L’incendio di Notre Dame, come era prima e come è oggi (photogallery)
“Sul volto di quella vecchia regina delle nostre cattedrali, accanto a una ruga si trova sempre una cicatrice. Tempus edax, homo edacior” (V. Hugo)
Nel 1163, alla presenza di papa Alessandro III, venne posta la prima pietra della cattedrale gotica. Il cantiere della fabbrica si protrasse per due secoli. Protagonista di capolavori della letteratura, dell’arte e del cinema, tutto il mondo ha subito il fascino della cattedrale simbolo di Parigi.
Sono le 18:50 del 15 aprile 2019 quando divampano le fiamme e la guglia in legno di Viollet-le-Duc crolla distruggendo il tetto della cattedrale. Il rogo verrà domato solo dopo molte ore ma le due torri, la corona di spine e la tunica di San Luigi, si salvano. Negli scatti di Federico Falcone qui riportati, direttore del giornale, possiamo vedere come era la Cattedrale di Notre Dame con la guglia principale che non esiste più e la sua meravigliosa architettura danneggiata dal rogo ma ancora in piedi.
La scorsa settimana l’arcidiocesi di Parigi ha fatto il punto sulle donazioni confluite nel “Fondo cattedrale di Parigi” durante il 2019 e nel primo trimestre del 2020. Come riporta La Repubblica «Il calcolo finale è di 901,5 milioni di euro, di cui 188,3 milioni già stanziati», tra i principali donatori troviamo i Bettencourt-Meyers, possessori del gruppo L’Oréal, Francois-Henri Pinault, il gruppo LVMH (Louis Vuitton Moet Hennessy), il petroliere Total e la famiglia Arnault.
Nonostante la grande presenza di fondi, oggi, guardando la cattedrale il tempo sembra essersi fermato. Una gru campeggia ancora davanti alla struttura avvolta da numerose impalcature, ma i lavori sono fermi. Dopo aver subito avvenimenti storici che già portarono a restauri antichi, come saccheggi, la Rivoluzione Francese, la Seconda guerra mondiale, oggi la cattedrale si erge contro la pandemia.
Il primo stop ai restauri era arrivato la scorsa estate quando era stato ordinato di verificare la contaminazione dovuta alla fusione della guglia che fondendosi nell’incendio ha rilasciato trecento tonnellate di piombo nell’area.
Quando a metà agosto il cantiere è stato riaperto la burocrazia ha rallentato i bandi per permettere di smantellare la gigantesca impalcatura montata per il restauro della guglia, una fase difficile per la presenza di oltre 40mila tubi che si sono fusi nelle fiamme e che bisognerà rimuovere con precauzione per non provocare ulteriori danni.
Poi, in autunno e in inverno, il maltempo e i venti forti che hanno superato i 40 km/h hanno reso impossibili le operazioni in quota. Quando a dicembre è stata sistemata la gru nessuno poteva aspettarsi un nuovo blocco per il Coronavirus, neanche il presidente Macron, che aveva annunciato l’intenzione di aprire, per questa primavera, uno spazio davanti al monumento per permettere ai pellegrini di raccogliersi in preghiera e l’obiettivo di riaprire definitivamente la cattedrale nel 2024, in tempo per le Olimpiadi.
Così, dal 16 marzo, i duecento operai che lavoravano al cantiere si sono fermati con l’intenzione di riprendere, come annuncia il generale Jean-Louis Georgelin, commissario straordinario per i lavori, “già nelle prossime settimane”, in vista della fine del lockdown l’11 maggio.
In un video postato oggi sul sito dell’Eliseo, il capo dello Stato francese, Emmanuel Macron, ha ribadito: “Ricostruiremo Notre-Dame in 5 anni, ho promesso. Faremo di tutto per rispettare questa scadenza. Certo, il cantiere è in attesa in questo momento per la crisi sanitaria, ma riprenderà appena sarà possibile“. Tuttavia, dopo 12 mesi dall’incendio, la cattedrale è ancora in una fase di “emergenza assoluta” non essendo ancora stata fatta la messa in sicurezza e non essendo cominciato il restauro vero e proprio.
Macron, nel messaggio, ringrazia “tutti quelli che, ieri, l’hanno salvata e quelli che, oggi, la ricostruiscono”, “Se il restauro di Notre-Dame interessa noi tutti è senza dubbio anche perché si tratta di un simbolo della resilienza del nostro popolo, della sua capacità a superare le prove, e a rialzarsi“.
Una speranza si è accesa anche in occasione del Venerdì Santo, quando l’arcivescovo di Parigi, Michel Aupetit, ha tenuto una funzione speciale, con al centro della venerazione proprio la Corona di spine salvata dalle fiamme. Aupetit durante la celebrazione sotto i resti anneriti del soffitto di pietra a volta, ha ricordato: “Siamo in questa cattedrale metà distrutta a testimonianza che la vita è ancora qui“.
Photogallery: Federico Falcone