Siamo tornati al cinema per vedere Harry Potter, ed è stato bellissimo
Metti un mercoledì dell’Immacolata, con una pioggia battente e fulmini e tuoni scatenati da Zeus in persona, aggiungi una lunga coda di commensali pronti a banchettare con gelatine tuttigusti+1 e avrete il perfetto ritorno in sala per vedere “Harry Potter e la pietra filosofale“.
L’evento è di quelli rari e irripetibili: il ventennale dall’uscita sul grande schermo del primo capitolo cinematografico della saga creata da J.K.Rowling. Un regalo per tutti i fan del maghetto inglese che non è passato sotto traccia ma che, inevitabilmente e per fortuna, ha generato entusiasmo per intere settimane.
La felicità di tuffarsi nel passato per vivere uno spaccato di vita già vissuto o per provarlo per la prima volta è tale che ci si dimentica di tutto ciò che accade la fuori, nel noioso e ordinario mondo dei babbani.
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Ci si scorda perfino di andare in bagno, come accaduto a una dolcissima bimba (che non avrà avuto più di dieci anni) che, appena entrata in sala, ha esclamato “Mà, forse devo fare la pipì“, tra le risate degli spettatori vicini.
E poi, la frase, l’espressione più bella di tutte esclamata da un uomo che fu anche bambino: “Ao, pure voi al raduno dei ‘rimasti sotto’?“.
I rimastoni, già, cioè coloro che al netto dell’età anagrafica non hanno perduto nulla della folle passione per il mondo fantasy tanto amato. Ma si, ma in fondo a noi che ci frega, cos’è l’età di fronte all’essenza di godersi appieno i propri interessi?
Ed eccoci qui, con qualche pelo in più sulla barba e qualche capello in meno in testa, con le borse sotto agli occhi più profonde rispetto a venti anni fa e con il sonno galoppante che alle undici di sera reclama il proprio tributo. Tutti insieme, alla sala uno da cinquecentoquaranta posti del Multiplex di Avezzano.
Vi sono trentenni e quarantenni con le felpe di Grifondoro e Serpeverde, genitori con i figli al seguito che scoprono il maghetto inglese per la prima volta o che, per la prima volta, lo vedono proiettato sul grande schermo. Mangiano pop corn e sussultano di stupore ai primi incantesimi di Hagrid o della professoressa McGranitt, ridono quando viene pronunciato il nome Norberto o quello di Fiorenzo, e si rattristano quando vedono l’unicorno morto.
Ci sono proprio tutti: adulti e bambini, giovani e datati, amanti e genitori. Chissà, proprio loro che, magari, hanno scoperto di amarsi due decadi fa, giocando a lanciarsi un Wingardium Leviosa (mi raccomando l’accento) oppure un Ridiculus, che hanno fantasticato sul fare un viaggio a Londra per recarsi sui set del film e che in sala andarono appena adolescenti, forse accompagnati dai propri cari.
Corsi e ricorsi storici ed esistenziali di un fenomeno di massa che ha trasceso il carattere letterario per affermarsi nelle dinamiche culturali della società contemporanea. Un ritorno al passato di un’inizio millennio che ha sconfitto l’apprensione per il Millennium Bug ma che ha scoperto quello per il terrorismo jihadista.
Che non aveva Facebook e Instagram, che parlava con sms o su Msn, e che i ricordi più belli li conservava nella propria memoria, condividendoli di persona e a parole, sui banchi di scuola o nel pomeriggio con la comitiva in piazza. Una riscoperta, anche questa, che meriterebbe maggiori attenzioni.
In venti anni è cambiato molto, se non tantissimo, del nostro modo di vivere. Ma l’amore per la saga di Harry Potter no. I festeggiamenti per ricorrenza sono cosa buona e giusta, da imitare e replicare, da apprezzare e condividere. Perché si cresce, ma si resta sempre bambini.
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