“Trovandosi questo paese doppiamente disgraziato…”: perché il libro di Benedetto Di Pietro è così attuale?
Edizioni Kirke presenta “Trovandosi questo paese doppiamente disgraziato… Aielli tra il terremoto e la Grande Guerra. Effetti e conseguenze”. Si tratta del primo libro scritto da Benedetto Di Pietro, così presentato nella quarta di copertina:
“Benedetto Di Pietro nasce ad Aielli nel dicembre del 1953. A diciassette anni si ritrova a Roma dove, oltre a laurearsi in Sociologia, milita nell’organizzazione politica ‘Lotta Continua’ fino al suo scioglimento nel 1976. Torna al suo paese nel 1980. Nei primi anni fa il venditore ambulante e l’artigiano, poi inizia ad insegnare Filosofia e Scienze sociali nei licei. Una parentesi istituzionale, come sindaco prima e assessore provinciale poi, ha contribuito a rendere ancora più eterogeneo il suo percorso di vita. Adesso si dedica all’orto, alla manutenzione di oggetti e relazioni umane. Ogni tanto promuove iniziative culturali con l’associazione culturale Libert’aria.”
SINOSSI
Una storia che si sviluppa nell’arco di due anni, dalle ore 7.53 di mercoledì 13 gennaio 1915 al tardo pomeriggio del 14 dicembre 1916. Un breve racconto che cerca di ricostruire una grande tragedia, utilizzando gli sparsi e dimenticati documenti del tempo.
Uno sguardo sugli abitanti di un piccolo paese dell’Abruzzo che si svegliarono tra le macerie in una gelida mattina di gennaio; come provarono a sopravvivere a un terremoto, cercando tra le rovine i propri cari, avendo le sole mani per farlo, attendendo soccorsi che non arrivavano, cercando un rifugio in mezzo al continuo tremore della terra, difendendosi dalle fredde giornate e nottate di quel mese.
Dopo appena quattro mesi dal terremoto i giovani del paese vennero perentoriamente chiamati alle armi. Furono strappati da un fronte dove si alleviava il dolore per mandarli ad un altro fronte dove, al contrario, il dolore lo si creava.
Tra le macerie fisiche e morali di quel tempo emersero motivi personali e immediati che scacciarono quelli comuni e di lungo respiro. Le conseguenze di questa miopia collettiva furono nefaste e si trascinarono per anni, generando conflitti, rabbia, ingiustizie e disordini.
Una storia in cui, leggendo oltre le righe anche tra le righe, si cerca di ricostruire uno spaccato sociale di quel periodo che ne evidenzi gli aspetti essenziali sia della vita quotidiana che dei rapporti di potere che la determinavano. E gettare uno sguardo sul presente che ci circonda.
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Benedetto Di Pietro scrive un libro di ricerca storica come se lo facesse abitualmente. Anzi non come uno storico che si allunga in estenuanti sproloqui tecnici che vanno a far perdere il vero scopo della comunicazione. Di Pietro è chiaro, diretto, martellante. Una pagina dopo l’altra, un episodio dopo l’altro, una disgrazia che si aggiunge alla precedente: in meno di un’ora il lettore rivive i mille modi in cui la vita, il destino o chi per lui, ha messo a dura prova il popolo marsicano. Un popolo “doppiamente disgraziato” appunto.
Il titolo del libro, “Trovandosi questo paese doppiamente disgraziato…”, è estratto da un documento datato 11 luglio 1915 in cui il Municipio di Aielli, nella persona del delegato Speciale, è nuovamente chiamato a rispondere alle insinuazioni del Commissariato Civile di Avezzano circa l’eccessività dei buoni devoluti ai Comuni disastrati dal sisma. Senza peli sulla lingua, l’autore illustra come in realtà buona parte della responsabilità delle misere condizioni del popolo aiellese (e marsicano in generale) vadano cercate negli interessi privati di pochi e nel finanziamento delle spese di guerra (anch’esse in realtà interessi di pochi purtroppo potenti).
Di Pietro si rifà infatti alle parole di Ignazio Silone: “Passata la guerra, la disgrazia collettiva si trasformava in occasione di più larghe ingiustizie. Non è dunque da stupire se quello che avvenne dopo il terremoto […] apparve alla povera gente una calamità assai più penosa del cataclisma naturale. A quel tempo risale la convinzione popolare che, se l’umanità una buona volontà dovrà rimetterci la pelle, non sarà in un terremoto o in una guerra, ma in un dopo-terremoto o in un dopo-guerra.”
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Scrive infatti il nostro autore: “Se è vero che il terremoto non distingue, colpisce a caso azzerando le diversità sociali, il dopo-terremoto rimette le cose a posto. Si torna a prima, quando le differenze c’erano e si facevano valere.” E così con estrema accuratezza Benedetto Di Pietro analizza la mattina del 13 gennaio 1915, l’assurdo ritardo dei soccorsi, le impietose condizioni metereologiche, il destino degli orfani e il servizio di Don Orione, i ricoveri lontani da casa, la chiamata alle armi, i sigari di Torlonia, le speculazioni sulla miseria e l’impegno di Emilio Sipari.
Ogni capitolo deve il suo titolo a citazioni di documenti, raccolti anche grazie al laboratorio storico Don Andrea Di Pietro. L’autore ammette: “è vero che la Storia, ma anche le piccole storie, è scritta dai vincitori, ma principalmente da chi sa e può scrivere. Anche questa piccola storia non può che basarsi, nella maggior parte, su documenti di archivio scritti dai ‘potenti’ di allora: Delegati Speciali, Commissari Regi, Commissari di P.S. Sottoprefetti e Prefetti.”
Di Pietro racconta dunque i più duri 23 mesi della storia locale attraverso documenti e telegrammi ufficiali, ma poi tocca le corde del cuore con testimonianze intime e personali riguardo due figure emblematiche: due giovani aiellesi rispettivamente di venti e ventidue anni morti nella Grande Guerra.
L’imparzialità del ricercatore storico fa un passo indietro di fronte alla dedica “A mio padre che conobbe il terremoto prima del tempo”. Ci tiene infatti a precisare l’autore: “Ho scritto perché io ne avevo bisogno. Avevo un vuoto dietro di me che dovevo necessariamente colmare. Volevo sapere da dove venivo di fatto, perché sono nato in un paese che si chiama Aielli Stazione.”
Buona parte delle ricerche di Di Pietro si concentrano sulla delocalizzazione dell’abitato di Aielli, la successiva divisione nelle attuali Aielli Alto e Aielli Stazione, dovuta ad interessi e speculazioni di pochi privati (primi fra tutti Alfonso Iacobucci e Carlo Muzi) celati dietro motivazioni logistiche, economiche e sociali.
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Una storia tanto personale quanto comune all’intera popolazione sua concittadina: la ricostruzione dei due anni che hanno forgiato la situazione attuale di Aielli e degli Aiellesi. Un libro di cui non solo l’autore, ma tutti hanno in realtà bisogno, perché – dice Di Pietro – “la memoria diventa presente e poi futuro: le righe descrivono l a condizione dei cittadini di Aielli ma tra le righe è una storia che riguarda tutti noi, al di là del luogo dove abitiamo, perché parla del modo in cui il potere abusa della ricostruzione post-terremoto.
Aggiunge infine con una nota d’amarezza: “In fondo a L’Aquila nel 2009 si è creata la stessa situazione: certo, sono cambiati i tempi, le dinamiche ma quelli che ridevano nella notte del terremoto pensando agli affari ci fanno capire che forse dopo cento anni la lezione non sia stata ancora compresa.”
“Trovandosi questo paese doppiamente disgraziato…” si rivela allora una preziosa testimonianza di un passato che continua ad avere effetti e conseguenze comuni ad un pubblico più vasto di quanto si potrebbe pensare leggendo il titolo dell’opera.
Il libro è stato presentato presso Aielli Alto durante la quinta edizione del Festival Borgo Universo e sarà presentato ad Aielli Stazione il prossimo 20 agosto.