Steven Spielberg tra E.T. e Jurassic Park: l’11 giugno è il suo giorno
A distanza di 11 anni uscirono nelle sale cinematografiche due dei capolavori di Steven Spielberg. L’11 giugno del 1982 e del 1993 furono i giorni, rispettivamente, di “E.T. l’extra-terrestre” e “Jurassic Park”.
Il film con protagonista l’alieno consacrava il 35enne regista di Cincinnati. Tutto nacque da un suo sogno da bambino. “Tra i cinque e gli undici anni- raccontò Spielberg all’uscita della sua opera- ero un disastro sul piano emotivo. Avevo terrore dell’oscurità, del fruscio delle foglie sui vetri della mia finestra, dei muri scrostati. Ed ero molto complessato. Fisicamente. Troppo gracile e magro. Avevo le orecchie a sventola, il naso aquilino, i capelli radi … Fu suppergiù a quell’età che sognai di incontrare un extraterrestre. Lo immaginerò piccolo, insicuro e brutto. Proprio come me“.
La pellicola divenne una sorta di continuo di “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, alla sua spiritualità e al calore delle emozioni più vere.
“E.T. l’extra-terrestre” fu candidato a 9 Oscar e ne vinse ben 4: Miglior sonoro, Miglior montaggio sonoro, Migliori effetti speciali e Miglior colonna sonora. In questo film Spielberg ci mise tante cose. Dall’omaggio a George Lucas (con la comparsa vestita da Yoda scambiata da E.T. per un suo simile), passando per la citazione di “Miracolo a Milano“, film di De Sica del 1951. Senza dimenticar, ovviamente, la scena strappalacrime di quando lo Stato tolse l’alieno ad Elliot e la sua famiglia. Fu proprio l’interpretazione di questa scena a permettere all’allora undicenne Henry Thomas di prevalere su altri 300 aspiranti.
JURASSIC PARK: L’IPOSTATIZZAZIONE DI SPIELBERG
Ma la fantasia, la passione per la fantascienza, non si fermarono a questo capolavoro cinematografico. Con “Jurassic Park”, ispirato all’omomimo libro di Michael Crichton, il regista compie un viaggio a ritroso nel tempo. Mette a confronto quei giganteschi animali, studiati da tutti sui libri di scuola, con l’uomo moderno.
Mette in risalto la capacità dell’uomo di essere vittima e carnefice di sé stesso. Una sorta di ipostatizzazione di Feurback, per il quale l’uomo crea Dio e se ne rende “succube”. In questo caso alcuni scienziati ricreano alcuni dinosauri rimanendo vittima delle loro stesse creature.
Questo cult anni ’90 fu per Spielberg un tour de force. Lo completò in contemporanea ad un altro suo film: “Schindler’s list”.
Quasi tutto il cinema del regista americano ha girato intorno all’idea di superare gli steccati dell’apparenza. Andare oltre. In questo “E.T.” è un esempio lampante. La stessa scelta di voler presentare un alieno brutto che invitasse a guardare oltre l’estetica. Capire, cioè, qualcosa di sconosciuto che può aiutare a crescere.
Crescere, magari rimanendo puri come quei bambini spesso protagonisti dei suoi film. Protagonisti di un mondo di adulti presentato spesso come cinico e insensibile. Nonché spocchioso come nel caso di “Jurassic Park”.
In questo 11 giugno non resta che fare una mini maratona di due capolavori di Steven Spielberg. Il quale fu capace, a distanza di 11 anni esatti l’uno dall’altro, di presentare due film che hanno fatto la storia.