Recensione di “Mia”: un vetro infranto vale più di una vita distrutta?
Tanto lei è mia, nn’è più tua. Gliel’hai dato tu quel nome no?
In questi giorni, Mia è al cinema: il film di Ivano Di Matteo con protagonisti Edoardo Leo e l’esordiente Greta Gasbarri ha raggiunto il primo posto al botteghino italiano in pochissimi giorni.
Mia “è una grande storia d’amore” aveva scritto Edoardo Leo sui suoi canali social per descrivere la sinossi del nuovo film che lo vede protagonista nelle sale italiane. “Quello di un padre per una figlia adolescente intrappolata in una relazione sbagliata. E il suo tentativo disperato di salvarla quando capisce che Mia non è più un nome ma un aggettivo possessivo.“
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Quello che nasce nel cuore della piccola Mia, una quindicenne dei nostri giorni che porta un rossetto matt sotto la frangetta perfettamente liscia e coinvolge il suo papà sempre ironico nei suoi Tik Tok, è un amore tenero che le rende le giornate a sua detta meravigliose. Un primo amore coinvolgente in cui sentirsi desiderata, guidata e protetta. Un amore ostentato con tanto di scritte sul marciapiede sotto casa, foto e video in diretta. Un amore dolce di un ventenne che non si stanca mai di stare con lei, che spegne il telefono per essere solo concentrato sulla sua presenza. O almeno così è per Mia, interpretata perfettamente da Greta Gasbarri, alla sua prima esperienza sul grande schermo.
Lo spettatore invece storce il naso alle prime frasi fatte di Marco – nei cui panni Riccardo Mandolini è fastidiosamente credibilissimo – alla scritta “Mia Sempre Mia” sotto casa dopo appena qualche giorno e all’assurda reazione di gelosia nei confronti dell’allenatore della ragazza. Per non parlare di come sia capace di influenzarne i gusti estetici fino a spogliare Mia del suo immancabile rossetto e di tutto il trucco, dell’idea del septum e dei suoi amatissimi top. Fino a spogliarla della sua capacità di intendere e di volere, della sua identità. E Mia pian piano si spegne a suon di “dai resta con me” e “che c’è? non sei felice con me?“.
Per chi guarda il film in sala è facile indignarsi ma Di Matteo ci mostra come sia altrettanto facile e quasi piacevole ritrovarsi tra le mani di un manipolatore che pian piano si insinua nella tua mente, creando crepe nella tua sicurezza, isolandoti dai tuoi affetti più cari e da te stessa. E soprattutto quanto lo sia per una quindicenne alla sua prima storia, innamorata dell’amore.
Insieme allo spettatore, il primo a notare tutti i campanelli d’allarme è il padre di Mia, Sergio per cui Edoardo Leo ci regala forse la sua più intensa interpretazione. Il papà sembra essere l’unico a rendersi veramente conto della situazione che lo farà cadere in un tormentato vortice di ansie, sensi di colpa e impotenza nei confronti della sua piccola, al punto da rimpiangere quel rossetto che trovava eccessivo e i ritardi dopo il coprifuoco, le feste con le amiche e il suo arrabbiarsi per finta, ma con la consapevolezza che sua figlia fosse un adolescente felice.
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Il primo colpo dritto allo stomaco ci viene assestato nella scena dello specchio in cui Leo ci mostra in modo crudo l’impossibilità di aprire gli occhi a chi non è consapevole della propria cecità. Ma si tratta solo della prima di tante scene che entrano nello spettatore come lame e ci restano scolpite per giorni dopo la visione. Perché Di Matteo sceglie di alternare a lunghi e disagianti silenzi, a suoni ovattati e a vetri opacizzati urla e immagini nude e crude. Mia ci sbatte in faccia dure verità, senza possibilità di scampo in un continuo dramma in cui, dopo le risate che ci regala Leo nel primo tempo, non si fa mai in tempo a tirare un sospiro di sollievo.
Per farlo il regista ha dichiarato di aver volutamente scelto di “usare la macchina a mano, cercare meno quadri e più protagonisti. Stare sui volti. Entrare dentro la scena e non assistervi. Seguirli di nascosto, rubare le loro emozioni e trasmetterle in modo immediato e vivido, senza filtri“.
In un film purtroppo molto realistico, i temi trattati sono tantissimi: in primis il rapporto padre-figlia (e con esso il gap generazionale tra chi va a pesca e chi fa video su Tik Tok sottolineato con il piacevolissimo umorismo dell’attore protagonista) e quello che non è definibile amore con violenze psicologiche e fisiche. Di conseguenza lo stalking, il revenge porn e la depressione post-traumatica nelle vittime e in chi sente di non aver fatto abbastanza per proteggerle. E ancora la droga, la violenza, l’incomunicabilità e il senso di colpa.
Ma anche la bellezza dell’amore maturo, sincero e carnale tra i genitori di Mia che si contrappone al suo rapporto malato con Marco. E la forza dell’amicizia disinteressata, dello sport di squadra e la tenera e fondamentale influenza degli animali domestici nella vita degli umani.
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Ma Mia è un film più che drammatico, un film che fa male. Perciò anche i teneri video di una bimba di circa tre anni e le note di una canzone ci riportano all’ingiustizia. Le parole del brano “Per tutta la vita” di Noemi*, straziate dal dolore di Sergio “Esplode il cuore, distante anni luce fuori da me. Sei colpa mia, la gelosia infrange tutto e resta niente” diventano colonna sonora della disperazione di un padre.
- *Si noti la precisione “temporale” nella scelta di Di Matteo: la canzone, presentata al Festival di Sanremo del 2010, è cantata nei video del film da una bimba di circa tre anni. Per cui, se Mia è nata nel 2007, può benissimo compiere 16 anni nel 2023.
SPOILER ALERT: il finale
Edoardo Leo ci fa versare lacrime insieme a lui incarnando un padre che, sentitosi finora impotente ed incapace di andare a trovare sua figlia, tenta di farsi giustizia da solo.
In un finale che lascia il fiato in sospeso più volte e sembrerebbe quasi dare il la per un sequel l’attenzione si sposta dalla piccola Mia (che proprio in quel momento sembra svegliarsi ?) alla disperazione di un uomo distrutto dal dolore, dal senso di colpa e dalla mancata fiducia nella giustizia italiana.
Infatti mentre Sergio crolla in ginocchio tra i mille frammenti della vetrina verso cui infine ha sparato, sentiamo fuori campo la lettura della sentenza per cui viene condannato a cinque anni di reclusione. Di qui la domanda sorge spontanea: un vetro rotto vale più di una vita distrutta (anzi tre)?
Le parole di Edoardo Leo
“Se siete adolescenti andateci. Se siete genitori andateci. Se siete genitori di adolescenti andateci insieme. Qualsiasi cosa siate se amate il cinema andateci e parlatevi. E poi parlatene. Mia è un film emozionante e doloroso. Che tratta temi che attraversano le nostre vite. E questo film ti attraversa senza fare sconti” – si legge sui post dell’attore.
Dopo qualche giorno dalla pubblicazione del trailer, ha aggiunto:
“Già solo dal trailer ci sono arrivate lettere di ragazze che ci hanno detto “io sono Mia o sono stata Mia“. Messaggi di genitori che vivono o hanno vissuto la storia di questo film e mi dicono “Edo… io sono stato Sergio“. Ancora mi stupisco di quanto il cinema possa entrare nella vita delle persone. Fargli da specchio, accendere una luce, una discussione. Mettere a fuoco pezzi di vita. Come ho letto in molte recensioni questo film ti resta sotto pelle per giorni e giorni. Mia è un film per tutti.“