Vittorio Gassman, il mattatore che “non fu mai impallato”
“Il futuro è già passato, e non ce ne siamo nemmeno accorti”
A distanza di venti anni dalla sua morte, avvenuta il 29 giugno del 2000 a Roma, e nella ricorrenza odierna dalla sua nascita, Vittorio Gassman continua a essere un punto di riferimento per tutti gli amanti dell’universo culturale tricolore. Attore, regista, sceneggiatore, Gassman, come pochi altri, ha affascinato per il suo carisma, per la sua multiformità artistica, per la naturale capacità di passare dalla commedia alla drammaturgia con una facilità straordinaria.
Un talento recitativo pressoché sconfinato, esercitato in egual misura tra cinema, teatro e televisione. Non a caso è considerato come uno tra gli interpreti più versatili del cinema italiano. “Il Mattatore”, così era soprannominato, tanto era talentuoso e istrionico sul set quanto era fragile nella vita privata. Sensibile, fortemente empatico ed emotivo a luci spente, maniacale, puntuale, estremamente professionale di fronte a cinepresa. O telecamera, fate voi.
“Le donne mi hanno sempre sedotto e, al momento giusto, abbandonato“
Tre mogli e quattro figli da quattro donne diverse potrebbero essere qui a dimostrarlo anche se Diletta D’Andrea, l’ultima di esse, lo ha affiancato per trent’anni, fino alla sua morte. Con un fascino così, non c’è da sorprendersi se l’universo femminile ha avuto un ascendente pericoloso sulla vita dell’attore genovese, tanto da condurlo spesso e volentieri in vortici di depressione. Trasformista, come detto, nella vita e sul set, tanto che per qualcuno era il “Marlon Brando italiano“.
Ettore Scola, Vittorio De Sica, Mario Monicelli, Dino Risi sono solo parte dei grandi registi che l’hanno diretto e con cui ha lavorato. I pilastri del cinema italiano, praticamente.”La Grande Guerra”, “Il sorpasso”, “In nome del popolo italiano”, “I soliti ignoti”, “C’eravamo tanto amati”, “I picari”, “L’armata Brancaleone”, sono invece parte della straordinaria filmografia di Gassman. Ognuno di questi film ha segnato la storia della settima arte tricolore.
Con riferimento a “Sipario“, il film che Marco Risi, il figlio del grande Dino, disse: “La storia di una persona goffa perché a questo punto tanto vale che si sappia sono fondamentalmente un goffo, una persona che si è mascherata appunto facendo l’attore. Le debolezze, le fragilità di un uomo che è sempre riuscito a nasconderle. Un attore che soffre di depressione”.
“Non fu mai impallato“
Questo è l’epitaffio che si legga sua sua nel cimitero del Verano di Roma. In gergo cinematografico vuole dire che nessuno è stato mai in grado di togliergli la luce di scena.