Vittorio De Sica: il cinema della Vita, la voce della Verità
Il 13 novembre 1974 il cinema e la cultura mondiale perdevano una delle sue figure più influenti e geniali: Vittorio De Sica.
A cinquant’anni dalla sua morte, è impossibile non riflettere sull’eredità che il regista e attore italiano ha lasciato non solo al nostro Paese, ma all’intero panorama cinematografico globale. De Sica, che ha spaziato con maestria tra dramma, commedia e neorealismo, è ancora oggi un faro per le generazioni di cineasti e spettatori.
Prima di conquistare il mondo come uno dei più grandi registi della storia del cinema (l’unico italiano – insieme a Fellini – ad aver ricevuto l’Oscar per il Miglior film straniero ben quattro volte), Vittorio De Sica ha avuto una carriera di successo come attore, che ha contribuito a formare la sua sensibilità artistica e il suo approccio al cinema, sviluppando una conoscenza profonda della psicologia dei personaggi e delle dinamiche del set.
Classe, ironia, profondità e umorismo. Perfetto in recitazione, canzone, regia, scrittura. Vittorio De Sica è stato una colonna portante del cinema italiano, difficile da racchiudere in poche righe.
I primi passi nel cinema
Nato a Sora nel 1901, sin da giovane si interessò al teatro. Dopo aver studiato recitazione, debuttò nel 1935 nel cinema, quando l’industria cinematografica italiana era ancora sotto l’influenza del ventennio fascista e il cinema aveva spesso una funzione di intrattenimento, anche se non mancarono gli spunti di riflessione sociale. De Sica iniziò a recitare in film che appartenevano a generi molto popolari, come la commedia e il musical, generi caratterizzati dalla leggerezza e dal tentativo di evasione dalla realtà.
De Sica aveva iniziato la sua carriera ai microfoni dell’Eiar, poi nel teatro di Italia Almirante, e infine dietro le macchine da presa del cinema muto, diretto da Mario Almirante. Quando il sonoro ha fatto la sua comparsa, ha conquistato il pubblico in commedie musicali. Ancora oggi, le note di “Signorinella” e “Parlami d’Amore Mariù” continuano a riecheggiare, portando con sé il ricordo di quell’uomo affascinante dai tratti signorili che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del cinema italiano.
La transizione verso ruoli più drammatici e significativi
Nei suoi primi ruoli, De Sica interpretava l’uomo “bello e impossibile” o il giovane dandy. Tra i suoi primi film ricordiamo “Teresa Venerdì“ (1937), una commedia diretta da Raffaello Matarazzo, e “I bambini ci guardano“ (1944), diretto da Luigi Zampa, che però già cominciava a suggerire una propensione per personaggi più complessi e sfumati.
Nonostante i suoi primi lavori siano stati per lo più di carattere leggero, l’evoluzione artistica di De Sica lo portò ben presto a interpretare ruoli più maturi e drammatici, che iniziarono a riflettere le sue preoccupazioni sociali e politiche.
La carriera da attore di Vittorio De Sica si distingue per la grande varietà di personaggi che ha interpretato. La sua formazione teatrale e la sua naturale empatia per la condizione umana lo portarono a ricoprire ruoli che oscillavano tra il tragico e il poetico, il sociale e il personale. La sua capacità di immedesimarsi nei protagonisti più disparati lo rese uno degli attori più interessanti del suo tempo.
Da giovane dandy a uomo impegnato, da simbolo di speranza a figura di padre, De Sica ha interpretato una gamma di ruoli che rispecchiavano le inquietudini e i cambiamenti della società italiana e mondiale del XX secolo.
Le grandi dive del cinema italiano
Sul set De Sica ha lavorato con alcune delle più grandi attrici italiane ed internazionali, da Gina Lollobrigida (in “Pane, amore e fantasia” nel 1953) a Sophia Loren (in “La Ciociara” nel 1960). E ancora con Lea Massari (in “Ieri, oggi, domani” nel 1963 con la Loren e Mastroianni), Silvana Mangano (in “Riso amaro” nel 1949), Claudia Cardinale (in “Il giardino dei Finzi-Contini” nel 1970) e Virna Lisi (in “Il medico della mutua” nel 1968). Immense artiste che hanno contribuito a rendere memorabili i film in cui De Sica è stato protagonista.
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La sua capacità di adattarsi a qualsiasi tipo di ruolo, dalla commedia al dramma, lo ha reso un partner ideale per le grandi attrici dell’epoca, con cui ha costruito alcune delle interpretazioni più straordinarie della storia del cinema.
De Sica: un maestro della macchina da presa
La carriera di De Sica come attore fu fondamentale per la sua formazione come regista: il suo approccio alla recitazione, mai artificioso, sempre diretto e semplice, ma mai banale lo renderà capace di far emergere la vera essenza di ogni ruolo. La sua abilità nell’entrare a fondo nei panni dei suoi personaggi, di dar vita a figure autentiche e di grande spessore emotivo, si rifletterà nella sua sensibilità dietro la macchina da presa.
Durante la Seconda Guerra Mondiale e negli anni appena successivi, pur continuando a lavorare come attore, iniziò a sviluppare un acuto senso della realtà e della condizione umana.Ne è un esempio la sua interpretazione in “Sciuscià“ (1946), di cui firma anche la regia, un’analisi profonda della miseria e della disuguaglianza sociale. Il ruolo di carcerato, riservato a se stesso, contribuisce a creare un quadro di miseria e ingiustizia che caratterizza il neorealismo.
Fu proprio durante il neorealismo che De Sica iniziò a entrare in contatto con il futuro del cinema italiano, con registi come Cesare Zavattini, Roberto Rossellini, e Luchino Visconti, con i quali condividerà molte esperienze artistiche negli anni successivi.
Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, in cerca di una nuova identità vide nel cinema la possibilità di raccontare storie vere, umane, crude. Con film come “Ladri di biciclette” (1948) e “Miracolo a Milano” (1951) riuscì a raccontare la miseria e le speranze delle classi popolari attraverso una narrazione cruda ma empatica.
Se “Ladri di biciclette” (1948) rappresenta l’apice del suo impegno neorealista – con una denuncia sociale che diventa un inno alla solidarietà umana e alla speranza, una storia diventata universale -, De Sica non si limitò mai a un solo stile. Con il passare degli anni, il suo linguaggio di regista si evolse, abbracciando anche una maggiore leggerezza e comicità, pur mantenendo sempre il suo sguardo lucido e profondo sulla società.
Ne sono un esempio i film rappresentativi della commedia all’italiana, in cui De Sica ha collaborato a lungo con Sophia Loren e Marcello Mastroianni. In “Ieri, oggi, domani“, un film che si compone di tre episodi, la Loren interpreta tre ruoli diversi, e Mastroianni recita accanto a lei in alcuni segmenti. In “Matrimonio all’italiana“ (1964), un altro film diretto da De Sica, i due attori interpretano una coppia di amanti che, a causa delle convenzioni sociali italiane, non riesce mai a sposarsi ufficialmente.
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Tra i lavori più emblematici della versatilità della regia di De Sica, ricordiamo anche il dramma storico in “Il giardino dei Finzi-Contini” (1970), che esplora la tragedia della Shoah attraverso una storia di amore e abbandono, e “Il tè nel deserto” (1990), un adattamento del romanzo di Paul Bowles che segna un capitolo più esotico e psicologico della sua carriera, che purtroppo arrivò a una fase di declino in termini di produzione, a causa della sua morte prematura.
Fino alla fine
Elencare e analizzare gli oltre duecento film interpretati o diretti da Vittorio De Sica sarebbe un lavoro abnorme e comunque insufficiente a rendere omaggio ad un gigante del cinema.
Un artista eclettico che ha consacrato la sua intera vita alla settima arte, fino ai suoi ultimi giorni. De Sica è infatti deceduto il 13 novembre 1974, in una clinica privata di Neully-sur-Seine (Parigi), dove era stato ricoverato per un intervento chirurgico dovuto ad un tumore ai polmoni. Poco prima aveva ultimato le riprese di “Il Viaggio“, diventando uno degli ultimi grandi registi del neorealismo a chiudere il suo ciclo creativo con un film che riflette sul senso della vita e sulla solitudine.
Appena un mese dopo il suo decesso, Ettore Scola presentò il suo “C’eravamo tanto amati” con una dedica a Vittorio De Sica, che appare per pochi minuti nella pellicola.
L’eredità di De Sica
Oggi, a distanza di cinquant’anni dalla sua morte, l’influenza di Vittorio De Sica è innegabile: ci ha insegnato che il cinema non è solo intrattenimento, ma un linguaggio potente per esplorare le contraddizioni della società e le sfumature dell’animo umano.
Il suo approccio realista, il suo modo di trattare la miseria con dignità e la sua empatia verso i suoi personaggi e attori da dirigere continuano a essere punti di riferimento per chiunque si avvicini al cinema con lo stesso desiderio di raccontare la verità.
Oggi il ricordo di Vittorio De Sica è più vivo che mai e la sua opera è una testimonianza di ciò che il cinema può essere: una forma d’arte capace di raccontare storie che parlano a tutti, in ogni angolo del mondo.
De Sica ci ha lasciato un cinema che non ha paura di svelare la verità, di scrutare l’animo umano con compassione, e di trovare, anche nei momenti più bui, un barlume di speranza. Oggi, il suo nome è indelebile nel pantheon dei grandi del cinema e la sua eredità vive nei cuori di chiunque ancora creda che il cinema possa cambiare il mondo.
(Fonte foto: frame da youtube)