Recensione. “The Killer” sembra girato da un’intelligenza artificiale, e invece è solo il peggior Fincher
Da qualche mese non ho più Netflix, preferendogli altre piattaforme e bazzicando ancora per le sale del cinema. Non mi interessa cosa ne pensino gli altri, a me quelle produzioni patinate e fatte con lo stampino fanno schifo, i soldi si sudano, sono pochi. Meglio investirli altrove. Per la stessa ragione, sto preparando il requiem per Disney plus, ma è un’altra storia. A cena a casa di un amico ho scoperto dell’uscita del nuovo film di David Fincher, The Killer, tratto da una serie a fumetti dall’omonimo titolo e scritta da Matz (Alexis Nolent, che per me fino a ieri era quello della Ubisoft e basta).
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Lo attendevo pochissimo e al momento della visione l’unica cosa che sapevo era che questo film segnava il ritorno di Michael Fassbender sullo schermo. Come vada poi chiamato lo schermo dello streaming, ancora non l’ho capito. Grande? Piccolo? Comunque, era un 55’.
Non ho antipatia per i critici ma io parlo da semplice spettatore, se volete una fellatio ben fatta a Fincher c’è tanta, tantissima roba in giro. Io personalmente non sono mai stato ossessionato dal suo cinema – sono mai stato ossessionato dal cinema? – e credo che su questo The Killer le cose da dire siano proprio poche. C’è un killer professionista, maniacale, cinico e freddo. Non l’avevate mai visto, eh? Di lui sappiamo ciò che lui stesso ci racconta attraverso interminabili voice over – il più lungo apre il film e dura quasi venti minuti, un sequestro di persona considerando le banalità che ci vengono rifilate dallo sceneggiatore, Andrew Kevin Walker. Cose che starebbero strette anche a una pagina gentista per cinquantenni nostalgici.
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Questo Killer canna un’esecuzione e prende l’obiettivo sbagliato, una povera femmina vestita da coniglietta (o una cosa così). Poi, tra la Repubblica Domenicana, New Orleans e Chicago, si sviluppa… una storia di vendetta. E direte voi, fatta da Fincher! Mica da un tizio preso per strada. Eppure la sensazione è proprio quella lì. Anzi, la sensazione è che questo film sia stato scritto e diretto da un’intelligenza artificiale, prendendo un po’ da tutto il parco di film d’azione hollywoodiani degli ultimi anni dove si rifugiano, tristemente, gli attori incapaci e bolliti.
Se cercare una qualsivoglia sfumatura, un tratteggio psicologico del protagonista o dei comprimari è un’impresa praticamente impossibile, difesa solo da quelli che dicono «è un film freddo come il suo protagonista» (*suono della pernacchia*), anche la ricerca del divertimento diventa roba ardua in un film che si prende enormemente sul serio dall’inizio alla fine, ma che non permette mai allo spettatore di capire perché mai, nella vita, uno dovrebbe sedersi e vedere, dall’inizio alla fine, una cosa del genere, che non aggiunge letteralmente nulla al genere a cui appartiene, se non un finale su cui sospendo ogni commento.
Botte da orbi? Per carità. The Killer è un film di Fincher ma anche un film Netflix, ma anche un film d’azione del 2023, della generazione post – john wick. Quindi anche i combattimenti, brutali, sono quasi delle coreografie, e mentre due bestioni se le danno di santa ragione, la casa in cui combattono è talmente elegante, le luci così belle, soffuse, la silhouette così romantica, che durante la visione si pensa soltanto: «questi due adesso iniziano a fare l’amore». Peccato anche per Tilda Swinton, così sprecata nel ruolo più insignificante della sua carriera.
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Ma la cosa più insignificante è la visione d’insieme, tutto il grande nulla che è questo ridicolo filmetto da seconda serata, mi spiace. E dico che mi dispiace perché a me, nel complesso, questo film poteva anche intrattenere, se fosse stato fatto con meno presunzione, e se Netflix non avesse applicato il suo solito filtro da rivista. Evidentemente l’intelligenza artificiale non è ancora pronta per questo grande passo.