Recensione di “Addio al nubilato 2 – L’isola che non c’è”: impossibile non commuoversi senza smettere di ridere
“Io credo nelle fate. Lo giuro, lo giuro.”
Dopo il grande successo del primo capitolo, dal 17 ottobre arriverà su Prime Video Addio al Nubilato 2 – L’isola che non c’è.
Laura Chiatti, Antonia Liskova, Jun Ichikawa e Chiara Francini tornano a vestire i panni rispettivamente della dannatamente bella fotografa Linda, della sessuologa amante del lusso Eleonora, della fragile e al contempo tanto forte quanto stravagante Akiko e della dolce e frustrata “ancora aspirante” attrice Vanessa.
Dirette ancora una volta da Francesco Apolloni, si troveranno questa volta coinvolte in un inaspettato viaggio on the road.
Ma nella seconda metà del film le protagoniste non saranno più sole. Ci sarà un ricambio generazionale quasi scioccante: il cast presente alla première presso il Cinema Adriano di Roma è composto da più che giovanissimi attori.
Con loro Antonia Liskova, Jun Ichikawa e il regista Francesco Apolloni, che nel 2021 ha firmato anche il primo fortunato film, tratto dal suo omonimo spettacolo teatrale.
Addio al nubilato 2 – L’isola che non c’è è prodotto da Minerva Pictures in collaborazione con Rai Cinema e Prime Video.
Dove eravamo rimasti
Il finale di Addio al nubilato non sembrava prevedere necessariamente un sequel: le quattro protagoniste si erano brutalmente ritrovate di fronte alla tomba dell’esplosiva e tenera Chiara, scoprendo il piano organizzato dal marito Ambrogio.
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Linda sembrava essersi lasciata andare all’amore passionale con la giovanissima Sofia (Emma Matilde Lio), figlia della sua migliore amica – quasi sorella – Vanessa.
Mentre avevamo lasciato una sconvolta Eleonora tra le braccia di El tigre (affezionatosi alla maialina addomesticata) e Akiko tra quelle dell’attore Billo/”Teddy“: una volta trovato il suo pinguino, il fenicottero rosa sembrava finalmente essersi sciolta insieme ai suoi lunghi capelli neri e aver scoperto un passionale e leggero amore.
Addio al nubilato 2
Il nuovo capitolo non può che cominciare con una marcia nuziale e con una panoramica su un singolo abito da sposa, molto più convenzionale di quello scelto da Chiara per le sue quattro amiche storiche.
Eleonora (Antonia Liskova) si prepara alle nozze con l’ominide: questo lo sprezzante soprannome che Vanessa (Chiara Francini) diede a Er Tigre (Fabrizio Nardi).
Polina, madre di Eleonora, sceglie il momento più adatto per avanzare una curiosa (quanto difficile per Eleonora) richiesta: seppellire i resti di suo padre -inesistente per la figlia ma sempre amatissimo dalla madre- secondo il rituale ebraico a confine con la Slovenia. Ma del corpo dell’uomo, saltato in aria durante un attentato a Tel Aviv, restano solo tre denti.
In un giorno così speciale subito arriva il dolceamaro ricordo di Chiara per le quattro amiche che ripetono il suo motto Siamo senza paura, ma con l’aggiunta di un ‘Nsomma di una Chiara Francini ancor più disincantata.
Eleonora viene scaricata all’altare con un audio su Whatsapp e dopo qualche esilarante flashback, la sua luna di miele si trasforma nel viaggio promesso a sua madre insieme a Vanessa, Linda (Laura Chiatti) e Akiko (Jun Ichikawa).
Ma non da sole: la cantante Enula – conosciuta per la partecipazione al talent Amici di Maria De Filippi – è la nuova Sofia, con cui Vanessa ha un rapporto sempre più pessimo.
Durante l’ennesimo battibecco tra madre e figlia, ecco che Akiko rivela di essere incinta ma anche che il padre del figlio potrebbe non essere l’appena ex Billo: ha avuto un’esperienza sciamanica con tre uomini di cui non ricorda nulla.
Dunque prima tappa alla ricerca di risposte nel rifugio spirituale frequentato da Akiko: la risata è assicurata dal primo minuto. Tra giochini erotici e imeni ricostruiti, tra cu*i e capre: siamo al ventesimo minuto e Chiara Francini fa già ridere ad ogni singola battuta, anzi ad ogni espressione facciale.
(Per i lettori marsicani: in uno degli scambi comici non manca un riferimento ad Avezzano.)
E mentre Chiara Francini si esaspera per un rapporto sessuale tantrico basato esclusivamente sul respiro, Enula canta in un modo super sexy per una sensualissima Laura Chiatti. Ma la proposta di matrimonio da parte di Sofia e poi il tradimento di Linda rovinano la magia del momento.
Diretta verso la seconda tappa – la Locanda del Pellegrino -, la combriccola di amiche perde la distrutta Sofia, ma porta con sé una capretta che non ci risparmierà lezioni e canzoncine sulla cacca.
Se in Addio al nubilato le protagoniste avevano tentato di nascondere il cadavere ancora in vita di Billo, nel sequel il limite della ragionevolezza si raggiunge quando Vanessa, Linda e Akiko estraggono letteralmente i denti ad un senzatetto.
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Durante il funerale – in cui non manca una parodia delle grandi discussioni religiose che spesso hanno creato riforme e scismi – tornano in scena Sofia e la sofferenza di Eleonora per il deturpamento dei prodotti Ferragamo: dopo la borsetta distrutta per Er Tigre, ora lo strappo della camicia per il rito funebre ebraico.
L’isola che non c’è
Quando la macchina delle sventurate amiche viene rubata da un diciassettenne, la storia subisce una svolta decisiva che ci permetterà di comprenderne il titolo.
Nel primo film, Francesco Apolloni era riuscito a trattare con delicatezza e con una non superficiale leggerezza temi come la morte prematura, gli abusi sessuali, il bullismo e l’alienità, o ancora le difficoltà della maternità e dell’essere già madre (si ricordi la potenza del discorso di Chiara Francini che rivela di provare per sua figlia tanto amore quanta invidia).
In questo secondo capitolo, le risate continuano ad esserci fino a dopo i titoli di coda (a buon intenditor poche parole!) ma nella seconda metà si avvertono un groppone in gola e le lacrime negli occhi.
L’isola che non c’è è il nome della casa famiglia di Gorizia in cui le nostre protagoniste si ritrovano loro malgrado. Ne è responsabile il quasi disperato Andrea – che fa di tutto per offrire ai piccoli ospiti protezione e speranza, per “fargli capire che il mondo non è solo una merda“.
Questo confida Andrea a Linda, rivelandogli tra le lacrime le drastiche condizioni in cui versa la casa famiglia, che rischia di dover chiudere per mancanza di fondi. Per ciò sta allestendo con i ragazzi uno spettacolo teatrale: Peter Pan.
Inizia da subito il continuo riferimento ad una delle fiabe più amate di sempre: basti pensare che i nomi dei bambini e ragazzi non vengono completamente rivelati. Quelli interpretati dai giovanissimi attori – Alessandro Notari, Ibrahima Gueye, Marzio El Moety, Francesco Maesti, Messi Halilovic, Philip Ishchenko, Francesco Panacci e Valentino Halilovic – vengono presentati come i bambini sperduti del centro di accoglienza. Con le loro genuine interpretazioni arrivano dritti al cuore dello spettatore e in pochi minuti si ergono a coprotagonisti del film.
In un tenero quanto pesante contesto, i riferimenti a Peter Pan sono molti, anzi si calano direttamente nella sceneggiatura del film: ai bambini Linda, Eleonora, Vanessa, Akiko e Enula sono presentate come fate. Ma non solo: Ibrahim citerà il discorso sulla paura di crescere del suo Peter Pan per esprimere il suo grande terrore, Ilie si riconosce nei valori di Wendy per parlare della sua sessualità, il pullmino trasandato diventerà una barca.
Proprio a questo proposito tornerà in scena Er Tigre che con la sua spontaneità e le sue abilità conquista i bambini e (chissà) riconquista Eleonora. Ah a proposito: solo ai bambini rivelerà il suo vero nome: Fabrizio. E sì, anche Eleonora lo ha sempre chiamato Tigre.
Tra fate e prove teatrali (per cui Vanessa si riavvicina entusiasta al puro teatro), Andrea lascia i ragazzi alle donne per un viaggio di qualche ora ma non fa più ritorno. Mentre le 48 ore che le protagoniste hanno prima di dover “consegnare” i bambini ad un nuovo centro accoglienza (separandoli) passano velocemente, si affrontano temi come delinquenza minorile, maternità, immigrazione (e conseguenze della separazione dei minori dai genitori), transessualità e il concetto – anzi i concetti – di famiglia.
Iniziano da subito a crearsi nuovi promettenti legami: Akiko e Ilie, Linda e Ibrahim, Eleonora e il piccolo Casper. Mentre Vanessa e Sofia scoprono finalemte tutte le carte in tavola per avvicinarsi.
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E mentre “Trilly rimane con Peter Pan“, il film si conclude lasciando gli occhi inevitabilmente umidi e un dolceamaro sorriso sulle labbra.
Perché prima di una piacevole risata finale con un suo proprio cameo, il regista ci fa sperare che anche nella vita di tutti i giorni, fuori dall’Isola che non c’è che può regalare momenti di pura ma effimera gioia, possa esserci un piccolo lietofine per tutti. Al grido di “Io credo nelle fate. Lo giuro, lo giuro.“
Ci lascia sognare che da qualche parte ci sia sempre un cristallino mare pronto ad accogliere le nostre paure e le nostre fragilità, la nostra necessità di evadere dalla realtà. Un mare che con la propria acqua salata trasformi le lacrime in una spontanea risata. E sognare che a volte basti semplicemente trovare il coraggio di svoltare a destra piuttosto che a sinistra, scegliendo “L’Isola del Sole”.
Lasciando però un sapore amaro se ci si chiede: “ma cosa succede quando l’adrenalina – o polvere di fata – si esaurisce, quando lo spettacolo finisce, quando si torna con i piedi sulla terraferma dopo una bellissima giornata sull’Isola che non c’è?“.
Eppure quella voglia a forma di fragola sulla schiena sembra offrire un bagliore di speranza.