Steve Buscemi: Mr Pink,11 settembre, rocker rivoltoso
Incensato come uno tra i caratteristi più personali dell’universo cinematografico, Steve Buscemi compie oggi 66 anni. Una carriera vissuta sempre alla ricerca di nuove sfide e di personaggi sempre più complessi da interpretare, capaci di dargli quella dimensione di autorevolezza a lungo ambita. Una vita spesa in prima linea, al fianco della sua città, New York, colpita più volte ma mai abbattuta. Due amori, entrambi intensi e passionali.
Figlio di un medico veterano di guerra (ha prestato servizio in numerose azioni militari ma, soprattutto, in Corea), Buscemi ha esordito sul grande schermo nel 1984 con “The Way It Is” di Eric Mitchell. Tra il 1986 e il 1988 ha girato nove pellicole che gli sono valse l’attenzione di Martin Scorsese. E’ lui, infatti, a volerlo all’interno del cast di “New York Stories” del 1989, pellicola ambientata nella Grande Mela e capace di esibire tre storie diverse di tre registi diversi: Francis Ford Coppola (La vita senza Zoe), Woody Allen (Edipo Relitto) e, appunto, Martin Scorsese con “Lezioni dal vero”.
“Ogni giorno è una nuova avventura, ecco perché quando esco di casa indosso il cappellino e tengo la testa bassa”
L’affermazione, quella vera, è arrivata tra il 1990 e il 1992, grazie ai ruoli di Mink, Chet e Mr. Pink, personaggi chiave di “Crocevia della Morte“, “Barton Fink – è successo a Hollywood” e “Le Iene“. Con i primi due vengono gettate le basi per una lunga e duratura collaborazione con i fratelli Cohen e con il terzo, invece, con l’allora esordiente Quentin Tarantino. Buscemi, per i suddetti registi, diverrà attore irrinunciabile.
Nel 1992 ha debuttato da regista con il cortometraggio “What Happened To Pete“, e nel 1994 ha prestato il volto a Rex, bassista della fantomatica band losangelina “The Lone Ranger” nel film “Airheads – una band da lanciare“. Al fianco di Brendan Fraser e Adam Sandler ha dato vita a un film divenuto culto negli ambienti rock/heavy metal. Il gruppo, infatti, “rapisce” una stazione radio per promuovere il proprio brano (“Degenerated“) dato che nessuna etichetta discografica sembra prestare loro attenzione. Un mix di divertimenti e paradossi che gli amanti del genere non possono tralasciare.
Volete sapere le richieste fatte per “liberare” gli ostaggi (che, nel frattempo, sono diventati i loro primi fan)? Bene, ecco a voi: 67 copie di Moby Dick, un basso Zon in legno di noce con manico in grafite, una Stratocaster con un drago intarsiato, un casco da football ripieno di ricotta, un biberon gigante e una foto di Nonna Papera Nuda (in seguito trovata attraente da Pip).
“Lascio che la storia si scriva da sola tramite i personaggi”
Gli anni della definitiva consacrazione sono il 1994 e il 1996, grazie, rispettivamente, a “Pulp Fiction” e “Fargo“, capolavori mai troppo celebrati. Due pellicole così diverse ma così vicine, due stili registici lontani ma neanche troppo. I fratelli Cohen e Tarantino hanno molto in comune, non solo Steve Buscemi. Per citare i volgari numeri: 7 candidature con 2 premi Oscar (“Miglior attrice” – Francis McDormand, “Miglior sceneggiatura originale” – Joel e Ethan Cohen) per il primo; 7 candidature con 1 premio Oscar (“Miglior sceneggiatura originale” – Quentin Tarantino) per il secondo. Non abbiamo spazio per elencare i restanti riconoscimenti.
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E poi c’è lui, “Il Grande Lebowski“, film culto, manifesto del cinema più geniale, irriverente e denso di cultura pop. Una perla di rara bellezza incastonata in una sceneggiatura folle, shockante e rocambolesca. Un film sui perdenti, per perdenti, dei perdenti. Un film da amare, da venerare, da esaltare a ogni conversazione. Magari con un white russian in mano.
Impossibile citare tutti i film e tutte le tappe del neo 62enne attore newyorkese. “Armageddon” (1998), “La Zona Grigia” (2001), “Coffee & Cigarettes” (2003), “Big Fish” (2003), “Romance & Cigarettes” (2005), e decine di altri, tra apparizioni e ruoli più importanti. Diverse le volte che le serie tv lo hanno coinvolto. “Boardwalk Empire“, tra il 2010 e il 2014, è per distacco la più acclamata.
Di Buscemi si è sempre e giustamente parlato del cinema, ma aspetto altresì fondamentale da non tralasciare né prendere sottogamba è quello relativo alle numerose opere di beneficenza e solidarietà portate avanti in questi anni. Oltre a eventi a tema, donazioni e impegno sociale in campagne e manifestazioni internazionali, è a tutti rimasto impresso come, all’alba del terribile 11 settembre 2001, svestì i panni da attore per indossare quelli del vigile del fuoco.
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Già, perché prima di passare al grande schermo, appena 23enne si arruolò nel corpo dei pompieri dove rimase dal 1980 al 1984. Come ogni abitante della città che non dorme mai, la sua affezione a quella divisa è una medaglia al valore. Il 12 settembre tirò fuori dall’armadio la vecchia attrezzatura e tornò alla sua ex caserma dove si arruolò come volontario. Da lì si diresse verso Ground Zero dove, per sua esplicita volontà, lavorò sotto anonimato 12 ore al giorno al fianco dei colleghi per cercare feriti e dispersi. Rimase sul posto per 10 giorni, senza saltare un solo turno, esattamente come tutti gli altri vigili del fuoco. Di quella esperienza non hai mai voluto parlare né rilasciare interviste.
Nel 2003 venne arrestato, assieme ad altre undici persone, per le proteste durante una manifestazione contro la chiusura di alcune caserme dei vigili del fuoco. Fra queste c’era la Engine 55 di Little Italy, la stessa in cui Steve prestò servizio. Nel 2012 si recò a Breeze Point, uno dei quartieri di New York devastati dalla tempesta Sandy. Motivo della visita: aiutare a riordinare e ripulire la zona. Volontario, ancora una volta. In prima linea, come sempre. Tanti auguri di buon compleanno, Steve.