Il Dio sconosciuto di Samantha Casella: la regista italiana pronta a conquistare gli Stati Uniti
Dopo il successo di “I Am Banksy”, Samantha Casella riparte proprio dagli Stati Uniti con il suo nuovo progetto. Il nuovo cortometraggio dell’artista italiana si intitola “To A God Unknown – Al Dio Sconosciuto”. Ha già ricevuto il Silver Award come miglior cortometraggio sperimentale agli Indipendent Shorts Award dove Samantha ha avuto anche una menzione d’onore come miglior regista donna.
Il corto è diviso in tre capitoli (ognuno recitato in lingua originale): il primo è ispirato ai versi del poeta russo Sergey Esenin, il secondo si basa su un romanzo di John Steinbeck che da il titolo all’opera, il terzo si chiude con dei brani poetici di Arthur Rimbaud. Ad unirli sono elementi primordiali quali l’acqua, il sangue, il fuoco, l’amore, Dio. Una chiave di lettura più approfondita suggerisce che tutti i capitoli trattano il tema del sacrificio rituale in onore dell’amore, di Dio e della sacralità.
Quando hai iniziato a lavorare a “To a God Unknown”?
Avevo scritto da tempo una sceneggiatura composta da immagini simboliche accompagnate da brani poetici di Sergey Esenin. Il progetto si era però arenato, per quindi essere ripreso in mano nell’agosto del 2019. A metà settembre eravamo già pronti per iniziare le riprese, così come alcuni professionisti hanno iniziato a lavorare su diversi effetti visivi. Ufficialmente il montaggio è stato chiuso a fine gennaio 2020.
C’è stato qualche evento o fattore che ti ha spinto a realizzarlo oppure era un’idea che avevi in mente da tempo?
Nel momento in cui l’estate scorsa si è iniziato a parlare della possibilità del mio esordio in un lungometraggio, mi è stato suggerito di realizzare un altro cortometraggio che coprisse l’annata 2020. Al che ho ampliato la sceneggiatura incentrata sui versi di Esenin con altri due capitoli: un secondo inerente a un romanzo statunitense di John Steinbeck, che da il titolo al cortometraggio, e un terzo che ruota intorno a dei brani poetici di Arthur Rimbaud; ognuno di essi in lingua originale.
Nei tre capitoli in cui si esplica ci sono riferimenti alla poesia, alla letteratura e alla musica. Come li hai selezionati?
In un primo momento ho cercato di abbinare determinate condizioni ad elementi, associando il tempo al fuoco, la natura all’acqua e la sacralità, sia essa espressa come Dio o come amore, al sangue. Una volta deciso che il secondo capitolo doveva riguardare un’opera americana e un altro un’opera russa, le scelte di Steinbeck e Rimbaud sono derivate di conseguenza. Riguardo alla musica, ho avuto alcuni confronti telefonici con i compositori Massimiliano Lazzaretti e Tatiana Mele. Credo che il loro immenso talento abbia contribuito in modo determinante a rendere più potenti alcune immagini. Posso dire che il cortometraggio è cresciuto grazie a loro.
L’acqua, il sangue, il fuoco, l’amore, Dio: sono questi gli elementi che danno il quadro d’insieme dei messaggi contenuti nel corto. Quanto sono importanti, nella realtà, soprattutto nei tempi che stiamo vivendo?
Per me ricoprono un’importanza fondamentale, principalmente perché nella mia mente sono estensioni della natura, della sacralità e del tempo. Sono fattori che mi affascinano e che allo stesso temo mi inquietano profondamente. Credo che il tempo, la natura e il sacro ci imponga di fare i conti con il nostro stato di esseri imperfetti, vulnerabili, mortali.
Chi è il Dio sconosciuto?
Il Dio sconosciuto è quello sguardo che ci sovrasta pur restando immerso nella penombra, è il bisogno di assoluto, è un qualcosa contro cui è impossibile lottare, è attribuire al sacrificio una valenza più ampia e intimista.
Questo lavoro segue il precedente “I am Banksy”. Il tuo modo di approcciare al lavoro e alla settima arte è cambiato nel corso del tempo o hai mantenuto fede ai tuoi capisaldi?
Pur essendo due piccoli lavori estremamente differenti il mio approccio non credo sia cambiato. Entrambi implicano una ricerca: in “I Am Banksy” la ricerca è espressa in modo più esplicito dato che il protagonista – interpretato da Marco Iannitello – è ossessionato dal voler scoprire l’identità di Banksy, mentre in “Al Dio Sconosciuto” la ricerca si riversa nella sfera intimista, alla scoperta del proprio io interiore; ma sempre di ricerca si tratta.
Con riferimento alla scena italiana, in quale stato di salute si trova la nostra cinematografia d’autore?
Molti registi, come Sorrentino o Garrone stanno riscuotendo un grande successo, quindi sono portata a credere che la cinematografia d’autore italiana sia in buono stato. Allo stesso tempo però ritengo che in Italia ci siano autori di talento che, per quanto stiano avendo una carriera interessante e di spessore, non riescono a trovare lo spazio che meriterebbero. Personalmente considero Giovanni Covini il principale autore italiano. Non c’è un’opera da lui realizzata che non mi abbia toccata nel profondo e considero il suo ultimo film-documentario, “Who’s Romeo” qualcosa di molto vicino al capolavoro. Si tratta un film che andrebbe promosso su larga scala, che meriterebbe di essere visto da più gente possibile e che più gente possibile meriterebbe di vedere