicati, complessi e dolorosi, senza cadere nel banale e nella strumentalizzazione.