“Sex and Solitude”: a Palazzo Strozzi apre la mostra di Tracey Emin

È aperta al pubblico la più grande mostra mai realizzata in Italia dedicata a una delle più famose e influenti artiste nel panorama contemporaneo: Tracey Emin. Curata da Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi, l’esposizione permette di immergersi nella poliedrica attività di un’artista che spazia tra pittura, disegno, video, fotografia e scultura, sperimentando tecniche e materiali come il ricamo, il bronzo e il neon. Il titolo fa riferimento a due parole chiave, sesso e solitudine, che permeano le oltre 60 opere di un percorso che attraversa diversi momenti della carriera di Tracey Emin, dagli anni Novanta a oggi, in un intenso viaggio sui temi del corpo e del desiderio, dell’amore e del sacrificio.
La mostra è aperta fino al 20 luglio 2025 tutti i giorni, festivi inclusi, dalle 10.00 alle 20.00 e i giovedì fino alle 23.00 (ultimo ingresso un’ora prima della chiusura). È possibile acquistare i biglietti comodamente online oppure direttamente a Palazzo Strozzi.
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Molte delle opere della mostra sono presentate in Italia per la prima volta, come la monumentale scultura in bronzo I Followed You To The End (2024), esposta in dialogo con lo spazio rinascimentale del cortile di Palazzo Strozzi, o la storica installazione Exorcism of the last painting I ever made (1996), ricostruita in una delle sale del Piano Nobile. Parte fondamentale del percorso sono anche nuove produzioni, in diversi media, realizzate in occasione della mostra. Tracey Emin è celebre per l’approccio diretto e crudo con cui traduce esperienze personali in opere profondamente intime, intense e potenti. Non rappresenta mai eventi specifici, ma cattura emozioni come la passione sessuale e la malinconia che si esplicitano in un universo artistico fatto di dimensioni, forme e media diversi, in cui desiderio e amore si intersecano con dolore e sacrificio.
Nella pratica di Tracey Emin vita e arte si intrecciano, con opere in cui momenti intimi e privati si trasformano in metafore esistenziali, riflettendo su grandi temi dell’essere umano, dalla sessualità alla malattia, dalla solitudine al rapporto con gli altri. Attraverso una ricerca onesta e fortemente autobiografica, Emin si concentra in particolare sull’idea della figurazione, ponendosi in particolare rapporto con maestri come Edvard Munch ed Egon Schiele, due degli artisti da lei più amati. Tracey Emin ci guida in un’intima esplorazione di noi stessi, secondo un potente intreccio tra arte e vita, riflettendo sulla fragilità e sull’intensità della condizione umana.
IN CONTATTO
FERITA AD AMORE
di Annalisa Ambrosio
In italiano si può usare l’espressione “ferito a morte” per intendere che il guasto sarà fatale e che la ferita, appunto, non si rimarginerà. L’arte di Tracey Emin fa pensare a una particolare rivisitazione dell’espressione “ferita a morte”: non più “ferita a morte” ma “ferita ad amore”. Per capire che significa occorre fare un passo indietro.
Se c’è un elemento che pure uno sguardo non particolarmente esperto può notare e che accomuna molte delle opere di Emin, è un’aria di “deposizione”. E la deposizione, nel senso comune, altro non è se non il momento in cui un corpo si arrende alla gravità e alle altre forze che governano il mondo, quelle indipendenti dalla sua volontà, com’è capitato con il corpo di Cristo calato dalla croce.
In realtà, però, la deposizione è anche un fatto di ordine fisico, che riguarda ogni materia liquida: è la formazione del sedimento nel liquido, la sua trasformazione. Ciò che capita a una ferita quando inizia a chiudersi, al colore quando si aggruma, a una composizione quando dopo molto smontare e rimontare anch’essa si arrende a una forma di fissità e si placa in un codice, lo stesso capita alla lava dei vulcani, persino alle gocce d’acqua, che a un certo momento evaporano lasciando solo un deposito sulla superficie che prima le ospitava. […]
Tante delle opere di Emin hanno questo aspetto potentissimo di grandi ferite che si sono appena stabilizzate, e perciò ora sono capaci di dare luogo a un fatto, di raccontare una storia. La storia di ciò che c’è stato un passo prima, quando il sangue pulsava ancora, ma anche la storia della pace che c’è adesso.