San Giorgio, il guerriero che sconfisse il drago
Vagando per le chiese d’Europa non è difficile imbattersi in reliquie appartenenti a San Giorgio. Il martire che sconfigge il drago, nato in Cappadocia nella seconda metà del III secolo (probabilmente tra il 275 e il 285), è uno di quei martiri cristiani che soprattutto nel Medioevo fu più apprezzato.
Cristiano come i genitori dedicò gran parte della sua vita ad apprendere l’arte militare, tanto da essere arruolato tra le guardie dell’imperatore Diocleziano. Il successo della sua figura deriva anche dal rapporto che ebbe con il sovrano. Costui infatti cercò di fargli abbracciare il paganesimo, ma di fronte il rifiuto del futuro Santo di abiurare la religione cristiana, lo condannò alla reclusione e a torture.
Quello che si conosce della sua vita lo dobbiamo al testo “Passio sancti Georgii” ritenuto però apocrifo dalla Chiesa. Stando a questo documento si arriva al leggendario martirio. Durante la detenzione gli apparve Dio preannunciandogli 6 anni di tormenti e 3 volte la morte dalla quale per 3 volte si sarebbe risvegliato.
Il mito di San Giorgio non finisce qui. Si narra che venne tagliato in due con una ruota piena di chiodi e spade. Risorse e aiutò nella conversione il Magister Militum Anatolio con tutti i suoi soldati. In seguito entrò in un tempio pagano e con un soffio abbatté tutte le statue pagane. Infine convertì l’Imperatrice Alessandra la quale poi venne martirizzata.
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L’Imperatore Diocleziano lo condannò nuovamente a morte dopo che resuscitò 2 persone morte da 460 anni. Prima di essere decapitato, implorò Dio che il regnante e la sua corte fossero inceneriti. La sua supplica fu esaudita e poco prima che la lama gli tagliasse la testa promise protezione a chi avesse onorato le sue reliquie, le quali sono conservate in una cripta sotto la chiesa cristiana (di rito greco-ortodosso) a Lydda (l’odierna Lod, in Israele).
Forse uno dei motivi per cui oggi molte chiese europee dichiarano di ospitare parti del suo corpo. Dovendo accettare tutte queste dichiarazioni il santo avrebbe dovuto possedere decine di braccia, gambe e teste.
Ma non è questo a rendere San Giorgio uno dei martiri più importanti e conosciuti della religione cattolica. La sua fama è dovuta soprattutto alla “Legenda Aurea”, la raccolta di biografie agiografiche composta da Jacopo da Varazze, vescovo di Genova, in epoca medievale.
Lo scrittore narrò infatti di un viaggio dell’allora giovane Giorgio in Libia, nei pressi di Silene. Qui in uno stagno aveva dimora un drago al quale i cittadini, per placare la sua fame e rabbia, donavano ogni giorno due pecore. Quando gli animali cominciarono a scarseggiare al posto di una pecora cominciarono a offrire un giovane estratto a sorte. Quando fu il turno della figlia del re costui provò a trattare offrendo in cambio metà del regno.
La città si ribellò, avendo visto morire altri figli senza che nessuno si opponesse. La giovane andò quindi al patibolo ma prima del sacrificio fu salvata dal giovane cavaliere della Cappadocia che in nome di Cristo promise di salvarla.
“Non abbiate timore, Dio mi ha mandato per liberarvi dal drago. Abbracciate la fede in Cristo!” con queste parole confortò la città libica e andò ad affrontare il drago che fu colpito dalla sua lancia e legato con una cintura dalla figlia del re e condotto tra la popolazione che nel frattempo decise di convertirsi e farsi battezzare.
La leggenda ebbe successo e diffusione grazie ad una interpretazione non corretta di un’immagine trovata a Costantinopoli durante le Crociate. Si tratta di quella di Costantino che schiaccia un drago e su cui i religiosi ricamarono sopra la storia del santo di origini turche.
San Giorgio che sconfigge il drago divenne dunque, soprattutto durante le Crociate, il simbolo del bene che trionfa sul male. Molti ordini cavallereschi (come l’Ordine della Giarrettiera, , l’Ordine Militare di Calatrava, l’Ordine Teutonico, il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio e il Reale e militare ordine di San Giorgio della Riunione) presero come emblema il giovane cavaliere con lo scudo crociato senza macchia e senza paura. Croce rossa su sfondo bianco che divenne il simbolo della Repubblica di Genova
Divenne anche un simbolo iconografico che artisti come Donatello (una delle 14 statue protettrici delle Arti di Firenze fuori la chiesa di Orsanmichele oggi custodita nel Museo nazionale del Bargello), Paolo Uccello e Kandinsky presero come spunto.
Alla statua di San Giorgio realizzata da Donatello Giosuè Carducci dedicò alcune rime:
“Siede novembre su le vie festanti
Ove il maggio s’aprí de’ miei pensieri,
E spettral ne la nebbia alza i giganti
4Templi la tua città, Dante Alighieri.
Meglio cosí; ch’io non mi vegga avanti
Gli academici Lapi e i Bindi artieri:
Io vo’ vedere il cavalier de’ santi,
8Il santo io vo’ veder de’ cavalieri.
Forza di gioventú lieta da’ marmi
Fiorente, ch’ogni loda a dietro lassi
11D’achei scalpelli e di toscani carmi,
Degno, San Giorgio (oh con quest’occhi lassi
Il vedess’io), che innanzi a te ne l’armi
14Un popolo d’eroi vincente passi”. (Rime nuove, libro II, XIV)