Roma abbraccia Botero: un viaggio nel mondo dei volumi e delle emozioni
Fino al 19 gennaio 2025, le imponenti sale di Palazzo Bonaparte a Roma offrono un’immersione totale nell’universo artistico di uno dei più grandi maestri del Novecento. Oltre 120 opere, tra cui dipinti inediti, sculture e acquerelli, ci guidano in un viaggio attraverso la carriera di Fernando Botero, scomparso lo scorso anno. “Fernando Botero: La Grande Mostra” rivela un artista poliedrico e profondamente radicato nelle sue origini: un’occasione imperdibile per immergersi in un mondo di colori, forme ed emozioni, scoprendo l’opera di un artista che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte contemporanea.
La mostra, curata da Lina Botero e Cristina Carrillo de Albornoz, inizia con una sezione che esplora reinterpretazioni personali di celebri capolavori della storia dell’arte. Da “Omaggio a Mantegna” a “Las Meninas” di Velázquez, Botero rivela una profonda comprensione della tradizione artistica, trasformandola con il suo stile inconfondibile.
“Questa è una mostra eccezionale – ha affermato la figlia Lina Botero – perchè è la prima grande esposizione di pitture dedicata a Fernando Botero dopo la sua morte. È anche una visione diversa del suo lavoro, che mette in evidenza la maestria con cui Botero ha lavorato con tecniche diverse nel corso della sua carriera artistica. È un’occasione straordinaria per celebrare il primo anniversario della morte di mio padre in Italia, un Paese che ha significato molto per lui e per il suo lavoro“.
“In Italia, a 20 anni, quando si confrontò con i capolavori del Rinascimento italiano, in particolare Piero della Francesca, Paolo Uccello e Masaccio, con forme massicce e colori straordinari, avvenne la sua ‘metamorfosi’. Botero si è sempre interessato al volume, fin dai suoi inizi, in modo inconsapevole, ma ha capito la sua trascendenza nell’arte studiando i maestri del Quattrocento italiano“, ha sottolineato, invece Cristina Carrillo de Albornoz.
Un omaggio alla storia dell’arte
Agli inizi degli anni ’50 del XX secolo, Botero, affascinato dalla tradizione artistica italiana, si immerse nello studio dei grandi maestri del Rinascimento. L’osservazione delle opere di Piero della Francesca e Masaccio, con le loro forme monumentali e i colori intensi, lo portò a una profonda comprensione dell’importanza del volume nella pittura. Questo incontro con l’arte italiana fu determinante per lo sviluppo del suo stile inconfondibile.
Sin dal suo primo viaggio in Europa nel 1952, Botero ha intrapreso un dialogo appassionato con i grandi maestri del passato. Ha reinterpretato le loro opere, non come una mera copia, ma come un punto di partenza per creare nuove realtà artistiche. In queste “Versioni”, ha rielaborato temi e composizioni esistenti, plasmandoli con la sua inconfondibile cifra stilistica.
L’anima cosmopolita di Botero non ha mai oscurato il suo profondo legame con la Colombia. I ricordi della sua infanzia e della sua terra natale sono stati una fonte inesauribile d’ispirazione, che ha sapientemente fuso con la tradizione rinascimentale italiana.
Leggi anche: L’intervista. Ghigo Rezzulli presenta “Dizzy”, il nuovo album da solista
“Omaggio a Mantegna”
Rappresenta una rivisitazione personale e profonda di un capolavoro rinascimentale, non una semplice copia. La figura umana, già imponente nell’affresco di Mantegna, viene ulteriormente esaltata da Botero con le sue distintive rotondità. Le forme diventano quasi scultoree, mettendo in risalto la materialità e la fisicità dei personaggi. La tavolozza di Botero è più vivace e luminosa rispetto a quella di Mantegna. I colori sono applicati con pennellate ampie e decise, creando un effetto di grande vitalità. Anche in quest’opera, Botero non rinuncia al suo caratteristico umorismo. Le figure, pur mantenendo la dignità dei personaggi storici, appaiono più umane e accessibili grazie alle proporzioni esagerate. Dietro l’apparente celebrazione del passato, potrebbe celarsi una sottile critica alla società contemporanea, con le sue ossessioni per il potere e lo status sociale.
La nascita di uno stile unico
Nel 1956, mentre viveva in Messico, Botero fece una scoperta che rivoluzionò la sua arte. Dipingendo una natura morta, si accorse che deformando le proporzioni di un mandolino, otteneva un effetto visivo potente e inaspettato. Questo esperimento lo portò a comprendere l’importanza della deformazione e dell’esaltazione dei volumi nella sua pittura. Da quel momento in poi, Botero sviluppò uno stile unico, caratterizzato da figure piene e sensuali. Ogni suo dipinto è un universo di forme arrotondate, dove ogni elemento, dai personaggi ai paesaggi, è trattato con la stessa cura e attenzione. L’artista stesso spiegava che attraverso la deformazione si poteva creare un’emozione più intensa e autentica nell’osservatore.
Per Botero, i volumi non erano solo un elemento formale, ma un vero e proprio mezzo espressivo. Attraverso l’esaltazione dei volumi, l’artista riusciva a trasmettere un senso di vitalità e di energia, a creare un’atmosfera di sogno e di meraviglia. Come egli stesso affermava: “Tramite i volumi si produce un’esaltazione della vita. Tramite la deformazione si genera un disequilibrio nell’arte che si rende necessario ristabilire, e solo tramite uno stile coerente si recupera la naturalezza della deformazione”.
Le curve che hanno segnato la storia
Le iconiche forme voluminose di Botero, distintive del suo stile, dominano la scena dell’esposizione. Ballerine, circensi, tori e figure quotidiane si animano sulle tele, emanando vitalità e un’energica gioia di vivere. Tuttavia, le opere di Botero vanno oltre un semplice esercizio stilistico: celano un significato profondo, un invito a superare le apparenze e a celebrare la bellezza della diversità.
Il tratto distintivo di Botero emerge da una complessa fusione di influenze: l’arte classica, la cultura popolare colombiana, un’approfondita ricerca formale e una spiccata sensibilità personale. Le sue creazioni, all’apparenza semplici, celano un profondo significato simbolico, invitando il pubblico a riflettere sulla bellezza, la perfezione e la complessità del mondo.
Da sempre la sfera è vista come una forma perfetta e simbolo di armonia nell’arte classica. Botero, ispirandosi a questo ideale, infonde alle sue opere un senso di equilibrio e completezza. Inoltre, la sfera è connessa a concetti matematici e filosofici, simboleggiando l’unità, l’infinito e la perfezione divina. Attraverso le sue forme, Botero sembra voler costruire un ponte tra arte e filosofia.
L’intimità degli acquerelli: la magia del colore e della trasparenza
Una sezione speciale è riservata agli acquerelli creati da Botero negli ultimi anni della sua carriera. In queste opere, l’artista esplora temi più personali, immergendosi in un universo di colori tenui e sfumature delicate. Contrariamente alle sue tradizionali pennellate corpose degli oli, gli acquerelli di Botero sono caratterizzati da trasparenza e leggerezza. Il colore si diffonde sulla carta, dando vita a effetti sfumati e cangianti. In queste opere, Botero si concentra su soggetti intimi e personali, spesso legati alla sfera domestica e familiare, rivelando un lato più riflessivo e introspettivo. Anche le celebri forme rotondeggianti di Botero subiscono una trasformazione: pur mantenendo la loro distintività, appaiono più morbide e meno accentuate, suggerendo maggiore delicatezza e sensibilità. La scelta di Botero di dedicarsi agli acquerelli verso la fine della sua vita può essere vista come un’evoluzione naturale del suo percorso artistico, che gli ha permesso di esplorare un linguaggio espressivo diverso, caratterizzato da leggerezza e libertà creativa.
L’arte come memoria storica
Botero ha sorpreso il mondo dell’arte con una serie di opere dedicate all’orrore delle torture perpetrate ad Abu Ghraib. In queste tele, l’artista colombiano ha abbandonato momentaneamente la sua caratteristica rappresentazione di figure piene e rotonde, per ritrarre scene di violenza e di sofferenza con un realismo crudo e impietoso. Le opere di Botero su Abu Ghraib non sono solo una denuncia degli specifici eventi accaduti nel carcere iracheno, ma rappresentano una riflessione più ampia sulla violenza e sulla sofferenza umana. Anche in questi lavori così intensi e drammatici, lo stile inconfondibile di Botero è riconoscibile. Le figure sono sempre caratterizzate da volumi esagerati, ma in questo caso la deformazione serve a sottolineare l’orrore della situazione e a rendere ancora più evidente la sofferenza dei protagonisti.
Leggi anche: Apre a Milano Palazzo Citterio: il sogno della “Grande Brera” diventa realtà
GALLERIA