L’alba della Terra di Mezzo, il 21 settembre 1937 veniva pubblicato The Hobbit
“In un buco nella terra viveva uno hobbit. Non era un buco brutto, sudicio e umido, pieno di vermi e intriso di puzza, e nemmeno un buco spoglio, arido e secco, senza niente su cui sedersi né da mangiare: era un buco-hobbit, vale a dire comodo”
Il 21 settembre del 1937 veniva pubblicato “The Hobbit, There and Back Again“, tra le opere letterarie più famose di John Ronald Reuel Tolkien.
Lo Hobbit nacque in modo del tutto fortuito. Per lo meno la sua prima stesura. Nella mente di J.R.R. Tolkien l’idea che anche il più minuscolo degli esseri viventi fosse in grado di cambiare le sorti del mondo, sovvertendo pronostici e sfavori, pregiudizi e paradigmi, era già consolidata. Ben ramificata, per credo e formazione culturale. Nonostante ciò, mai avrebbe supposto di scrivere le prime righe di quello che sarebbe diventato un punto fermo della letteratura del Novecento grazie a uno studente.
Nella Terra di Mezzo niente accade per caso e tutto ha un senso, così come ognuno ha un ruolo ben preciso
Lo studente in questione frequentava il corso di filologia anglosassone al Pembroke College dell’Università di Oxford, dove Tolkien aveva la cattedra. Era un caldo pomeriggio estivo e il Professore si trovava nella sua abitazione di Oxford, appunto, a correggere i compiti di ammissione all’università dei suoi studenti.
Fra questi ve ne era uno totalmente in bianco. Era quello dello studente incriminato, di cui non ci è mai giunto il nome. Fu la scintilla che mise in moto la fantasia di J.R.R. Tolkien che prese il foglio immacolato e iniziò a riempirlo delle prime idee, compreso l’incipit citato a inizio articolo.
“Lo Hobbit” è il prequel de “Il Signore degli Anelli“, senza alcun dubbio l’opera più famosa di Tolkien. Prequel lo è diventato in seguito però, perché “The Lord Of The Rings” venne concepito come seguito di “The Hobbit”. Nelle missive che intercorrevano tra l’autore dei libri e l’editore degli stessi, la futura trilogia dell’Anello (resa tale da esigenze commerciali) veniva individuata come “il nuovo hobbit”. I ruoli, infatti, si sono ribaltati solo in un secondo momento.
Solo una lettura disattenta lo individuerebbe come mera “favola per bambini”. Tra le sue pagine prendono vita quei personaggi che abbiamo ulteriormente amato con la trasposizione sul grande schermo da parte di Peter Jackson. Al suo interno entriamo in contatto con tutte quelle sfumature e quei contorni teologici, filosofici, umanistici e ambientali che hanno caratterizzato l’intera opera letteraria di Tolkien.
Senza timore di esagerare, l’universo della Terra di Mezzo è tra le più straordinarie invenzioni che mente umana abbia mai partorito.
Bilbo Baggins, figlio di Bungo Baggins e Belladonna Tuc, è il protagonista del racconto. Ma non è l’unico. Nella struttura compositiva che il Professore ha desiderato attribuire ai suoi lavori, ogni personaggio ha un ruolo chiave nella storia, spesso determinante. E’ tutta una concatenazione di eventi che favorisce la possibilità, per i soggetti chiamati in causa, di recitare un ruolo di primissimo piano. Come non considerare Gandalf un protagonista? O forse Smeagol/Gollum? O, perché no, Re Elrond o il drago Smaug.
E’ un romanzo di formazione, certamente, dedicato soprattutto ai più giovani. Guai a leggerlo con superficialità o approssimazione, però. C’è molto di più di una semplice storia di avventura e coraggio. C’è la creazione di un mondo, al cui interno sono presenti territori, razze, lingue, usi e costumi. Flora e fauna vengono sapientemente descritte in perfetto stile british. Si riesce a percepire la brezza del venticello di fine estate che soffia sulla casa di Bilbo, mentre egli è fuori in giardino a fumare l’erba pipa.
Anche noi possiamo sentire il canto degli uccelli all’alba, vedere i rosei tramonti e annusare l’odore dei fiori. Abbiamo caldo e freddo come i personaggi delle storie narrate. Sfogliando le pagine ci immergiamo nella vita della Contea e della Terra di Mezzo. Anche noi, come Bilbo e la Compagnia, siamo lì, di fronte al fuoco scoppiettante, a cuocere la cena ed a raccontarci miti e leggende. Avvertiamo i sapori dei cibi preparati dapprima con cura e poi rimediati poiché di fortuna. Ci spaventiamo e con loro gioiamo e soffriamo. L’empatia è totale.
L’opera di Tolkien è vasta, forgiata sulla propria straordinaria conoscenza della letteratura anglosassone e nordeuropea più in generale. Hobbit, nani, elfi, uomini, stregoni, ent, aquile. L’universo cosmopolita della Terra di Mezzo deve molto alle cronache di miti e leggende di epoche passate. Un rimando inevitabile, per un appassionato come il Professore, che però non sfocia in celebrazione o tributo ma si eleva a opera a sé stante. Ricerca storica e cronologia degli eventi raccontati attribuiscono alle vicende sviluppate tra le pagine una dimensione ancora più completa.
Tolkien crea un mondo, ce lo racconta e ce lo fa vivere. Di esso è biografo e testimone.
Il mosaico della Terra di Mezzo è enorme, sconfinato. Egli ha dedicato la propria vita alla sua opera e nonostante la sua longevità non è riuscito ad andare oltre, ancora una volta, per l’ennesima occasione, per superare sé stesso e la sua fantasia. Ogni informazione citata arricchisce le appendici e le genealogie, le mappe e i disegni, gli archivi e le fonti.
Così come lo Hobbit nacque per caso, anche la sua pubblicazione avvenne con modalità singolari. Tolkien consegnò una versione del libro alla Reverenda Madre di Cherwell Edge la quale, influenzata e allettata, lo lesse e, affascinato da esso, lo consegnò alla casa editrice inglese Allen & Unwin. Il resto è storia.