Shane MacGowan: il poeta maledetto che unì musica celtica irlandese e punk
Il suo sorriso sgangherato e sornione, con denti indisciplinati come i suoi capelli rossi mostrati senza troppi complessi, è entrato nell’immaginario collettivo: Shane MacGowan, deceduto a 65 anni il 30 novembre 2023 dopo una lunga malattia, aveva i denti pesantemente danneggiati dall’alcol, dalla droga e… da un’infanzia di proletariato irlandese.
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Nato in Inghilterra il 25 dicembre 1957 da una famiglia irlandese, MacGowan è stato l’incarnazione dell’artista maledetto, nel cui onore molto probabilmente migliaia di pinte di Guinness oggi saranno levate al cielo.
Un cantante, anzi un poeta distrutto dalle dipendenze, cui raccontò di essere stato iniziato dai genitori alla tenera età di cinque anni. Il perfetto esempio da non seguire, ma al contempo un uomo che aveva molto da insegnare attraverso i suoi testi e la sua musica, miscellanea perfetta tra il punk e il folk celtico.
Una difficile Fairytale
Shane MacGowan, che spesso nelle esibizioni live barcollava aggrappandosi al microfono, rivelò di non essere mai più riuscito ad essere sobrio dall’età di 14 anni, anche se il suo stato di salute lo aveva costretto, nel 2016, a cancellare l’alcol e altre sostanze dalla lista dei suoi ultimi piaceri sulla terra.
Nonostante tutto, lui e la sua band The Pogues (il cui nome deriva dall’espressione gaelica irlandese “póg mo thóin” – “baciami il cu*o“) sono riusciti a segnare la storia del rock degli anni Ottanta, con un improbabile unione di punk e di musica tradizionale celtica in canzoni in cui gli oppressi e gli emarginati hanno un ruolo principale.
Il più grande successo commerciale dei Pogues è “Fairytale of New York“, un duetto del 1987 tra Shane MacGowan e Kirsty MacColl, che racconta una storia d’amore tra due emarginati. Una canzone diventata un classico di Natale in Irlanda e nel Regno Unito. “Volevamo fare musica irlandese, ma per un pubblico pop“, spiegò a suo tempo il frontman, stupito da quel grande successo.
Shane MacGowan incarnava sia l’immagine dell’anti-eroe sia quella del ragazzaccio, capace di non presentarsi per eccessivi effetti del post-sbronza, sul palco di Bob Dylan, che aveva chiesto alla band di aprire tutte le date della propria tournée nel 1988.
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Ma quel suo aspetto da poeta maledetto non è stato solo una maschera: espulso a 17 anni dalla prestigiosa Westminster School di Londra (per cui ottenne una borsa di studio) per possesso di droghe, si ritrovò ben presto a familiarizzare con le cure di disintossicazione – per la prima volta per depurarsi dal Valium.
Censura, gloria e decadenza
Il primo album dei The Pogues “Red Roses for Me” uscì nel 1984, seguito nel 1985 da “Rum, Sodomy and the Lash“, descritto da Spin Magazine come contenente “una delle poesie più pure della storia del punk-rock“.
La band inoltre si fece presto voce politica dei giovani immigrati irlandesi a Londra, anti-Thatcher e anti-censura.
Nel pieno dei “Troubles” in Irlanda del Nord nel 1988, la loro canzone “Streets of Sorrow/Birmingham Six” raccontava il dramma di sei nordirlandesi condannati ingiustamente nel 1975 per un attentato dinamitardo in un pub della città inglese. Saranno scagionati nel 1991 in quello che è considerato uno dei più grandi errori giudiziari del paese. La canzone era stata bandita dal governo britannico.
Nel 1988, i The Pogues pubblicarono l’album “If I Should Fall from Grace with God“, poi “Peace and Love” l’anno successivo. All’apice del successo, hanno registrato due album tra i primi 5 più venduti in Gran Bretagna.
Ma la band risentiva del comportamento irregolare di Shane MacGowan: le sue dipendenze lo portarono ad essere escluso nel 1991. “Sono felice di esserne uscito vivo“, confidava nel 2004 al giornale The Guardian, quando la band si è riunita per alcuni concerti.
Nel frattempo, Shane MacGowan aveva continuato a cantare con un nuovo gruppo, gli Shane MacGowan and the Popes.
Nel 2016, sua moglie Victoria Clarke annunciava che era finalmente sobrio anche se ridotto ormai all’ombra di se stesso: molto dimagrito da una decina d’anni, si dedicava tuttavia al disegno, attraverso libri ed esposizioni.
Quasi dimenticavamo: Shane MacGowan si era fatto sistemare i denti.
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L’annuncio
Giovedì 30 novembre 2023 Victoria Clarke, moglie di MacGowan dal 2018, ha affidato l’annuncio della sua dipartita ad un post su Instagram. Le sue ultime parole al grande amore della sua vita citano uno dei brani più noti dei Pogues, A Rainy Night in Soho.
“Non so come dirlo, quindi lo dirò e basta. Shane, che sarà sempre la luce che tengo davanti a me e la misura dei miei sogni e l’amore ❤️ della mia vita e l’anima più bella e un bellissimo angelo, il sole e la luna e l’inizio e la fine di tutto ciò che ho caro è andato a raggiungere Gesù e Maria e la sua bella madre Teresa. Le parole non possono dire quanto sia stata benedetta ad averlo incontrato e ad averlo amato, ad essere stata così infinitamente e incondizionatamente amata da lui, di aver avuto tanti anni di vita e di amore ❤️ gioia, divertimento, risate e tante avventure. Non c’è modo di descrivere la perdita che sto provando e il desiderio di un altro dei suoi sorrisi che hanno illuminato il mio mondo. Grazie, grazie, grazie, grazie per la tua presenza in questo mondo che hai reso così luminoso dando tanta gioia a tante persone con il tuo cuore, la tua anima e la tua musica. Vivrai nel mio cuore per sempre. Delira nel giardino tutto bagnato dalla pioggia, come amavi fare così tanto ❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️ Sei stato il mondo per me.“
Il cordoglio ufficiale
Il The Irish Times ha dedicato MacGowan la prima pagina, riportando la dichiarazione ufficiale del Presidente irlandese Michael D. Higgins che ricorda il cantante “come uno dei più grandi parolieri della musica“.
Afferma Higgins: “Le sue parole hanno collegato gli irlandesi di tutto il mondo alla loro cultura e storia, abbracciando così tante emozioni umane nel modo più poetico. Il genio del contributo di Shane include il fatto che le sue canzoni catturano al loro interno, come direbbe Shane, la misura dei nostri sogni” citando anch’egli il brano dei Pogues.
Tra i diversi e sentiti omaggi riportati dal The Irish Times, risalta quello del Ministro della Cultura Catherine Martin:
“Nel suo lavoro con i Pogues in particolare, Shane ha rivitalizzato la musica tradizionale irlandese, attraverso album come Red Roses for Me, Rum Sodomy and the Lash e If I Should Fall from Grace with God.
Dai primi concerti dei Pogues in Irlanda in sedi come il National Stadium, McGonagles e l’Olympic Ballroom, le sue performance carismatiche hanno stimolato e affascinato il pubblico irlandese. Ma è per il suo modo di scrivere canzoni che sarà principalmente ricordato.
Canzoni come A Pair of Brown Eyes (memorabilmente ripresa da Christy Moore), Sally MacLennane e The Body of an American saranno apprezzate dalle generazioni a venire. E in Fairytale of New York, ha creato probabilmente la più grande canzone di Natale di tutte. La sua capacità in particolare di catturare l’esperienza dell’irlandese emigrato in Gran Bretagna, riecheggiando il lavoro letterario di scrittori come John Healy il cui libro The Grass Arena affrontato temi simili, è stato particolarmente notevole.
La morte di Shane ci ricorda che dovremmo dare il giusto valore alle persone quando sono in vita.“