Ricordando Jonathan Brandis: “morire è nulla, non sopravvivere è spaventoso”
Victor Hugo, ne “I Miserabili“, asseriva che “morire è nulla, non sopravvivere è spaventoso“. Parole scritte più di centoquarant’anni prima che Jonathan Brandis si togliesse la vita. Lo scrittore francese, che col suo romanzo ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura francese ottocentesca, vedeva nella resistenza l’unica forma reazionaria ai soprusi della vita, alle angherie di un destino crudele, all’instabilità degli equilibri sociali.
Alcuni di questi concetti vengono descritti all’interno della sua opera più famosa. La redenzione è quel tipo di privilegio che va ricercato e sostenuto. Non è scontato che scelga il nostro io interiore, e neanche assodato che determini un’apertura verso una nuova pagina della nostra vita. Va coltivato e nutrito e poi, infine, traghettato verso la nostra anima.
Jonathan Brandis non ha goduto di questo privilegio.
Vittima dello star system che lo ha prima illuso e poi ucciso, non ha saputo opporsi ai suoi demoni interiori che lo hanno logorato e sfinito. Aveva 27 anni quando si tolse la vita con un ultimo, disperato, gesto di profonda sofferenza. Soffocato dalla sua stessa esistenza, decise di farla finita dopo essere andato a trovare i genitori a Los Angeles. Era il 12 novembre, ma la notizia venne diffusa solo alcuni giorni dopo.
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Un gesto inaspettato, che l’ex stellina del cinema a stelle e strisce avrebbe, però, programmato con fredda lucidità. Andò nella città californiana a trovare mamma e papà, soggiornando da loro per quattro giorni. Era strano, distaccato dal contesto nel quale si trovava, come se corpo e anima fossero due realtà scisse e slegate da quel ragazzo così talentuoso e affascinante quanto, come descritto da amici e colleghi, buono e generoso.
Durante la sua visita ne approfittò per un’uscita serale con alcuni amici. Le sensazioni negative avute dai genitori trovarono ulteriore riscontro nelle persone con le quali Brandis era andato a bere un drink.
Era evidente che qualcosa non andava, e non poteva essere una banale forma di malinconia o un malessere legato a un’emozione passeggera. Doveva esserci dell’altro. Tornarono assieme a casa ma, nonostante i tentativi di rincuorarlo e scoprire cosa fosse accaduto, l’attore non rivelò nulla.
Niente che lasciasse presagire cosa sarebbe accaduto di lì a poco.
Rincasarono. Dopo non molto Jonathan Brandis uscì e non fece più ritorno. Stando a quanto riferirono gli amici, circa quindici o venti minuti più tardi, preoccupati per la sua assenza, andarono a cercarlo. Lo trovarono, ma fu straziante.
Il ventisettenne si era impiccato con una corda di nylon nel corridoio del palazzo. La tagliarono, chiamarono immediatamente i soccorsi.
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L’attore venne portato all’ospedale più vicino, il Cedars-Sinai Medical Center, ma i tentativi di salvargli la vita risultarono vani. Col senno del poi quei suoi sguardi estraniati che esprimevano tristezza e dolore altro non erano se non piccoli tasselli prodromici all’evento.
Brandis non parlò mai di quel suo disagio interiore, che probabilmente fu depressione. Cercò di gestirla o tenerla bada finché poté farlo. Ma il punto di rottura arriva sempre.
Dietro al suicidio si nascondeva la disperazione per una carriera partita da giovanissimo, addirittura prima delle scuole elementari grazie ad alcuni spot pubblicitari, ma mai realmente decollata in età adulta.
Nel business cinematografico il talento è importante ma non è tutto. Gli amici dissero che l’essere stato tagliato da una scena nel film “Sotto corte marziale” (con protagonisti Colin Farrell e Bruce Willis) fu per lui un colpo durissimo da incassare.
Difficile, ex post, stabilire se quella fosse la principale motivazione che lo portò poi al suicidio. Alcuni sostennero che soffrisse di una psicosi legata agli effetti collaterali dell’utilizzo di farmaci contenenti isotretinoina, usati per contrastare l’acne giovanile da cui era affetto.
La sua ex fidanzata, Tatyana Ali, svelò che era depresso da molti anni e che un giorno le rivelò: “Tu compari sulle copertine delle riviste per anni, sei al centro dell’attenzione, sei amato da centinaia di ragazzine e quando tutto questo improvvisamente smette di succedere, che ne è della tua identità?”.
Di lui restano le partecipazioni a pellicole come “La Storia Infinita 2“, all’adattamento cinematografico di “IT“, capolavoro letterario di Stephen King, il ruolo in “SeaQuest DSV“, serie prodotta da Steven Spielberg. Il suo ultimo film è stato “Puerto Vallarta Squeeze“, con Scott Glenn e Harvey Keitel.
Resta, soprattutto, il dolore per la morte di un ragazzo entrato nel “Club dei 27” con altre celebrità, anche loro inglobate dallo star system.
Foto: Tumbral.com