Treva and the Mojos, dall’Australia ecco “Trip”: il singolo che unisce due continenti
Esce in queste ore su tutte le piattaforme digitali, “Trip” il nuovo singolo targato Treva and the Mojos, la band fondata dal pescarese Andrea Ambrosini, 31enne che, dopo aver studiato all’Aquila, si è trasferito a Melbourne insieme alla compagna Camilla Franchi, coetanea, anche lei abruzzese, originaria di Picenze, frazione di Barisciano alle porte del capoluogo. Dopo il successo di “In the Ditch”, Ambrosini si è rimesso sotto lavorando a distanza con la sua band, i cui musicisti vivono in Europa.
Di fatto, nello stato di Victoria si può lavorare solo su sessioni di registrazione a distanza: seppure con restrizioni lievemente più blande, permane da mesi il lockdown. Un contesto in cui una canzone come Trip può acquisire dei significati aggiuntivi. «Trip è un viaggio alla deriva senza destinazione», spiega Ambrosini, «come su una zattera in mare aperto, una domanda senza risposta. Può trattarsi di una riflessione di coppia o con se stessi, un momento della vita si va al largo e si ha bisogno di una nuova ispirazione per ripartire, fino alla realizzazione (“I open my eyes, watching all this beauty – apro i miei occhi a tutta questa bellezza”) che alla fine tutto ciò di cui hai bisogno è già dentro di te».
La copertina rappresenta un uomo accovacciato in posizione fetale, a mollo nel vuoto dell’acqua con lo sguardo rivolto verso l’abisso. La schiena simboleggia la terra ferma (sinonimo della felicità), che lui non vede ma ce l’ha già addosso.
Nel corso degli anni, Ambrosini è entrato in contatto con il produttore Andrea Tripodi, con base a Milano. Proprio da questa collaborazione è nato il progetto Treva (nome d’arte di Ambrosini) and the Mojos. Completano la formazione tre musicisti turnisti: Nicola Bruno, bassista di Molare (Alessandria); Diego Scaffidi, batterista dell’hinterland milanese e Matteo Cerboncini, chitarrista genovese che ha registrato le ultime session in Finlandia.
In distribuzione dalla primavera anche il singolo “In the Ditch”, sviluppato e registrato a distanza con delle tracce che poi Tripodi ha raccolto e messo insieme per realizzare il master da divulgare in tutti i negozi digitali.
“Momenti come quello attuale”, aveva spiegato il giovane musicista pescarese, “ci spingono a raccontare e ci forniscono la giusta ispirazione. A volte, le mie canzoni nascono da un arpeggio, un passaggio per chitarra acustica come quelli che troveresti nei brani di José González. Da lì sviluppo un testo. Raramente vengo fuori con strofe già composte, come mi capitò una volta pensando al nostro terremoto in Abruzzo”.
“Questa canzone”, riprende, “si propone come metafora della lotta sempiterna da parte del genere umano, sempre alle prese per le battaglie volte alla sua affermazione. Una dimensione collettiva, ma anche una dimensione individuale che spinge chiunque a cercare le giuste motivazioni per guardare avanti e trovare, intatta, la speranza”.