Space Jam – New Legends: quando il revisionismo cult fa flop
Come prevedibile, Space Jam – New Legends ha spaccato in due il pubblico accorso a vederlo al cinema. Uscito nelle sale americane il 16 luglio e in quelle italiane il 23 settembre, ad ora non sembra aver mantenuto fede alle alte aspettative da cui era contornato, mancando di esprimere quell’unanimità di giudizio che la produzione avrebbe desiderato o, nella peggiore delle ipotesi, auspicato.
Si è andati oltre, non solo perché la critica internazionale è nettamente divisa laddove non indifferente al prodotto, ma anche perché il pubblico, cioè l’unico vero parametro sul quale basare il successo del prodotto, non sembra aver accolto con entusiasmo e convinzione il sequel del film cult del 1996.
E come avrebbe potuto essere altrimenti? Fin dalla sua gestazione, la pellicola diretta da Malcolm D.Lee è stata oggetto di discussioni, non esclusivamente da parte di quei cattivoni dei critici cinematografici o giornalisti di settore quanto anche, e soprattutto, da parte dei fan del film uscito negli anni Novanta che aveva per protagonista il più grande giocatore di basket di tutti i tempi: Michael Jordan, Hir Airness.
Come sempre accade quando si tocca qualcosa di “sacro”, è naturale e inevitabile esporsi a qualsiasi tipo di critica e controcanto. Lo si mette in preventivo e, con fare ruffiano, si tentano di anticipare i giudizi per giocare di rimessa ed evitare che vengano espressi. Insomma, si corregge la sceneggiatura per indirizzarla verso una maggiore certezza di riscontro positivo. Space Jam – New Legends ci ha provato. Fa parte del gioco, business is business. Gli idealisti possono restare a casa.
In questo caso parliamo di un film cult, uscito alla metà degli anni Novanta quando Micheal Jordan era una specie di dio sceso in terra per fare sentire noi comuni mortali degli esserini piccoli e insignificanti. Non solo, oltre a essere ancora il più forte giocatore di pallacanestro presente su un parquet, era anche un imprenditore di successo (il marchio Jordan era al decimo anno consecutivo di espansione sul mercato) e il Re Mida dello sport a stelle e strisce, capace di fare economia da solo. Perfino la sua apparizione – per fortuna breve – nel mondo del baseball aveva ridestato le attenzioni verso uno sport che non viveva una fase esaltante della propria esistenza.
Tutta questa filippica per dire che Space Jam aveva più di una valida ragione per uscire in quel preciso momento, con quella precisa sceneggiatura, con quei precisi protagonisti. Era tutto perfettamente incastrato per creare un prodotto di successo, certamente, ma che avesse una sua identità e un suo valore artistico. Che avesse, in definitiva, qualcosa da dire. Tutto ciò che non si può dire di Space Jam – New Legends.
Lebron James è per molti l’erede di Michael Jordan. E già qui si aprirebbero dibattiti infiniti all’insegna di statistiche, percentuali, numeri, tiri decisivi, movimenti spalle al canestro e via dicendo. The Choosen One ha vissuto tutta la sua carriera con questo fardello (“ad averlo noi”, direste voi”) non sottraendosi a esso ma anzi, alimentandolo quanto più possibile. Agonismo e ambizione viaggiano sullo stesso binario e James li ha sempre coltivati. Non stupisce, quindi, che nell’eterna rincorsa per raggiungere il più grande di sempre abbia voluto aggiungere un ulteriore tassello, quello cinematografico, giusto per avvicinarsi un pochino di più al GOAT e favorire nuovi e rinnovati parallelismi.
Ed è proprio questa la prima impressione che il film lascia una volta usciti dalla sala, ossia che sia più frutto della volontà del giocatore attualmente in forza ai Los Angeles Lakers, che non di una produzione interessata a creare un film fatto per resistere alle pagine del tempo. Nell’era del marketing esasperato e della comunicazione digitale onnipresente, si fa fatica a pensare che di Space Jam – New Legends ne sentiremo parlare nei prossimi anni. La domanda più ricorrente è stata – ed è – “ne avevamo davvero bisogno di questo film?“. La risposta, va da sé, varia a seconda dell’interlocutore, ma porsela e provare a rispondere a essa lontano da preconcetti e scontata retorica buonista, è esercizio utile per avere una visione più chiara dell’insieme.
La critica americana lo ha sonoramente bocciato. “Nonostante l’impegno di James nel far vincere la Tune Squad, Space Jam 2 sostituisce lo humor demenziale del primo capitolo con un vergognoso e sfiancante esercizio di branding”, si legge su Rotten Tomatoes. L’idea alla base del film è che si deve andare contro l’algoritmo delle major, contro il c.r.m., contro la profilazione degli utenti da parte delle grosse aziende e dei social network. Insomma, il web condiziona le esistenze di noi tutti e Don Cheadle, alias Al-G Rhythm il villain del film, ce lo ricorda. Ecco, non serve essere bastian contrari per scelta o per natura, ma quanto appena scritto contrasta di netto con quanto, invece, realizzato. Il film, infatti, è esattamente ritagliato per quel pubblico che James, Looney Tunes e compagni vorrebbero liberare.
Space Jam – New Legends è confusionario, sia nelle intenzioni che nella regia. Bisogna faticare non poco per seguire le azioni di gioco dove un delirio di CGI, unito a movimenti di camera che ricordano più quelli tellurici che non quelli sportivi, hanno il demerito di creare il mal di mare negli spettatori che si chiedono “cosa cavolo sta succedendo?”. Sembra più un videogame, in effetti, che non un film. La scelta è voluta, coerente con l’era che viviamo e anche doverosa per marcare la differenza con il primo capitolo. Tutto sommato regge e si fa apprezzare, anche se il logo della Nike è ovunque e i riferimenti cinematografici al mondo della Warner Bros e HBO sono onnipresenti, come una grande marchetta pubblicitaria mirata a esibire i propri prodotti. Ma che Batman, Harry Potter e Game of Thrones ne avessero bisogno, francamente lo ignoravamo.
Arrivati a questo punto della lettura, la domanda potrebbe essere: “Ma è davvero così orribile?“. No, non lo è se lo si guarda con occhi ingenui, disattenti e da fanboy o fangirl. Non regge il paragone con Space Jam – che aveva ben altro spirito – ma non è solo questo il punto. Il film è un buon diversivo alla monotonia di una serata e una buona evasione dal contesto casalingo, ecco. Come ci si possa entusiasmare a questa pellicola è sinceramente difficile da comprendere, ed è altresì complesso individuare dei punti di forza capaci di farla invecchiare con onore. È divertente e nulla più.