“The Last Duel”, la storia del cavaliere Jean de Carrouges dietro il film di Ridley Scott
L’ultimo film di Ridley Scott, “The Last Duel”, è un adattamento cinematografico del romanzo storico di Eric Jager “L’ultimo duello. La storia vera di un crimine, uno scandalo e una prova per combattimento nella Francia medievale“.
Protagonista della pellicola è Matt Damon, nei panni del cavaliere francese Jean de Carrouges, che sfiderà a duello Adam Driver, nelle vesti dello scudiero Jacques Le Gris.
Le vicende narrate sono ambientate nella Francia dell’Alto Medioevo, più precisamente nel 1386, quando i due personaggi lottarono a duello in seguito all’accusa di stupro che Marguerite de Carrouges (nel film Jodie Comer) lanciò ai danni dell’allievo in armi.
Il duello di Dio, approvato dal Parlamento di Parigi, serviva a decidere per mano divina chi avesse ragione. Se l’accusa o l’accusato. Chi avesse vinto avrebbe dato ragione e pulito le macchie sul proprio conto. Il personaggio di Matt Damon, nel film, sembra però tenere più al suo onore che alla giustizia per la moglie. Come la stessa gli rinfaccia prima del duello.
I cavalieri medievali, pur non essendo stinchi di santi, amavano il combattimento, non la carneficina. Nel confronto non veniva tollerata furbizia. Si preferiva la lealtà.
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Ma in questo caso storico (più che nel film), di cui si scrisse fino al XIX secolo con gli eredi che cercavano di far prevalere la linea della propria famiglia, fu il bisogno di giustizia a far impugnare le armi al cavaliere di turno. Le Gris, ritenuto colpevole dalla maggioranza degli storici, aveva ottimi rapporti con il giudice locale. Avendo ingaggiato il miglior avvocato del tempo, Le Coq, fu inizialmente assolto.
Jean de Carrouges si appellò al Parlamento parigino e al re, sostenendo la tesi di un processo farsa. Per evitare che tutti finisse nel dimenticatoio il cavaliere non fa altro che essere se stesso. L’etica di questi uomini medievali era incarnata con prodezza, generosità. L’eleganza dell’animo comanda di essere valente fino alla temerarietà.
La dignitas ereditata dal mondo romano insieme all’etica del servizio e alle tradizioni militari, erano il fulcro di questi combattenti anche in guerra. La vicenda infatti si svolge durante il lungo periodo della cosiddetta “Guerra dei Cento Anni” (1337-1453). Il conflitto tra Francia e Inghilterra segnò, fra l’altro, la grande novità della forza vittoriosa delle fanterie inglesi contro la cavalleria feudale francese. Soprattutto in battaglie come quelle di Crécy (1346), Poitiers (1356) e Azincourt (1415).
Un mondo, quello della cavalleria, che già da Chrétien de Troyes con il suo romanzo del 1185 “Perceval”si impossessò del nuovo genere letterario. Tutta una parte del romanzo nero e dei film che ne sono ispirati fa rivivere l’onore, il coraggio e la lealtà che hanno disertato la realtà visibile. Lo spirito che si ritrova in questa letteratura vigorosa e in parte della filmografia attinente, sembra rifarsi alle tragedie greche, alle saghe scandinave, alle chanson de geste.
Questi elementi, in parte, si ritrovano anche nel film di Ridley Scott che presenta la vicenda sotto i tre punti di vista. Quelli più conosciuti dei due duellanti e quello della donna. Viene quindi sottolineato il coraggio di Marguerite de Carrouges con cui si può trovare anche un parallelismo con il presento. Le difficoltà di una donna nel far credere di essere stuprata. E soprattutto il coraggio per denunciare il fatto. Ancor più, nel caso specifico, se subito da un eminente personaggio locale. Parlare di qualcosa che tendenzialmente si tendeva a nascondere.
La moglie di Jean de Carrouges, nel capitolo “La verità”, cerca in ogni modo di difendere la sua verità e la sua dignità. Anche accettando la morte. Perché, qualora il marito avesse perso il duello, sarebbe stata condannata anche lei a morte. L’accettazione della morte in cambio della giustizia. Non della vendetta, sentimento non cavalleresco. Come per le centinaia di donne odierne, anche “la donna che sfidò una nazione e fece la storia” (così è scritto sulla locandina del film) ha dovuto affrontare un processo lungo e faticoso. E la parte dedicata a Marguerite è sicuramente quella più privilegiata, proprio per dare risalto al tema così attuale. L’intento sembra appunto voler evidenziare questo lato della vicenda più che il duello stesso.
Il duello presentato dal regista britannico è comunque una pulizia dell’onta subita. La pellicola richiama gli esordi di Ridley Scott, che proprio con il film “I duellanti” tratto dal romanzo di Joseph Conrad nel 1977 vinse un Leone d’Oro a Cannes e un David di Donatello. L’ultima fatica però sembra aver raccolto meno successo. Lasciando quasi un’incompiutezza che le sole immagini non hanno saputo colmare.