Recensione. “Un mondo a parte” ci ricorda che i piccoli borghi sono l’essenza di questo mondo
“Un mondo a parte“, il nuovo film di Riccardo Milani con protagonisti Antonio Albanese e Virginia Raffaele, ci ricorda che là fuori ci sono ancora angoli di mondo da scoprire e valorizzare.
Con questo nuovo lavoro il regista capitolino ci consegna uno spaccato di vita quotidiana e di gente comune, di gesti semplici ma non per questo scontati, di piccolezze che riempiono l’esistenza di quelle comunità che abitano il nostro Appennino. Siamo lontani dall’esistenza frenetica dei grandi centri urbani e ancora più lontani da quei disvalori prodotti dal consumismo esasperante e dall’eccessiva cementificazione dei nostri territori. Siamo in Abruzzo, terra che Milani ama, nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, laddove il tempo scorre lentamente e la natura reclama a gran voce i propri spazi.
Sterzate di vento gelido inebriano l’aria di una purezza che stiamo smarrendo, un branco di cervi passeggia in alta quota facendosi largo tra la neve profonda, un’aquila svetta tra le nuvole, e i raggi di sole, fiochi, le illuminano il dorso. Non è la descrizione di C.S. Lewis ne “Le cronache di Narnia“, ma la finestra che la camera del regista apre sul microcosmo dei borghi montani abruzzesi. Il film è stato infatti girato tra i Comuni di Opi, Pescasseroli, Villetta Barrea e Lago di Barrea, Sperone, Civitella Alfedena e Gioia dei Marsi. Alcune riprese, con l’utilizzo di neve artificiale, si sono svolte anche all’Aquila, tra corso Vittorio Emanuele, piazza Duomo, all’interno di Palazzo Betti, situato in via Patini, e presso gli uffici che ospitano il Comune in via Avezzano.
Neve artificiale, già, perché quella vera inizia a scarseggiare anche da queste parti, sebbene si faccia fatica a crederlo. Per alcuni è una fase ciclica, quella dell’assenza di ingenti precipitazioni nevose, per altri è semplicemente una stagione andata a male, mentre per altri ancora sono le conseguenze dei cambiamenti climatici e della natura che si ribella alla mano sempre più invadente e usurpatrice dell’essere umano. Colui che tutto pensa di possedere, spesso indifferente a ciò che gli accade intorno. Ma la natura no, quella non la possiedi, semmai è il contrario.
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Stanco e disilluso dopo quarant’anni di insegnamento nella giungla romana, il maestro elementare Michele Cortese (Antonio Albanese) ha l’opportunità di intraprendere una nuova vita quando riesce a farsi assegnare all’Istituto Cesidio Gentile detto “Jurico”, una scuola composta da un’unica pluriclasse, con bambini dai 7 ai 10 anni, nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo. Grazie all’aiuto della vicepreside Agnese (Virginia Raffaele) e dei bambini, supera la sua inadeguatezza metropolitana e diventa uno di loro. Quando tutto sembra andare per il meglio però, arriva la notizia che la scuola, per mancanza di iscrizioni, a giugno chiuderà. Inizia così una corsa contro il tempo per evitare che ciò possa accadere.
Affascinanti ma isolati, fieri ma fragili, eroici ma decadenti: molti borghi delle aree interne dell’Abruzzo, la “Regione verde d’Europa” sono connaturati da una narrazione suggestiva e volutamente enfatizzante le qualità paesaggistiche e architettoniche che possiedono. Una tendenza protettiva e conservatrice, indispensabile agli occhi di chi non abita a quelle latitudini. Silenziosi, incontaminati e immersi nella natura, eppure così tremendamente vicini al punto di non ritorno.
Durante una scena, Albanese afferma che “bisogna restare per proteggere questi posti, anche se la realtà è un’altra…“. La realtà ci dice che lo spopolamento è il principale nemico da contrastare, una condizione che determina una crescente e quasi inevitabile fuga dei giovani che, al compimento dei diciotto anni, fanno le valigie e vanno via. La maggior parte di loro non si volta mai più indietro. Al crollo demografico si somma la latitanza di servizi essenziali: da quelli sanitari a quelli infrastrutturali, da quelli scolastici a quelli commerciali. La vita, in questi territori, sa essere dura. Formativa, se vogliamo, ma non necessariamente generosa.
Una sceneggiatura paradigmatica della realtà che questi paesi vivono quotidianamente. I loro abitanti sono “forti e gentili”, tenaci e caparbi, con un cuore e un coraggio grande così. Se nel film “Io speriamo che me la cavo” (interpretato da uno straordinario Paolo Villaggio) la regista Lina Wertmüller affrontava il delicatissimo tema delle difficoltà economiche e delle disuguaglianze sociali nelle scuole della periferia napoletana, mettendo in luce la centralità dell’apparato scolastico come forza aggregatrice e formativa di un contesto sociale degradato, in questo “Un mondo a parte” Riccardo Milani ridesta quella stessa centralità dell’istituto della pedagogia scolastica. La scuola è l’anima di un piccolo borgo, è quel luogo fisico e astratto dove i giovanissimi iniziano a coltivare sogni e aspirazioni, è altresì la scintilla che illumina la prima parte del percorso di vita di un adolescente.
La “Restanza” abruzzese, cioè la resistenza ai vorticosi cambiamenti urbani e sociali, alle crescenti e sempre più complicate sfide che le aree interne della regione sono costrette ad affrontare per sopravvivere, non può né deve cedere il passo allo sconforto. L’appartenenza, cioè quel motore motivazionale che spinge a gettare il cuore oltre l’ostacolo per credere che sì, un cambiamento è possibile, e che, sì, questi angoli d’Abruzzo troveranno nuova linfa vitale. Il coraggio, perché senza quello non si va nessuna parte. L’amore per la propria terra d’origine, che racchiude tutto questo e anche di più, è un qualcosa di troppo difficile da spiegare a chi non lo possiede.
Esemplificative, in tal senso, le parole del sindaco di Gioia dei Marsi, Gianluca Alfonsi.
“Un film in cui finalmente si parla di noi, abitanti coraggiosi ed eroici di questo ‘mondo speciale’ che sono le aree interne, i piccoli comuni montani. Un’opera cinematografica che, con grande realismo, pone la lente d’ingrandimento sulle nostre realtà evidenziandone le criticità ma nello stesso tempo le enormi bellezze e le grandi opportunità per cui meritano di essere vissute e salvaguardate. Un messaggio di speranza da raccogliere che ci impone ancor più di resistere e lottare, con ogni mezzo a disposizione, perché si affermi sempre più il diritto alla restanza piuttosto che quello alla dipartenza e perché a quella rassegnazione che, come si recita nel film qui da noi si mangia a morsi, si sostituisca una sana resilienza. Per noi gente di montagna nulla è impossibile”.
Un film delicato, nostalgico e intriso di quella dolce malinconia che ti porta a osservare il mondo con occhi diversi, “Un mondo a parte” è una pellicola che lancia un doloroso grido d’allarme: s’intervenga al più presto per preservare, conservare e rilanciare i nostri borghi e i nostri comuni montani, le nostre aree interne e i nostri centri urbani periferici. Il turismo green, lento, sostenibile sta ridestando – non senza difficoltà – attenzioni verso questi territori, ma tali politiche di sviluppo da sole non bastano. Gli Enti locali, se lasciati da soli, non possono fare miracoli. Urge la mano del legislatore, del cambiamento piramidale e sovracomunale ma, soprattutto, la piena consapevolezza che questi angoli della nostra bellissima Italia rappresentano una risorsa dal valore inestimabile. Sono la nostra essenza, non ignoriamolo.