[Recensione] “Silent Night” di John Woo è un revenge movie tanto spettacolare quanto prevedibile
Venti anni dopo Paycheck, il regista hongkonghese John Woo è tornato negli States per girare il suo ultimo film, Silent Night – Il silenzio della vendetta, che arriverà nelle sale italiane il 30 novembre.
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Con il suo stile inconfondibile, John Woo torna a Hollywood dopo cult come Face/Off, Nome in codice: Broken Arrow e Mission: Impossible II avvalendosi del prezioso aiuto dei produttori di John Wick per realizzare un revenge movie adrenalinico in cui l’azione conta letteralmente molto più delle parole.
Intenso protagonista di questa pellicola è Joel Kinnaman. Già apprezzato in noti action movie come Robocop (2014) e nel ruolo di Rick Flag in Suicide Squad e The Suicide Squad – Missione suicida, Kinnaman è il volto senza voce di questa spietata storia di vendetta ambientata durante la notte di Natale, tutt’altro che calma e che si tingerà di rosso sangue.
Nel cast anche Scott Mescudi, in arte Kid Cudi (X – A Sexy Horror Story), e Catalina Sandino Moreno (Maria Full of Grace).
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John Woo enfatizza le scene mozzafiato facendo leva su tutti i sensi dello spettatore, rinunciando alla parola ma arricchendo la scena con numerosi effetti speciali, sparatorie e inseguimenti da urlo che garantiscono a chi guarda seduto in sala un’esperienza cinematografica da godersi appieno sul grande schermo.
Ne è un perfetto esempio l’incipit di Silent Night: primissimi piani su un palloncino rosso che vola verso il sole e poi il busto di un giovane uomo che corre. Indossa un maglione natalizio con renna e pon-pon annessi e porta al collo una lunga collana con un campanellino. Ancora altri zoom su nuovi dettagli: le mani insanguinate dell’attore protagonista, il suo battito accelerato e il suo respiro affannato ma regolare. Joel Kinnaman corre trafelato per la strada. Sta scappando o sta rincorrendo qualcuno, qualcosa?
Si sentono spari e sgommate: un regolamento di conti con tanto di inseguimento sanguinolento tra un’auto arancione e una blu. Tra questi si inserisce il protagonista, che alla fine della scena riceve una pallottola nella gola.
La corsa in ospedale a bordo di una barella si alterna a quella di una giovane donna (Catalina Sandino Moreno) nei corridoi della struttura. Sul suo volto lacrime rosse: scorrono sul sangue altrui di cui sono coperte le sue guance e ne prendono il colore.
Solo dopo il risveglio del protagonista, rimasto muto a causa dell’intervento, scopriamo a piccoli passi cosa succede: l’uomo è Bryan, molto probabilmente un agente di polizia, sposato con Saya (la giovane donna di cui però scopriremo il nome solo nella seconda metà del film).
La loro vigilia di Natale si è trasformata nel peggiore degli incubi di un genitore: mentre in giardino aiutano il figlio Taylor a provare la bicicletta ricevuta come regalo, facendo spazio agli altri pacchi sotto l’albero, un proiettile vagante colpisce il bambino uccidendolo sul colpo. Istintivamente Bryan inizia una disperata rincorsa ai gangster che provano a ucciderlo dopo essere stati visti in volto.
Le voci provenienti dalla radio ci fanno capire come il tempo passi, mentre la difficile e silenziosa convalescenza di Bryan si trasforma in un bisogno di vendetta, meticolosamente prevista per il successivo 24 dicembre.
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John Woo fa un lavoro sensazionale facendo percepire il cambiamento in Bryan (che vive nel silenzio, parlando con sua moglie solo attraverso freddi e asciutti sms) solo attraverso il suo sguardo.
Prima che inizino i veri e propri preparativi: il protagonista scrive “Kill them all” (“Uccidili tutti“) sul calendario e mentre i giorni scorrono lenti, si prepara alla vendetta. La sua rimessa diventa il suo studio, la sua palestra, la sua officina.
Tra lavagne ricche di foto e frecce colorate e gli esercizi nella tecnica del drift, Bryan si prepara ad imitare uno di quei film di cui in realtà è protagonista. Lo vediamo letteralmente imparare ad uccidere attraverso dei tutorial online.
Per quanto la prima metà del film sia fortemente patetica (nel significato letterale del termine) e catartica, nonostante lo sforzo di toccare temi come il lutto, la fine di un matrimonio, la droga e il fascino delle babygang con l’aggiunta dell’elemento natalizio per suscitare lacrime facili, Silent Night è un classicissimo revenge movie dalla struttura canonica.
Un film d’azione e vendetta senza esclusione di colpi, senza risparmiarsi su rocamboleschi inseguimenti, sanguinolente esecuzioni, decapitazioni, lotte armate e mutilazioni. Per quanto sia facile entrare in empatia con il protagonista che abbandona ogni tipo di emozione che non sia il desiderio di farsi giustizia da solo, nella seconda metà del film i conoscitori del genere rischiano di annoiarsi.
Non che la messa in scena sia poco avvincente o priva di effetti speciali, ma possiamo ammettere che dal momento in cui scatta il sentimento di rivalsa nel protagonista, lo spettatore sa bene come andrà a finire il film. O al massimo può prepararsi a quel paio di varianti del genere vendicativo, prevedendo tranquillamente persino i due colpi di scena tipici e non riuscendo quasi ad essere in apprensione per le sorti del personaggio.
Soprattutto se per circa un’ora di film, mentre i minuti vengono scanditi dal suono del pendolo di Newton e dalle croci rosse sul calendario, si vede il protagonista ripetere ossessivamente i suoi allenamenti e preparativi in solitaria in attesa del prossimo 24 dicembre.
Insomma l’ultimo film di John Woo è un prodotto visivo in grande stile, con una componente emotiva che sicuramente riuscirà nel suo obiettivo, dettagli, effetti speciali e colonna sonora (realizzata dal due volte premio Oscar Marco Beltrami, che offre le più svariate versioni del canto natalizio che dà il titolo al film) all’altezza dei precedenti capolavori del regista.
Ma il misterioso inizio in medias res, realizzato grazie ad un montaggio quasi psichedelico di primissimi piani e dettagli non solo visivi, lascia il posto alla prevedibilità di uno spettacolare e straziante film che purtroppo non inventa nulla di nuovo.