Il Monello di Charlie Chaplin si intrufola al Parioli 100 anni dopo
Nella due giorni del 10 e 11 dicembre 2021, nella storica cornice del Teatro Parioli, l’atmosfera respirata era carica di una forza di tale intensità da teletrasportarci nel 1921.
L’accompagnamento musicale del film muto “The Kid” (Il Monello), proiettato per la prima volta un secolo fa, è stato eseguito dalla pianista olandese Maud Nelissen, esattamente come avveniva prima della nascita del cinema sonoro, quando le immagini dei film muti venivano enfatizzate dalle note musicali di un pianoforte o di un’orchestra.
Poco prima di immergerci nel cinema muto di Charlie Chaplin, la pianista volge il suo sguardo al pubblico raccontandoci di come la musica l’abbia legata a Chaplin, e di quando ebbe il privilegio di lavorare con il suo ultimo arrangiatore Eric James sulla colonna sonora di The Kid, scritta dall’attore e regista solamente 50 anni dopo l’uscita del film.
Immagini narrate attraverso le parole della pianista olandese scorrono davanti ai nostri occhi aiutandoci a capire come Charlie sia diventato il personaggio “The Tramp”, il vagabondo Charlot con bombetta, baffetti e bastone da passeggio che cammina in modo atipico indossando ampi pantaloni e scarpe logore.
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Nell’immaginario collettivo nessuno scinde Charlie Chaplin dal suo personaggio Charlot: Charlie è Charlot. Realtà e finzione non sono più divise, si miscelano nella nostra mente. È esattamente quello che accade nel film muto del 1921 “The Kid”, il primo lungometraggio scritto, prodotto, diretto e interpretato da Charlie Chaplin dove una madre, non potendo mantenere il figlio appena nato, lo abbandona in un’automobile di lusso di una ricca famiglia.
La figura del padre biologico è assente: vediamo una foto di lei cadere tra le fiamme di un camino e lui che indifferente la lascia bruciare. A causa di una serie di peripezie, il neonato piomberà tra le braccia di Charlot che tenterà inizialmente di liberarsene.
Quando tra le pieghe del fagotto scoprirà una lettera con scritto “Please, love and care for this orphan child” (in italiano: “Vi prego, prendetevi cura di questo orfanello e vogliategli bene”) le parole della madre lo commuoveranno a tal punto da decidere di prendersi cura di lui.
Nasce così una famiglia non tradizionale e cinque anni dopo sono complici in tutto, anche nel beffeggiarsi delle autorità. Padre e figlio vivono poveramente in un indigente ed esiguo sottotetto uniti solamente dal potente filo di un amore autentico, finché un giorno il bimbo s’ammala e rischia di essere spedito in un orfanotrofio.
In questo frangente i drammi familiari vissuti dall’artista emergono inesorabilmente abbattendo il muro della finzione.
L’abbandono e l’assenza totale del padre, la malattia mentale della madre, e di conseguenza il continuo andirivieni tra collegi e orfanotrofi, tormenteranno profondamente il piccolo Charlie. Il peso di questi eventi lo accompagnerà per tutta la vita, e quando nel 1919 la moglie e attrice Mildred Harris, a quei tempi diciassettenne, darà alla luce il suo bambino malformato e sopravvissuto solo tre giorni, insieme alla sua vita svanirà anche la possibilità di riscattare il mancato amore paterno.
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Il confine tra realtà e finzione si fa sempre più labile. La scenografia del sottotetto abitato da Charlot e il figlio adottato prende come modello di riferimento quello delle varie stanze in cui ha vissuto Chaplin durante la sua infanzia travagliata, e la comicità del film acquisisce una nuova profondità.
Dietro le quinte Charlie gioca continuamente con l’attore bambino Jackie Coogan e crede fermamente nelle sue potenzialità. Jackie diventerà il più famoso attore bambino protagonista di un lungometraggio e “Il Monello” si conclude con un lieto fine: dopo essersi ricongiunta con il figlio, l’ex ragazza madre oramai attrice affermata, inviterà Charlot nella sua sfarzosa villa.
Un film muto in bianco e nero appartenente al 1921 ci appare così distante, ma i suoi temi sono talmente attuali da essere considerati innovativi dalle persone di quel decennio.
Charlot accoglie un bambino nella sua vita nonostante non viva in condizioni agiate diventando un padre affettuoso che prepara i pasti al figlio, un gesto alquanto raro negli anni Venti. Ostacolato dalla miseria si prende cura dell’orfanello servendosi della creatività e offrendogli tutto l’affetto possibile. A distanza di 100 anni Chaplin sembra volerci ricordare che per superare le disgrazie e le difficoltà della vita è necessario servirsi del potere dell’immaginazione e dell’amore, due strumenti indispensabili per vivere con il sorriso.
Articolo di Aurora Caruso