“The Good Mothers”: l’Italia vince il primo Orso d’oro per la serialità
L’Italia conquista Berlino: il primo Orso d’oro per la serialità è stato vinto da The Good Mothers, la serie targata Disney+ che racconta la lotta femminile che tenta di rovesciare la ‘Ndrangheta dall’interno. Il Berlinale Series Award, dedicato alla serialità e primo riconoscimento di questo tipo nella storia della kermesse tedesca, è stato istituito in occasione della 73° edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino.
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La nuova serie originale italiana, che sarà disponibile su Disney+ dal 5 aprile è composta da sei puntate dirette nei primi tre episodi da Julian Jarrold (The Crown) e nei restanti da Elisa Amoruso (Chiara Ferragni: Unposted). A partire dall’omonimo saggio di Alex Perry, lo sceneggiatore Stephen Butchard intreccia le storie di tre donne straordinarie e racconta della loro coraggiosa decisione di voltare le spalle a un circolo vizioso di oppressione e violenza, scegliendo invece le proprie famiglie. Immagini poetiche e inquietanti ritraggono un mondo pieno di contraddizioni estreme e rendono palpabile la tensione nervosa che accompagna costantemente le “brave madri” del titolo.
The Good Mothers presenta un incredibile cast: Gaia Girace (L’amica geniale) nel ruolo di Denise Cosco e Micaela Ramazzotti in quello di Lea Garofalo (La prima cosa bella, La pazza gioia) rispettivamente madre e figlia coraggio. Al loro fianco Valentina Bellè (Catch-22) nei panni di Giuseppina Pesce e Simona Distefano (Il traditore) in quelli di Maria Concetta Cacciola. Barbara Chichiarelli (Suburra – La serie) è la P. M. Anna Colace, mentre Francesco Colella (ZeroZeroZero) è Carlo Cosco.
Un’opera corale e sfaccettata, così si presenta la produzione originale – di House Productions e Wildside, una società del gruppo Fremantle – che racconta la storia vera di tre donne, cresciute all’interno dei più feroci e ricchi clan della ‘Ndrangheta, che decidono di collaborare con una coraggiosa magistrata. Lo scopo? Distruggere la mafia più potente d’Italia dall’interno – a costo di combattere contro le loro stesse famiglie – per il diritto di sopravvivere e di costruire un nuovo futuro per se stesse e per i propri figli.
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Com’è questa ‘Ndrangheta vista dal punto di vista femminile? Un’associazione mafiosa con dentro una sorta di cavallo di Troia, ovvero quelle donne che da sempre sono cemento della famiglia mafiosa e, proprio per questo, anche capaci di sovvertirla.
Sinossi di The Good Mothers
“Ricorda una cosa. A chi appartieni, Denise? Sei mia.“
Lea Garofalo (Michela Ramazzotti), scompare senza lasciare traccia, letteralmente davanti agli occhi di sua figlia Denise (Gaia Girace). Anni fa aveva testimoniato contro suo marito, il famigerato boss della ‘Ndrangheta Carlo Cosco (Francesco Colella), sperando in un programma di protezione testimoni che non è mai stato attualizzato. Denise e altre due donne nate nelle più ricche famiglie mafiose italiane diventano alleati chiave di una giovane procuratrice, Anna Colace, che ha fatto sua la missione di rovesciare il sistema mafioso dall’interno.
Tutto parte dalla storia vera della scomparsa nel 2009 di Lea Garofalo, che aveva testimoniato contro il marito Carlo Cosco per iniziare una nuova vita con la figlia Denise. Man mano che il magistrato Anna si addentra nella ‘Ndrangheta, scopre poi le potenti vicende di Giuseppina Pesce (Valentina Bellè) e Concetta Cacciola (Simona di Stefano), due donne molto diverse, ma con la stessa voglia di ribellarsi.
La voce delle donne
Il fil rouge del lavoro di Elisa Amoruso e degli altri autori è stata la volontà di non glorificare le organizzazioni criminali. La regista ha infatti dichiarato: “La selezione delle storie è cambiata nel corso degli anni. Molte storie glorificavano la violenza, ma l’intento era trovare una prospettiva nuova. Per vedere le conseguenze della violenza e capire le difficoltà dei personaggi”.
Un punto di vista femminile, “non dei boss”, confermato anche dalle attrici protagoniste di The Good Mothers durante la conferenza stampa del 73° Festival di Berlino.
“Sono molto orgogliosa – racconta Micaela Ramazzotti – per la libertà e la forza che Lea Garofalo è riuscita a trasmettere alla figlia, per aver voluto testimoniare, per esser riuscita a “scoccare una freccia” arrivata tanto lontano.”
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“La ‘Ndrangheta è stata sempre vista dal punto di vista maschile” – conferma la coprotagonista Gaia Girace – “Stavolta al centro ci sono le donne, costrette a sposarsi a 16 anni con uomini che non conoscono, a piegarsi ai loro voleri. Donne che si ribellano. Un messaggio di speranza che spero di aver trasmesso“.
“Ho sempre desiderato raccontare storie di donne coraggiose, di lotte silenziose, che spesso passano in secondo piano, vengono dimenticate“, ha aggiunto Simona Distefano.
“Un viaggio interessante, ma difficile, terribile” lo definisce Valentina Bellè, che si dice “grata per l’opportunità”. “Sono partita da zero. Non conoscevo Giuseppina Pesce, non conoscevo a fondo la ‘Ndrangheta. In Calabria mi sono sentita dire che la ‘Ndrangheta non esiste. È stato agghiacciante. Alcune donne non hanno alternative. Chi riesce ad uscirne è un eroe. C’è bisogno che lo Stato intervenga”.