X Factor: vince Casadilego ma lo show è tutto di Manuel Agnelli
X Factor alla fine ha calato l’asso. Una puntata conclusiva che ha riscattato un’edizione controversa, non in grado di fare breccia nel cuore degli spettatori e, per questo, dagli ascolti relativamente bassi. Ma aveva l’asso nella manica, appunto. Lo ha sempre avuto, in realtà: Manuel Agnelli. Il leader degli Afterhours si è letteralmente fatto carico di una stagione che ha presentato più ombre che luci, complice un parterre di giudici non affiatato e di scarso appeal sul pubblico. Mika ed Hell Raton non sono Fedez e Mara Maionchi, e la differenza si vede e si sente. Eccome.
Neanche una puntata finale scoppiettante ha riscattato il loro ruolo, quello di giudici, interpretato con compitino da sufficienza e, a larghi tratti, poco credibile. Le assenze citate in precedenze non sono state degnamente rimpiazzate. Neanche un po’. Così come Emma Marrone, che in fatto di presenza scenica e attenzioni da parte del pubblico non è seconda a nessuno, per lo meno tra gli esponenti dell’attuale scena pop italiana, è riuscita a stare al passo del rocker meneghino. Lui, Agnelli, di fatto è stata l’unica costante di questa edizione. Quattro giudici, di cui tre a fare da sparring partner.
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C’è addirittura chi ha rimpianto Lodo “Lodorroico” Guenzi e Levante dalla piangina facile. Maionchi e Fedez, però, non si possono sostituire. Per carisma, competenza e capacità di intrattenere il pubblico sono mostri sacri, ormai, anche della televisione italiana. Non si dica il contrario, si incapperebbe nella disonestà intellettuale.
X Factor 2020 si può considerare un’edizione di transizione in cui il cambiamento radicale è parte attiva di questo voltare pagina? Oppure dobbiamo pensare che sia prossima a chiudere i battenti?
Per un pubblico meno votato al mainstream ma tendenzialmente rivolto a una solidità musicale che non si può ricercare (e ci mancherebbe altro) negli esordienti, è andata bene così. Per chi è amante delle sonorità rock, poi, meglio ancora. Agnelli è un baluardo in tal senso e i suoi Afterhours invecchiano dannatamente bene, sfornando dischi, facendo concerti e coinvolgendo un parterre di attenzioni sempre più ampio e variegato.
Pensiamo anche alla recente collaborazione di Rodrigo D’Erasmo (violinista e polistrumentista della band) che oramai è parte integrante della band di supporto a Diodato, il cantante italiano che quest’anno ha vinto praticamente tutto quello che c’era da vincere. Un fuoriclasse, insomma.
La serata conclusiva, andata in onda ieri sera, è stata bella e interessante. Parole genuinamente semplici perché altre, mirate all’esaltazione o alla pontificazione di una puntata che ha giocato il ruolo di vaso di coccio tra i vasi di ferro (dicevamo, le precedenti non è che abbiano avuto questo appeal straripante) è stata poco più che gradevole. Preconfezionata e studiata a tavolino per intrattenere e tenere incollati allo schermo in attesa dell’ennesima sorpresa dietro l’angolo. E’ un programma televisivo, perché immaginare o, peggio ancora, chiedere altro?
Nella puntata finale Alessandro Cattellan ha dato l’addio allo show. Peccato, lui si che è davvero un one man show come pochi in Italia. La sua assenza peserà moltissimo e non sarà facile sostituirlo. Lo attende il Festival di Sanremo? I Negramaro salgono sul palco e il tepore per un po’ si fa da parte. Vergo canta “Bomba” e ci si chiede se per lui il futuro musicale sarà più roseo di molti suoi colleghi.
Ma lo show è tutto per lui, Manuel Agnelli, cantante, chitarrista e leader maximo degli Afterhours. Che, nell’esibizione al fianco dei Little Pieces of Marmelade (Dio non voglia che diventino – commercialmente parlando – gli eredi dei Maneskin) dimostra che il rock è il vero elisir di lunga vita.
A petto nudo irrompe sul palco e con la band alle sue spalle si lancia nella cover di “Veleno“, brano cult degli Afterhours.
Il palco non è più un elemento scenografico appartenente al mondo del grande schermo ma diventa, di fatto, quello di un concerto. E che gran concerto. Carisma da vendere, adrenalina che corre nel sangue con una velocità da far paura e qualità, tanta, tanta qualità alla base della proposta. “E’ solo una cover, cos’altro avrebbero dovuto fare?“. E se fosse stata solo una cover, e se non avrebbero dovuto fare altro, allora spiegatecelo voi perché si è elevata su tutto il resto, al tal punto da pareggiare il livello d’esecuzione di Casadilego, vincitrice di questa edizione di X Factor.
Qui il video dell’esibizione: Manuel Agnelli e LPM
Perché si chiama qualità. E quando è tale non appartiene a un singolo genere ma tutti, compresi i più bigotti e oltranzisti nel giudizio critico, devono o dovrebbero riconoscerne il valore.
Casadilego (all’anagrafe Elisa Coclite) è una piccolo diamante grezzo (non solo per l’età, 17 anni) da lavorare con coscienza e intelligenza. Un talento in erba tutto da coltivare. Ma potrebbe anche essere un cristallo, talmente fragile da rompere con estrema facilità. Il rischio di bruciarla, come fatto in concreto con molti altri artisti prima di lei, è concreto. E per questo evitabile. L’Italia ha bisogno di questa gioventù artistica e lei può rappresentarne una parte importante. Qualcuno le rimprovera scarso carisma. Ma basta, piantatela con questa lagna. E’ una musicista, apprezzatela per ciò che suona, non per ciò che umanamente è. “Se al pubblico piaccio così come sono mi sta bene, altrimenti se ne farà una ragione“, affermò una volta tale Lucio Battisti.
Qui il video dell’esibizione di Casadilego: Casadilego canta VITTORIA nellla manche Finale di #XF2020
Ma, per tornare sul punto, se di annata di transizione si trattava, cosa aspettarci dal futuro? Il rinnovamento con l’addio di Cattellan è ormai completo e Agnelli è l’ultimo della “vecchia guardia” di X Factor. Perderlo equivarrebbe a una trasformazione definitiva del programma che, nel caso, si scrollerebbe totalmente di dosso quella patina, se pur leggera e superficiale, di rock che invece il pubblico sembra apprezzare. E l’apprezza sul serio!
Che i produttori abbiano un po’ di coraggio e ripartano da Manuel Agnelli, scopriranno che il rock e i suoi derivati non sono generi di nicchia. Al tempo stesso potrebbero distinguersi sul serio dal maremagnum di talent musicali, prodotti televisivi talmente studiati a tavolino da vanificare qualsiasi trovata o idea extra e spiccare per originalità e passione in un palinsesto televisivo, anche se privato, come quello di Sky. Il 2020 è stato un anno tremendo per la musica, anche per la televisione, e la sensazione è che nel futuro la gente non vorrà ripartire esclusivamente dal passato e da ciò che è stato, ma andrà in cerca di novità, proprio per per voltare pagina. E’ il momento giusto.