[Recensione] – “Oceans”: un racconto che sa di miele e di fiele
“… Ma la vita è un barattolo di miele e veleno“
Dolceamara, come miele e veleno, è la sensazione che lascia in bocca Oceans, il secondo libro di Fabio Iuliano.
Un racconto lungo, a cura di Radici Edizioni, che si divora in pochissimo tempo ma ogni tanto impone al lettore una pausa per tornare a galla: quella creata da Iuliano è a tutti gli effetti “una dimensione inedita in cui c’è posto solo per l’anima e per i suoi ventuno grammi“.
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Oceans è un viaggio a ritroso nel tempo e nello spazio, ma soprattutto un percorso in un labirinto di ricordi che tornano prepotentemente a farsi sentire. In particolare, il ricordo di una notte – di quella notte – da sogno trasformatasi in un trauma.
È la storia di Simone, della sua vita di blogger e musicista che scorre a passo lento, fino a quando un’onda lo strappa dal presente morbido in cui si è rifugiato, da quell'”illusione di vivere nel migliore dei momenti possibili“.
Lisbona 7/1/2019, Roma 15/4/2017, Swansea 16/6/2016: Simone ci fa entrare nella sua mente per qualche ora in tre momenti ben diversi fra loro. Il protagonista di Oceans sembra uno degli ultimi romantici, un (non più giovanissimo) ragazzo che sembra assaporare la vita a piccoli sorsi, così come fa con la ginjinha che gli ricorda la ratafìa della sua L’Aquila.
E come un romantico a tutti gli effetti, Simone è “uno di quelli nati con la malinconia del mare lontano” che non si sente completamente a casa in nessun posto, o che forse ha troppi posti da chiamare casa. Sarà forse questo a giustificare la sua spasmodica voglia, anzi necessità, di viaggiare?
Viaggiare o fuggire dal rimorso e dal ricordo? Tra le pagine di Iuliano aleggia infatti il “fantasma” di una donna dai capelli mogano di cui Simone non riesce nemmeno a pronunciare il nome.
Il protagonista di Oceans sembra egli stesso una bottiglia che nasconde un messaggio in cerca di un destinatario a cui svelarsi. Solo, come una bottiglia che vaga libera ma trascinata dalla corrente. Che deve muoversi costantemente per non affondare, ma con la sensazione di non andare in realtà da nessuna parte. Scavando a fondo nella propria anima e sussultando regolarmente per tornare a galla a prendere una boccata d’aria.
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“Che strana sensazione veder scorrere la tua vita tra le dita degli altri” afferma Simone. Ma sembra che a confessare sia proprio l’autore: Iuliano ci consegna i suoi ricordi (si veda il disclaimer nelle primissime pagine) mescolandoli ad aneddoti, curiosità e citazioni musicali e artistiche.
In un modo sfacciatamente sincero, l’autore sembra mettersi a nudo e prendere per mano il lettore per farlo entrare nel suo mondo. Da buona guida e al contempo attento osservatore, non solo accompagna ma insegna tutto il suo sapere tra una divagazione e l’altra.
Simone/Iuliano si guarda dentro e intorno. Come se usasse una telecamera – di quelle per i filmini familiari -, zoomma e si allontana, aumentando la curiosità di chi vuole conoscere il più possibile l’inizio di questa storia. Il realismo nei dettagli porta inevitabilmente a chiedersi quanti e quali dei ricordi del protagonista siano in realtà quelli dell’autore.
Particolare attenzione merita il modo in cui viene raccontata la musica, che scorre nelle vene del protagonista insieme alla sua malinconia. A partire dal titolo che si riferisce al brano dei Pearl Jam, il racconto è costellato di rimandi a canzoni. Il culmine si raggiunge quando letteralmente viviamo un concerto live di Simone attraverso il suo punto di vista, come in un flusso di coscienza, riuscendo a sentire la sua stessa ansia che finisca presto per scoprire la verità.
Un momento che si potrebbe quasi definire “metamusicale“: mentre suona, riflette sul significato delle canzoni, divagando verso tutt’altre dimensioni, per poi riscoprire nuove accezioni di quella che sembra essere la colonna sonora della sua vita.
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Fabio Iuliano è un narratore onnisciente che gioca abilmente con la curiosità del lettore: lo stuzzica rimandando continuamente ma in questo modo lo spinge a divorare Oceans in un batter d’occhio.
Alla fine del libro, oltre i ringraziamenti a chi lo ha aiutato a trasformare i suoi ricordi e le sue conoscenze in una storia, una sorpresa per il lettore: il codice Qr per accedere alla playlist dedicata su Spotify che contiene molti dei riferimenti musicali menzionati in Oceans.
Spontaneo chiedersi come mai non sia all’inizio del libro, ma in questo modo viene l’irresistibile voglia di ricominciare a leggere dalla prima pagina con la playlist in sottofondo.
Ma Oceans è uno di quei libri da chiudere a rallentatore, conservando quel leggero sorriso che suscita la conclusione e sfiorando la copertina, come per accarezzarla. Ricordando le parole a pagina 39:
“È andata. È tempo di guarire.“