Storie di calcio, sogni e poesia: Remo Rapino presenta “Fubbàll” e “Valdès”
Venerdì 21 luglio alle 21.00 presso la Libreria On the road di Montesilvano, Remo Rapino presenterà i suoi libri Fubbàll e Valdès.
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Fubbàll
Dodici storie. La formazione di una squadra di calcio, ruolo per ruolo, più un allenatore.
Storie di provincia di quando il fubbàll aveva le ali, i campi erano di terra e polvere e i numeri sulle maglie andavano dall’1 all’11.
Storie tenere e allegre di gente che correva per non dover pensare al filo spinato che avvolgeva le giornate, un’umanità manovale e derelitta che aveva avuto tanti guai e qualche lampo di celebrità e portava come bandiere le leggende di una volta: Gigi Meroni, Gigi Riva, Nilton Santos.
Con questo libro Remo Rapino compone un album di figurine di quelli delle ultime file: piccole biografie di calciatori non illustri, brutti, storti, anonimi. Vecchi mobili tarlati dall’età e dai ricordi. Giocatori tristi che non hanno vinto mai.
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Una squadra di esclusi e di spasulati che non troverete in nessun campionato. Eppure ad ascoltarne le voci sentirete tutto il canto di nostalgia per i debutti, le promesse mancate, gli infortuni e le altre imboscate della sorte, i rari colpi andati a segno, insomma per quel tempo in cui tra gli uomini c’era un rispetto, un trattarsi da pari a pari, qualunque fosse il loro stato.
E proverete la speranza che questo tempo, dove si poteva giocarsela finché si aveva fiato, possa ancora tornare.
Valdès
Cile, fine anni Cinquanta. Garcilaso Boscán ha perso molti treni nella vita, ma di una cosa è certo: il ragazzo con le gambe da grillo e il muso di lepre diventerà un calciatore.
Francisco Valdés, quattordici anni da compiere, porta sulle spalle magre il peso della miseria di suo nonno e degli abitanti delle poblaciones, eppure sembra danzare in campo.
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Quando nel 1973 il Cile vivrà i suoi giorni feroci, Francisco, ormai entrato nelle fila della squadra del Colo-Colo, capirà quanto è complesso essere eroi se il ferro si fa tutt’uno con la carne.
In Valdés Remo Rapino sembra dire che la poesia, come il calcio, è soprattutto gioco. Lo fa con una lingua affabulatoria ed elegante come un sombrero. Tramite lo sport racconta la dittatura, le illusioni e gli orizzonti perduti di una generazione di niños cileni.