Tre anni senza Chester Bennington, Mike Shinoda: come un bambino, rumoroso e spontaneo
Sono passati esattamente tre anni da quando Chester Charles Bennington, cantante e leader dei Linkin Park, veniva ritrovato privo di vita nella sua residenza a Paolo Verdes Estates, in California. Una morte improvvisa, arrivata senza concreti segnali premonitori. Solo suggestioni e sensazioni che qualcosa sarebbe potuto accadere, ma mai nulla che lasciasse presagire al peggio. Nei suoi testi emergeva tutta la sensibilità di un animo ferito, dilaniato da un passato caotico e carico di dolore e da un’instabilità emotiva capace di lanciarlo in cielo senza un paracadute.
Solo pochi giorni prima era in compagnia della famiglia e solo poche ore prima è ritratto in uno scatto che, a vederlo ora, fa rabbrividire, anche a distanza di tre anni. Era sorridente, in compagnia della moglie Talinda Bennington e dei figli.
“Questa è stata scattata giorni prima che mio marito si togliesse la vita. I pensieri di suicidio erano lì, ma non lo puoi mai sapere“, scrisse Talinda all’indomani del suicidio del marito. Come detto, nulla lasciava presagire al peggio. Quel mostro informe e subdolo chiamato depressione si fa largo di nascosto tra i pensieri più reconditi del nostro cervello, fa leva su debolezze, paure e incertezze per sottrarre ciò che di più caro ognuno di noi possiede: la vita. Per Chester Bennington, purtroppo, non è stato differente rispetto a molti altri, ha perduto la sua battaglia con la malattia.
Il suicidio avvenne per impiccagione e anche se l’esame tossicologico riscontrò delle tracce di alcool nel sangue, queste di certo non furono fatali o determinanti. Al mondo esterno al suo, Chester risultava essere fragile, sì, vulnerabile e spesso alienato. Ma, appunto, nessuno avrebbe immaginato quell’ultima, decisiva ma scellerata, scelta di farla finita. Neanche la sua famiglia. Neanche i suoi colleghi o compagni di band. Mike Shinoda, cantante e polistrumentista dei Linkin Park, ancora oggi non riesce a credere all’accaduto. Le sue parole, rilasciate poco tempo fa a Rolling Stone, testimoniano un disagio e un dolore ancora profondissimo.
“Era come un bambino, era complicato. Era davvero rumoroso e non intendo solo a livello di ‘volume’. Aveva una personalità rumorosa. Scherzavamo spesso sul fatto che sarebbe potuto andare ovunque e diventare amico di chiunque. Era un ragazzo divertente, ma anche complicato. Con alcune persone si chiudeva, con altre lo trovavi a dire cose pazzesche. Magari si sedeva vicino a qualcuno sull’aereo e lo sentivi dire tutte quelle cose che non avrebbe detto a nessun altro. Aveva questi momenti di apertura e di spontaneità, come un bambino. Il fatto è che conoscevamo quel ragazzo, sapevamo cosa stava passando, lui sapeva con cosa avesse a che fare. È tutto qui. Era un processo continuo, come quello che fa chiunque abbia a che fare con tutto questo, è una cosa continua”.
Tre anni dopo il vuoto lasciato da Bennington è ancora difficile da colmare. I Linkin Park hanno proseguito l’attività ma non è più la stessa cosa, sia in studio che dal vivo. I fan non fanno mancare l’appoggio e la stima incondizionata verso il gruppo, ma nulla sarà più come prima. Tre anni dopo siamo ancora qui, increduli, a sperare che nulla di tutto ciò sia realmente accaduto e che, come un colpo di magia, Chester possa comparire da un momento all’altro e dare fuoco al palco dietro a un microfono. Ma non accadrà mai.