Se “Rush!” non convince ci pensano le “trasgressioni”: il prodotto Måneskin colpisce ancora
I Måneskin tornano a far parlare di loro ma, più che per il loro nuovo album ”Rush!” (stroncato da mostri sacri del giornalismo musicale come ”The Atlantic”, o della musica suonata, come il maestro Uto Ughi), l’hype è stato creato dai loro personaggi. L’ultima trovata della band è stato una sorta di matrimonio con abiti bianchi, ben studiato e congeniato nei minimi dettagli, mirato a far discutere la stampa internazionale e, conseguentemente, i suoi lettori. Un party, ecco, dissacrante per alcuni, triste per altri, ma tutto premeditato.
Nell’era della sovraesposizione mediatica, con i social network che hanno di fatto azzerato il concetto di privacy aprendo, inoltre, le porte del mondo a tutti, il pubblico di ogni fascia d’età è ormai abituato a queste trovate pubblicitarie, da alcuni ritenute addirittura “estreme”. Questa volta, però, il significato intrinseco attribuito dal gruppo al gesto espresso è molto più profondo. Mischia sacro e profano o, almeno, ci prova. “É un rito pagano con il quale giuriamo fedeltà a noi stessi e ai nostri fan”: questo il commento al matrimonio. Il ”sì” dei quattro è stato dato in nome di “Apollo, il Dio della musica” per confermare l’unione tra gli artisti. Il dio è stato invocato dall’officiante. E speriamo che non si sia sentito offeso.
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Dopo la Chiesa di Elvis, il video di ”Like a prayer” o la hit ”Like a Virgin di Madonna, i costumi di Renato Zero, le trasgressioni di David Bowie, Elton John o Freddie Mercury e chi più ne ha più ne metta, le forzature dei Måneskin sembrano solo pacchetti preconfezionati di pubblicità, studiati e venduti ad arte. Il matrimonio tra i componenti della band è stato infatti preceduto di qualche giorno dal video del chitarrista Thomas Raggi che suonava la marcia nunziale mentre alle sue spalle si estendeva tutto il fascino di Roma, la città eterna, la Divina Urbe. Un’operazione organizzata per creare scalpore, se non anche indignazione nella comunità cattolica.
Il paganesimo vuol dire tanto e racchiude una molteplicità di riti diversi da quello giudaico-cristiano. Ma inserirvi una trovata del genere può risultare più irrispettosa, maldestra e goffa, che altro. Di certo non rappresenta una novità. Sarà un colpo duro per i ragazzi scoprire che pomiciarsi pensando a questo o quel dio non vuol dire compiere un rituale. La genericità dei riferimenti dati è disarmate, “rito”, “officiante”, sono parole prive di significato se non contestualizzate: cosa vuole favorire il rituale? Chi lo dirige? In ruolo? Cosa si offre al dio? E altre infinite domande che sicuramente resteranno senza decente risposta. A voler smontare simili mitomanie si potrebbe dire che ad esempio nei Ludi Apollinari a celebrare era il Pretore Urbano, di cui, siamo sicuri, la band dispone a proprio piacimenti e i sacrifici venivano officiati dai Decemviri, anche loro, immaginiamo, grandi fan dei Maneskin.
La crescente popolarità del gruppo è fuori discussione. Anche su una prestigiosa rivista come Rolling Stone il giudizio è ambivalente. Da un lato troviamo l’innegabile capacità di prendere il pubblico meno razionale e più disincantato (“Se lo prendi con leggerezza, per quel che è, Rush! è un giro in una di quelle feste orgiastiche”, si legge sulle pagine italiane del giornale) di contro però viene sottolineato come “Se lo prendi troppo sul serio, se cominci a smontarlo in modo razionale, a cercare i riferimenti che non sono mai troppo nascosti, finisci per criticare la sostanziale mancanza d’un linguaggio musicale originale, la carenza di fascino, l’assenza di creatività d’alto livello”. Praticamente una bocciatura senza appello.
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Sicuramente i Måneskin, o chi per loro, conoscono bene la loro fetta di pubblico. Quella a cui bastano le loro note tendenti al rock. Gli altri si stanno chiedendo, vedendo i numeri di spettatori ai concerti e degli album venduti (magari riflettendo anche sul perché di tale successo), che bisogno ci sia di far parlare principalmente le trovate pubblicitarie anziché puntare solo ed esclusivamente sulla musica. Ma tant’è: il marketing sposa i fatti di attualità, li plasma, li modella, li declina alle sue ambizioni. Si parla di loro per ciò che accade fuori dal palco anziché sopra di esso, per provocazioni che provocazioni non sono, essendo colme di scontata e fastidiosa retorica, sciape e prevedibili, banalotte e semplicistiche. Ma a qualcuno piace e va bene così.
Chi incensa i Måneskin e chi li schernisce, chi li esalta e chi li affossa: tutto fa parlare del gruppo romano e tutto fa, soprattutto, il loro gioco. E’ voluto e ricercato, ma il rischio, ormai neanche più tanto veleggiato, è che così facendo si marchi una spaccatura sempre più netta ed evidente tra i Måneskin band e i Måneskin prodotto commerciale. Ognuno può vederci ciò che vuole, ma noi continueremo sempre a fare il tifoso per la musica e per Victoria, Damiano, Ethan e Thomas musicisti. Parliamo della loro musica, il resto lasciamolo al gossip.
Photo Credit: Ilaria Ieie, Fabio Germinario