[Recensione] “Spaceman”: Adam Sandler è un astronauta triste in uno sci-fi assurdo
Cinque anni dopo il thriller “Diamanti grezzi“, Adam Sandler torna sul piccolo schermo con un film agli antipodi di quelli che lo hanno reso noto, “Spaceman“.
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Un’eredità che l’attore cinquantasettenne sembra voler mettere da parte dedicandosi a ruoli più drammatici, come quello di Jakub, che interpreta nel suo ultimo film, da poco su Netflix.
Spaceman – la trama
Il titolo sembra uno spoiler alquanto evidente, almeno per quanto riguarda l’ambientazione.
Jakub (Adam Sandler) è infatti un astronauta ceco scelto dal suo Paese per studiare una misteriosa nube di polvere di stelle viola che sovrasta la Terra. Una nube che attira la brama del governo Sudcoreano, contro cui inizia una vera e propria corsa, in cui l’astronauta è messo sotto pressione dal capo (Isabella Rossellini).
Ma il lettore non si lasci ingannare da questa breve sinossi. “Spaceman” non è una maratona spaziale, per quanti rientri nel genere sci-fi, ma è più un viaggio iniziatico incentrato sull’introspezione.
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È sotto questo aspetto che si comincia a percepire la grande differenza rispetto ai soliti personaggi interpretati da Adam Sandler. L’astronauta, perso nelle stelle, si ritrova ad avere molto “tempo libero” in solitudine e ne approfitta per fare un bilancio della sua vita, soprattutto per fare il punto sulla relazione con sua moglie Lenka (Carey Mulligan).
Riflessioni che vengono però interrotte nel momento in cui Jakub accoglie nella sua navicella una creatura che decide di chiamare Hanus (sì, proprio così). Si tratta di una tarantola gigante dotata di parola, una sorta di “psicologa” che accompagnerà Jakub nei meandri della propria mente.
Un film che divide
Con queste premesse, questo film di Netflix sembrerebbe il risultato di un esperimento in cui si chieda all’intelligenza artificiale di realizzare un lungometraggio al massimo livello di stranezza. “Spaceman” è invece tratto da un romanzo: si tratta di “Spaceman in Bohemia“, scritto dall’autore ceco Jaroslav Kalfař, uscito nel 2017. Un libro di fantascienza, ovviamente, che, con un pretesto “spaziale”, si concentra di più sullo studio della psiche umana.
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L’adattamento filmico diretto da Johan Renck sembra spaccare la critica. Da un lato, c’è chi elogia la performance degli attori protagonisti – anche se Carey Mulligan avrebbe avuto molto più da offrire. Ma, d’altra parte, le metafore e le parabole elaborate dalla sceneggiatura sembrano non riuscire ad andare oltre una certa superficialità. Una caratteristica unanimemente sottolineata dalla critica riguardo il finale che rimane aperto ed è stato definito dai più “pigro“.