San Valentino, il paganesimo dietro gli innamorati
“Dal momento che San Valentino fu un vescovo romano del terzo secolo, che venne flagellato e decapitato, non sarebbe forse più opportuno festeggiare la ricorrenza accompagnando la tua ragazza ad assistere a un brutale omicidio?”.
Così Sheldon Cooper, protagonista della sitcom “The Big Bang Theory”, dall’alto del suo cinismo commentò la festa degli innamorati.
Questa sagace battuta però fornisce l’opportunità di approfondire la figura del Santo. La sua storia però non è ben chiara. Infatti non c’è una tesi univoca e da tutti accettata su chi fosse in realtà il martire che Geoffrey Chaucer associò a Cupido.
Le due personalità maggiori a cui si fa riferimento quando si parla di San Valentino sono vissute tra il II e il III secolo. Nati probabilmente entrambi a Terni e legati all’amore. Il primo come difensore degli innamorati e fautore della procreazione. Il secondo invece sarebbe stato ucciso e reso martire dopo aver celebrato un matrimonio tra la cristiana Serapia e il legionario romano Sabino, che invece era pagano. Un matrimonio con annesso battesimo che suggellò un amore che la morte precoce della donna non spezzò.
A prescindere dalla veridicità storica della figura valentiniana, quello che sembra essere più certo fu la volontà della Chiesa di sovrapporre la propria liturgia a riti pagani pre-esistenti. In questo caso i Lupercalia.
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Una delle festività più antiche dei Romani, legata alla grotta ai piedi del Palatino dove Romolo e Remo furono allattati dalla Lupa. Celebrato il 15 febbraio, la data del rito non è casuale. Febbraio era infatti l’ultimo mese del calendario romano inserito da Numa Pompilio ed era proprio il mese della purificazione, di preparazione al nuovo anno. E durante le celebrazioni avveniva l’unione tra uomini e donne. Un vero e proprio inno della fertilità. Purificarsi per stimolare la fecondità. Il tutto senza un legame sentimentale.
Ovidio nei Fasti (opera che sembra gli costò l’esilio) racconta che, nonostante il ratto delle sabine, i Romani non riuscivano a rendere le donne feconde. Giunone allora, convocata nel suo bosco sacro, sentenziò che “un sacro caprone penetri le donne d’Italia!”. Fu solo un indovino etrusco a riuscire ad interpretare l’oracolo. Sacrificò infatti un caprone da cui prelevò delle strisce dalle pelli, con cui percuotere le donne. Gli effetti del rito si ebbero 9 mesi dopo. Proprio queste strisce di pelle, chiamate februe, diedero il nome al mese di febbraio.
Questo fu forse l’ultimo rito pagano ad essere abolito dalla Chiesa. Nel gennaio del 495 d.C infatti, papa Gelasio I proibì ufficialmente a tutti i cristiani di partecipare ai Lupercali. Ai tempi il rito era diventato qualcosa di molto simile all’odierno Carnevale. Una sorta di festa “laica” dove partecipavano sia i cristiani che i pagani nel turbine e nella corsa dei Luperci.
Fu dunque questo Papa a sostituire il santo Valentino al dio pagano Lupercus, al quale era legato un rito ritenuto immorale. Fu introdotta questa figura che nella sua vita (o vite) si dedicò a promulgare l’amore, in senso cristiano. Il 14 febbraio divenne il suo giorno, che fino ad allora era dedicato a Santa Febronia, vissuta all’inizio del IV secolo nell’antica Sibapolis.
Da un rito orgiastico e propiziatorio della fecondità ad una festività legata all’amore nel senso più ampio del termine. Probabilmente più verso il prossimo che qualcosa di strettamente legato alle coppiette. Ma comunque sia celebrarlo con rose e cioccolatini dovrebbe risultare sicuramente più accettabile che la proposta di Sheldon Cooper.