Viaggio nell’opera di Mauro Boselli, mito del fumetto italiano
In Italia se dici fumetto dici Bonelli. Senza timore di essere smentiti o far torto ad altri, che pure onorano egregiamente il nome del fumetto italiano, abbiamo incontrato quello che, in occasione dell’uscita dell’ultimo Maxi Tex di ottobre, è diventato lo scrittore più prolifico della storica casa editrice milanese. Mauro Boselli è, infatti, colui che, nel corso degli anni e per larga parte ha contribuito alla realizzazione di meravigliose avventure di straordinari personaggi come Zagor, Mister No, Dampyr e, soprattutto, Tex Willer e i suoi pard.
Partiamo da un assioma: Mauro Boselli è uno che di fumetti ne sa. “Scoperta dell’acqua calda”, direte voi. Forse. Ma quando si parla di eccellenze, è sempre il caso di sottolinearlo. Persona di grande disponibilità e competenza, sciolti i primi convenevoli è in grado di metterti a proprio agio e parlare per ore. Ne è scaturita un’interessante riflessione sulle origini del fumetto e i progetti presenti e futuri della Sergio Bonelli Editore, passando per un parallelismo tra il mondo del fumetto italiano e quello americano, per arrivare all’attuale situazione dei lettori in Italia.
Ti faccio i complimenti per l’importante traguardo raggiunto recentemente: con l’uscita de “I tre fratelli Bill”, infatti, sei diventato lo scrittore più prolifico di Casa Bonelli, superando anche il mitico Gianluigi. È un’eredità pesante… come ci si sente?
Mi sento emozionato, ma anche un po’ in imbarazzo perché Gianluigi Bonelli è stato il mio maestro, come è stato il maestro di tutti coloro che fanno fumetto d’avventura in Italia, in quanto decano del fumetto italiano. Ha cominciato a sceneggiare fumetti negli anni ’30, praticamente nell’epoca d’oro dei fumetti, e sono convinto che, in realtà, abbia scritto molto di più di quanto risulti… rimarrà sempre davanti a me: questo è un dato di fatto.
Come nasce la passione di Boselli per la scrittura e la sceneggiatura? Ci sono state letture, film o storie in generale che ti hanno ispirato?
Il fatto che io volessi scrivere, fin da ragazzo, era scontato. Inventavo ogni genere di storie e le raccontavo ai miei sfortunati amici. Ho conosciuto Gianluigi Bonelli da bambino e, dopo la scuola, l’università e mille lavori in altri campi, in un periodo difficile della mia vita ho cominciato a fargli da assistente. Sono poi stato assunto dal figlio Sergio nella Casa editrice e, infine, dopo una lunga gavetta da redattore factotum, ho iniziato a scrivere e curare alcune collane. Per quanto riguarda le mie letture, ho diverse librerie in diverse stanze, in diversi appartamenti, e tutte strapiene. Ho librerie dappertutto. Di libri ne leggo almeno cinque o sei contemporaneamente.
Come si sviluppa il rapporto tra sceneggiatore e disegnatore? È sempre tutto rose e fiori o possono esserci delle incomprensioni?
È evidente che ci siano degli autori con cui si collabori meglio ma non perché siano più bravi. Semplicemente perché c’è maggiore sintonia. Quindi ci sono autori con i quali mi sono sempre inteso al primo colpo, salvo rarissime eccezioni, e qualcuno con cui faccio un po’ più di fatica ad ottenere ciò che voglio. Ciò non toglie che, a volte, il risultato sia lo stesso ottimale. Bisogna solo lavorare un po’ di più. Per non far torto agli altri, posso citare uno che non c’è più: Carlo Raffaele Marcello, con cui ho scritto le mie prime storie importanti di Tex e Zagor. Con lui eravamo in sintonia totale. Era un grande artista e credo che, insieme a me, abbia realizzato alcune delle sue opere più belle e sicuramente le più belle dell’ultimo periodo della sua vita.
Ad inizio anno era prevista l’uscita del primo film del Bonelli Cinematic Universe, quello su Dampyr. Poi è slittato ma, col periodo che è non dei migliori, dovremmo quasi esserci. Come mai la scelta è caduta su Dampyr che è un personaggio relativamente giovane, e non su uno dei mostri sacri della Bonelli come Dylan Dog o Tex?
Si è fatta avanti la casa produttrice Brandon Box perché appassionati di Dampyr. Hanno portato l’idea di produrre un film sul personaggio mio e di Maurizio Colombo a Vincenzo Sarno, che è il capo del nostro ufficio sviluppo, reparto creato appositamente dalla Casa editrice per occuparsi di cinema e tutto quello che non è il classico albo a fumetti. Io e Maurizio abbiamo dato l’ok, sapendo che la Bonelli come Casa editrice detentrice dei diritti mantiene comunque un controllo sulla produzione.
È importante che nella trasposizione cinematografica di un fumetto, si tenga conto degli ideatori e degli sceneggiatori. Negli USA per The Boys e Preacher c’è stata la supervisione e la consulenza di Garth Ennis, ad esempio. Di Dylan Dog avevano già fatto un film, ma non credo fosse ufficiale o sbaglio?
Ma non è che non fosse ufficiale; semplicemente i diritti erano stati ceduti e la casa produttrice aveva fatto ciò che voleva, senza possibilità da parte di Sclavi o della Bonelli di intervenire creativamente. Nel caso di Dampyr, invece, ho mantenuto il controllo, come rappresentante della Casa editrice, e ho detto la mia sulla sceneggiatura, strettamente basata sulla storia mia e di Maurizio Colombo dei primi due numeri. Spero che la situazione del mondo cinematografico migliori dopo questa pandemia e che Dampyr sul grande schermo sia un successo. In ogni caso di parla già di un sequel o due… Ci stiamo pensando. Vedremo!
A proposito di USA, a livello generale, i protagonisti dei fumetti americani sono per lo più Supereroi o persone comunque dotate di poteri o abilità straordinarie. Nel panorama italiano, invece, salvo qualche rara eccezione, i protagonisti sono generalmente individui comuni (Tex, Dylan Dog, Zagor, Dragonero) a cui capitano avventure particolari. Credi ci sia una differenza di fondo tra le due culture o è un caso?
In realtà, il fumetto italiano nasce da quello americano. Ma non da quello dei supereroi, bensì da quello che c’era prima: da quello americano dell’epoca d’oro degli anni ’20-’30…ossia L’uomo mascherato, Mandrake, Flash Gordon, Terry e i pirati, Rip Kirby, Tarzan, il Principe Valiant… Sono i fumetti che influenzarono autori e lettori degli anni ’30, come narra Eco ne “La misteriosa fiamma della regina Loana”, quindi anche Gianluigi e Sergio Bonelli. I nostri sogni, sono basati sul periodo d’oro del fumetto avventuroso. Indiana Jones è più vicino a noi dell’Uomo Ragno. C’è quasi una discendenza riconoscibile, per cui Zagor è il figlio naturale di Tarzan o Mister No di Johnny Hazard e così via. C’è un legame diretto. Sergio Bonelli apprezzava gli eroi umani: Mister no, Zagor, Tex non hanno superpoteri. Anche Dampyr, pur avendo strani poteri essendo solo per metà umano, non è un supereroe.
Sempre a proposito del mondo del fumetto sia italiano che americano, anche dati alla mano, è ovvio che non siamo più nell’epoca della Golden Age ma è ancora un mercato florido? C’è un futuro roseo per i fumetti soprattutto in Italia?
Noi andiamo ancora molto bene grazie a Tex e Dylan Dog soprattutto. Ma come si può rispondere positivamente a questa domanda, vedendo che i ragazzi non leggono più e leggono soprattutto i cellulari?
Proprio in relazione ai nuovi lettori, la serie Tex Willer pare abbia dato nuova linfa vitale a un Tex che comunque ha sempre tenuto botta, anche dopo 72 anni. Parliamo di una testata che ha un livello di dettaglio incredibile, quasi da graphic novel. Inizialmente in molti erano dubbiosi, vista la longevità dello stesso Tex. I fatti, però, stanno dimostrando che questa nuova serie ha avuto il pregio non solo di consolidare i “vecchi” lettori, ma anche di avvicinare le nuove generazioni, a un filone (quello western) non proprio di grande interesse per i ragazzi. Contribuisce il fatto che nei fumetti made in USA ci sia una continuity molto serrata mentre in Italia, a parte ad esempio Dragonero o Dampyr, questa non sia rigidissima e, sostanzialmente, c’è possibilità di iniziare in qualsiasi momento?
Be si, grazie a Brindisi, De Angelis e gli altri autori che fanno un gran lavoro e ti dirò che sei molto ottimista, e per questo ti ringrazio. (ride) Più che le nuove generazioni, direi “alcune” delle nuove generazioni: quei pochi, o pochissimi, che non solo leggono, ma anche che sanno leggere. Io sono molto pessimista sullo stato della cultura in Italia e su come la scuola stessa prepari i ragazzi alla lettura… Una volta, in una classe normale degli anni ’60-’70, tutti i ragazzi leggevano fumetti e qualcuno leggeva dei libri. Adesso è raro trovarne. Se pensiamo ai fasti di Harry Potter, parliamo di venti anni fa. I bambini che leggevano Harry Potter sono già quasi adulti. Ad oggi, a parte “La Schiappa” che comunque è un fenomeno di nicchia, non vedo altri grandi successi. Persino il Cinema oggi soffre. Per il discorso della continuity, dipende dalla serie. In Tex è molto limitata, Dampyr, invece ha una continuity serratissima.
Quali sono i fumetti preferiti di Boselli e quali legge attualmente?
Leggo sempre i vecchi classici: sto rileggendo tutta la collezione del Principe Valiant che viene ripubblicata da una casa editrice americana, ho comprato l’integrale del Tarzan di Russ Manning e, per la terza volta, sto rileggendo Terry e i pirati di Milton Caniff e ora sono al 1944. Rileggo sempre i classici e molto spesso le storie di Paperino di Carl Barks che sono formidabili. I fumetti più belli del mondo sono proprio quelli di Carl Barks.