Alla scoperta della letteratura per l’infanzia con la scrittrice Rita Pacilio: l’intervista
Spesso, crescendo, si dimentica la bellezza dei colori. Il sapore della scoperta viene lavato via dalla grigia frenesia di appuntamenti e dalle lancette che corrono senza tregua. Rita Pacilio con i suoi testi per bambini riequilibra la scala di valori delle nostre vite. E ci insegna che noi adulti abbiamo solo da imparare dai più piccoli.
Ciao Rita e grazie per essere qui a parlare con noi. Allora, tu ti definisci una sociologa di formazione e una mediatrice familiare di professione ma sei anche molto altro: ti impegni in campo editoriale, sei una scrittrice e una poetessa. Puoi raccontarci qualcosa sulla tua poliedrica personalità?
Ciao Chiara. Innanzitutto ringrazio te e The Walk of Fame Magazine per avermi dato l’onore e il piacere di parlare con voi. Posso dire di me che da sempre mi sono occupata soprattutto di scrittura e, quindi, ho avviato il mio percorso formativo e artistico intorno alla parola. La parola poetica mi è stata trasmessa quasi in maniera naturale poiché la mia maestra delle elementari era un poetessa e mi ha iniziata a questo innamoramento per il verso.
Di seguito, leggendo , studiando, confrontandomi anche con il mondo dell’arte, ho avuto la possibilità di portare avanti un discorso che potesse mettere in comunicazione ciò che riguarda il mondo emozionale della realtà sul foglio. La mia formazione continua con la mediazione familiare. Un ambito che mi permesso di conoscere le carceri, le persone con disagio sociale e quindi sono venuta a contatto con problematiche che riguardano la nostra società. Tutto ciò mi ha fornito la materia per poter comunicare agli altri il quotidiano sociale. Ho lavorato seguendo le linee poetiche di scrittura ma, e questo tengo a sottolinearlo, avendo tanto rispetto per l’essere umano.
Invece la passione per la letteratura per l’infanzia quando nasce?
Anche in questo caso l’approccio è stato del tutto naturale e fa riferimento a quando sono diventata mamma, circa 30 anni fa. Posso dire che tutti percorsi della mia vita si sono presentati e sviluppati in via del tutto naturale. Avevo 24 anni quando ho avuto il primo dei miei tre bambini, Lorenzo; era molto curioso, compravo molti libri e vedevo il suo interesse nell’ approfondire anche la storia. Tutte le letture erano affascinanti per lui, addirittura mi correggeva se aggiungevo particolari non presenti nella trama originale.
Per cui, quasi per esigenza personale, ho iniziato a buttare giù delle storie che non rientravano nella categoria dei classici per bambini. Ho notato fin da subito che la mia fantasia e anche le mie competenze in psicologia, psicologia sociale e pedagogia, mi hanno dato la possibilità di strutturare un libro come compagno di giochi, seguito e letto dagli adulti ma, soprattutto vissuto dai bambini.
In che modo vissuto?
I libri si presentano con colori vivaci, con schede interattive e operative, con caselle da compilare o con pagine bianche che lasciano spazio al bambino di identificarsi nella storia e di sviluppare il senso di curiosità. Avere un libro tra le mani è un atto di grande responsabilità e chi scrive per bambini non deve avere solo capacità comunicative ma anche attrattive.
A proposito di colori, “Cantami una filastrocca” è un testo molto colorato con una missione importante: lo sviluppo del giudizio critico. Quanto è importante la lettura in età elementare?
È fondamentale. Il bambino sviluppa un suo parere. Lo spirito critico nasce proprio dal confronto e abilitarsi al giudizio critico è una fase delicatissima della crescita. Le illustrazioni, le parole, il confronto con delle similitudini o con delle scene: sono tutti elementi importantissimi. “Cantami una filastrocca”, con le illustrazioni di Alessia Iuliano, è in rima ed è dedicato ad alcune azioni che riguardano la vita quotidiana del bambino. È senza dubbio un libro formativo, di crescita. Non è colorato ma da colorare, in questo modo il bambino diventa protagonista del testo con il tema della personalizzazione. I colori rappresentano anche le emozioni. Il libro è la strada del sentimento.
Ne “La vecchina brutta e cattiva” hai centrato l’obiettivo del discernimento tra l’intimo e l’esterno. In che modo?
L’attività creativa del disegno permette ai piccolini di semplificare le sensazioni fornite dal mondo che li circonda. Nominare le cose esterne fa parte di un processo evolutivo. Le illustrazioni sono di Damiana Valerio e anche qui la copertina è molto colorata. Nel suo interno le immagini sono da colorare. La storia permette al bambino di creare la concezione del sé in relazione agli altri. L’imprevisto mette l’elaborazione emotiva al centro.
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Ultimo ma non ultimo: ti andrebbe di raccontarci cosa narra “La favola dell’abete”?
Certamente. Si tratta di scene molto brevi in cui l’abete ha un’anima: il significato sotteso per cui la natura ha un battito, una presenza identitaria importante affascina il piccolo lettore. La favola è stata rappresentata anche a teatro per mezzo della personificazione dell’abete vestito di palline, di stelline. L’abete che si accinge ad inghirlandarsi in vista del Natale.
Le illustrazioni sono a cura Luca Luigi Pacelli, un ragazzo di tredici anni che si è sentito partecipe vivo in questa evoluzione dell’abete che da spoglio diventa ricco e utile per il paese, illuminando la piazza. Anche qui ci sono delle pagine bianche che permettono al bambino di colorare a suo piacimento i dettagli per lui importanti. È una piccola storia che, dalla tristezza iniziale dovuta al sentimento di inutilità dell’abete, sfocia nella felicità finale di quest’ultimo che riesce a rallegrare la comunità, con tutti i bimbi intorno gioiosi in attesa di scartare i propri doni.
Sono libri che dovrebbero essere letti anche dagli adulti…
Sì, mi farebbe tanto piacere che nella fase di lettura possa esserci accanto un adulto nella guida. Questo perché potrebbero presentarsi termini sconosciuti e qui l’adulto entra in gioco con il compito di arricchire il vocabolario del bambino.
Voltiamo pagina e argomento con l’introduzione ad una tua nuova fatica letteraria: “Il bambino d’oro”
“Il bambino d’oro” è un romanzo per adulti. Si tratta di una storia di un uomo cinquantenne che viene travolto da una serie di eventi che lo riportano nel suo passato. Accadimenti della sua infanzia che si rivelano essere delle cause di comportamenti della vita adulta. C’è una crisi matrimoniale e interiore. È l’uomo del nostro tempo che è obbligato a correre nella stessa direzione e che non può tornare indietro in quanto travolto dai contesti, dai pregiudizi, dai pensieri che gli altri hanno di lui. Questo senso di inadeguatezza del personaggio riguarda un po’ tutti, anche se in questo libro narro al maschile. Sembra quasi un flusso di coscienza, un ripiegamento su se stesso. La curiosità è nel leggere il testo e scoprire cosa ne pensano i lettori, non svelo altro (ride).
Novità in vista?
Sicuramente penso a questo mese come ad una ottobrata ricca di cultura con l’uscita del mio nuovo disco con le musiche di Antonio Faranda; l’uscita di “Di ala in ala”, un duetto poetico che, per la RPlibri, viene riproposto dopo l’edizione originale del 2011 con la Lietocolle. Infine, un saggio sulla poetessa dialettale lucana Assunta Finiguerra.
Grazie, Rita…
Grazie a te, alla redazione, all’ufficio stampa Simona Mirabello e ai miei lettori.