Recensione. “Masquerade – Ladri d’amore”: chi è la bambola?
– Je peux pas rester?
– Pour quoi faire? J’ai pas de cœur.
Senza cuore e senza scrupoli è il noir presentato fuori concorso al Festival di Cannes da Nicolas Bedos: “Masquerade – Ladri d’amore” uscito solo al cinema lo scorso 21 dicembre. Dopo il grande successo di “La belle époque”, Bedos mette in scena un intrigante macchinazione d’amore a metà tra il giallo e la commedia, tra apparenza e realtà, lusso e inganni, colpi di pistola, puro eros e sottile cinismo.
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Una carrellata di emozioni, piani spregiudicati, personaggi e flashback (che si alternano letteralmente in un’aula di tribunale) che non smette di stupire grazie ad un variegato cast stellare: i giovani affascinanti Marine Vacth (Giovane e bella, Pinocchio) e Pierre Niney (Yves Saint-Laurent, 20 anni di meno), affiancati da grandi interpreti del cinema francese come François Cluzet (Quasi amici – Intouchables), Isabelle Adjani (Adele H. – Una storia d’amore, Camille Claudel) e Emmanuelle Devos (Sulle mie labbra, I re e la regina). Al loro fianco l’eccellenza italiana Laura Morante che si destreggia meravigliosamente tra le due lingue.
Come suggerisce il titolo francese, “Masquerade” inizia con i protagonisti che si mascherano giocando in una stanza d’hotel prima che un colpo di pistola sposti la narrazione in un tribunale. Attraverso una serie di flashback si riparte dall’inizio: il giovane Adrien Saillard (Pierre Niney), ex ballerino infortunato, vive nel lusso prestando i suoi servizi a ricchissime donne di mezza età. Conquista l’amore e la fiducia dell’attrice Martha Duval (Isabelle Adjani) ormai sul viale del tramonto, che lo ospita, esibisce ed usa a suo piacimento. Ma durante una delle sue lussuose feste private, Adrien conosce la sensualissima ladra Margot Hansen (Marine Vacth) che per assicurarsi una bella vita in Costa Azzurra punta “al divorzio, non al matrimonio”. Adrien e Margot si innamorano e architettano una truffa ai danni di un ricco imprenditore per poter vivere nel lusso. Riceveranno il prezioso aiuto di una ex “protettrice” di Adrien, Giulia (Laura Morante), che li guiderà nelle manipolazioni. La scelta ricadrà sul malcapitato ed onesto imprenditore Simon Laurenti (François Cluzet)… ma non tutto andrà secondo i piani di Giulia.
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Nella versione originale di “Masquerade” (presentata a Roma in anteprima stampa) si può notare come due parole si ripetano continuamente nei dialoghi, pur andando a perdersi nella traduzione italiana. La parola più usata da Adrien e Margot è ridicule: con il loro quasi inverosimile cinismo, trovano tutto ciò che non li riguarda ridicolo e l’unico scrupolo che si pongono nell’arco di tutta la pellicola è proprio quello dell’apparenza. Quasi ridondante è invece l’uso del termine pute: non soltanto l’imprecazione più usata dai francesi tradotta ogni volta in modi diversi in italiano, ma chiave di identificazione dei due protagonisti. Perché questo sono Adrien e Margot: un gigolò e un’intrattenitrice, disposti a dare tutto per approfittare dell’abbondanza e del lusso di quella comunità di privilegiati ricchi annoiati, simbolo quasi stereotipato di una società per cui i due amanti complici provano una sorta di desiderio-disprezzo.
Protagonista indiscussa di questo film è soprattutto la città di Nizza ed in generale la Costa Azzurra. Dichiara infatti Bedos: “Il film è un omaggio a Nizza e alle fantasie che ispira: feste, follia immobiliare, nostalgia fitzgeraldiana. Protagonista in piena regola è l’arena in cui si giocano i destini intrecciati dei personaggi.” Inoltre “Masquerade” inizia proprio con una citazione del commediografo inglese Somerset Maugham:
“The French Riviera is a sunny place for shady people.”
“La Costa Azzurra è un posto soleggiato per persone ombrose.”
E di ombre in questo film ce ne sono a più non posso. Basti pensare a questi personaggi dalle storie contorte per cui è quasi impossibile provare empatia (se non per i coniugi Laurenti mossi come pedine dai protagonisti). Protagonisti di un noir che tratta temi come l’aborto, la violenza di genere, la corruzione mafiosa nel settore immobiliare e qualsiasi sentimento con un distacco e una velocità quasi impressionanti.
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In un film dai ritmi incalzanti, uno spunto di riflessione è offerto dalla colonna sonora finale: durante i titoli di coda risuona “La bambola” di Patty Pravo. E viene spontaneo chiedersi: chi è la bambola di chi? Se a primo impatto la risposta sembra chiara (Simon e Martha rispettivamente per Margot e Adrien), nelle ultime scene tutto viene messo in discussione. In realtà Adrien è la bambola di Martha, di tutte le donne con cui è stato e infine di Margot? Adrien e Margot sono le bambole di una società in cui si illudono di essere padroni del proprio destino? Adrien e Margot sono le bambole di Giulia che approfitta dell’ambizione dei due giovani per una vendetta personale per un torto subito undici anni prima? O ancora la rabbia e le alte capacità di Giulia (che elargisce consigli di seduzione ed è una grande donna d’affari) vengono sfruttate dal criminale Bazin per i suoi affari corrotti?
Per poter giudicare di persona, non perdete l’occasione di vedere il film e se leggendo questo articolo vi sembrerà di aver intuito come andrà a finire “Masquerade”, dovrete ricredervi. Persino durante la visione lo spettatore si illuderà di intuire la soluzione di questo sarcastico giallo, ma il colpo di scena sarà sempre dietro l’angolo. D’altronde, come dice Bedos, “In Masquerade – Ladri d’amore niente è come sembra.”
Trailer italiano: https://youtu.be/R1rfLqcflxg