Sì al mantenimento della didattica a distanza nelle Università
Il Ministro all’Università e alla Ricerca, Maria Cristina Messa, intervenuta a SkyTg24 ha parlato della situazione riguardante le lezioni negli Atenei italiani. “A seconda delle zone spero che si riesca dopo Pasqua per lo meno ad aprirne una parte”– spiega Messa– “Credo che tutte le Università useranno la didattica a distanza in maniera complementare a quella in presenza”.
La didattica in presenza, a distanza o in forma mista ha infiammato il dibattito in questi ultimi mesi. Da una parte chi vuole il rientro in presenza, ancorati alla tradizionale idea dell’Università, e della scuola in generale, quale luogo di incontro, di socialità oltre che di cultura e formazione.
Dall’altro lato chi, convinto da questi mesi di lezioni a distanza, tifa per il mantenimento quantomeno di una forma mista che permetta ai sempre più numerosi studenti universitari lavoratori di poter accedere più facilmente alle lezioni, senza dover sacrificare ore di permessi o dovendo acquistare, talvolta, un maggior numero di libri dal costo anche elevato.
Un’Università più internazionale
L’apertura del Ministro è un discorso che va verso un’Università italiana più internazionale, in modo da poter “condividere i nostri corsi e quelli degli atenei stranieri” a distanza, “ora abbiamo le strutture per farlo e per dare uno spirito internazionale alle nostre università”.
Sui social, dove la propaganda a favore della didattica a distanza integrata raccoglie numerosi proseliti, la notizia è stata accolta con moderato entusiasmo poichè in molti temono che possa essere indirizzata ai soli corsi internazionali, che in Italia non sono numerosi, o ad elevato “appeal”.
In un anno in cui gli studenti hanno rappresentato una tra le categorie più colpite dal lockdown, in molti si augurano di poter cogliere qualcosa di buono da questo periodo, seppur consci che le lezioni davanti ad uno schermo siano poco auspicabili per gli studenti delle elementari, medie e superiori.
L’organizzazione “Unidad”, che in poco tempo si è ramificata in tutta Italia e che in qualche modo è diventata una portavoce delle istanze di quegli universitari-lavoratori, sottolinea come non sia loro intenzione la richiesta di abolire la frequenza. Piuttosto di dare opportunità a chi per diverse ragioni non può seguire in presenza le lezioni all’Università.