Recensione: “Una notte violenta e silenziosa”: David Harbour come Bruce Willis nell’action movie natalizio
Contiene spoiler
Dissacrante, politicamente scorretto e divertente, con una spruzzatina di sangue ogni tanto a colorare il pallido candore della neve. “Una notte violenta e silenziosa“, film diretto dal regista norvegese Tommy Wirkola (Hansel & Gretel – cacciatori di streghe, Seven Sister, Dead Snow) non è la classica pellicola natalizia intrisa di ipocrita bontà e ruffiano moralismo ma anzi, ne è esattamente l’antitesi.
Ci sono azione, violenza, battute ai limiti della censura e meschinità umane in abbondanza a ricordarci che il Natale è anche apparenza, forma, messa in scena di un contesto famigliare spesso artefatto e opportunista.
David Harbour (Stranger Things vi dirà tanto, se non tutto) è un Babbo Natale disilluso, cinico e annoiato che, suo malgrado, si trova a dover vestire i panni dell’eroe, lui che, invece, ci viene presentato come il prototipo dell’antieroe ai margini della società. Mangia dolci e tracanna alcolici fino a rigettare, si incavola con le sue renne ed ha una lista di buoni e cattivi in constante aggiornamento, distribuisce – con scarsa equità – giudizi positivi e negativi ai bambini cui è chiamato a portare i doni estratti dalla sua sacca magica ma non può tirarsi indietro di fronte al dovere di prestare soccorso a una ricca famiglia in difficoltà.
Perché accade proprio questo ai Lighstone, non la tipica famigliola di provincia che per scaldarsi dalle rigide temperature invernali si posiziona con i plaid sulle gambe di fronte al camino acceso, magari intenta a sorseggiare una minestrina bollente per dare sollievo ai geloni che affliggono il proprio corpo. No, niente di tutto ciò. Scordatevi tutti gli stereotipi dei film strappalacrime dove Santa Claus e la sua magia sovvertono i destini più biechi perché qui non ne troverete.
Pat Casey e Josh Williams, gli sceneggiatori del film, fanno sfoggio di sfarzo e ville lussureggianti, di regali preclusi ai più, di servitù e luci colorate che potrebbero illuminare l’Italia intera. Ma c’è un commando terrorista travestito da organizzatore di catering pronto a rovinare tutto.
Il cast, oltre ad Harbour, vede la partecipazione di Beverly D’Angelo, madre-padrona priva di qualsiasi emozione ed empatia verso i figli, Alex Hassel e Edi Patterson, eredi (o presunti tali) non esattamente amorevoli e in sintonia con la mamma, oltre a comprimari che bene si incastrano nella narrazione della storia come Alexis Louder e Cam Gigandet. Ci sono poi, e loro sì che si fanno valere, John Leguizamo che interpreta il terrorista Scrooge e la piccola Trudy (Leah Brady) che guiderà a distanza Babbo Natale per liberare casa Lightsone dal male.
Al fine di non svelarvi troppo di ciò che potete ancora vedere sul grande schermo (e vi consigliamo di farlo), preferiamo non andare oltre con gli spoiler, per cui fatevi bastare le righe di cui sopra. Vi basterà sapere che in “Una notte violenta e silenziosa” non mancano riferimenti agli action movie e alle commedie di genere (per teen o per adulti non fa molta differenza) che hanno inevitabilmente caratterizzato il Natale cinematografico degli ultimi decenni.
Due citazioni su tutti strappano più di un sorriso e di un inevitabile, ma scevro da qualsiasi parallelismo, riferimento a film di successo: si va da “Mamma ho perso l’aereo” (provate a immaginare l’efficacia delle trappole del mai troppo amato Kevin McCallister) e “Die Hard – trappola di cristallo“. In quest’ultima pellicola, soprattutto, sono nascosti i tanti rimandi del film fresco d’uscita al cinema
David Harbour è un novello Bruce Willis chiamato, dall’interno, e suo malgrado, a risolvere un gigantesco casino precluso ai più, forze dell’ordine e agenti speciali compresi, qualora anche loro non siano parte del malefico piano. A questo punto provate a immaginarvi John McClane vestito da Babbo Natale: il sangue dal naso, le scazzottate, lo strusciare a terra e l’usare oggetti a caso come arma di difesa personale: ne uscirà fuori un film natalizio anticonformista, dove il linguaggio scurrile e il politicamente scorretto aggiungono quell’effervescenza indispensabile per uscire dalla sala col sorriso ancora stampato in faccia.