Recensione de “Il Sol dell’Avvenire”: come Moretti tenta la conquista di Cannes76
“Il Sol dell’Avvenire è una commedia alla Moretti, dunque segnata dalla disillusione”
Mathieu Amalric
In due giorni nelle sale italiane Il Sol dell’Avvenire, il nuovo film di e con Nanni Moretti, ha già conquistato il secondo posto al botteghino.
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Il regista affronta temi a lui cari da sempre: la politica, il rapporto di coppia -soffermandosi sulla psicoterapia-, il tempo che passa e la realtà dell’invecchiare, il sentirsi in minoranza. Ma soprattutto Il Sol dell’Avvenire è un film sul cinema, tanto da essere definito “l’8½ di Moretti“.
Sinossi
Giovanni (Nanni Moretti) è un regista sempre meno in sintonia con il mondo attorno a lui alle prese con un nuovo progetto. Come sempre, la produttrice del film è sua moglie Paola (Margherita Buy), che però sta pensando di lasciarlo, anche se Giovanni non lo sa.
Nel film si alternano più piani: si parte dalla Roma di oggi in cui Giovanni prepara il suo film con Paola che questa volta si divide con il set di un film action-poliziesco – cosa che a Giovanni fa storcere il naso –, mentre le musiche sono curate dalla loro figlia Emma (Valentina Romani), che ha appena rivelato ai genitori di essersi innamorata di un diplomatico polacco settantenne (Jerzy Stuhr). Nonostante il coproduttore francese Pierre (Mathieu Amalric) manifesti un entusiasmo trascinante, non sono pochi gli affanni produttivi: non resta altro che bussare alla porta di Netflix.
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A tutto questo si sovrappongono le sequenze del film realizzato da Giovanni: nella Roma del 1956, in cui sono appena arrivati la corrente elettrica e i primi televisori, ad animare l’impegno civico è un caposezione del Pci (Silvio Orlando), un giornalista del quotidiano “L’Unità” affiancato da una tenace “pasionaria” (Barbora Bobulova). Sono i giorni in cui giunge nel quartiere un circo ungherese, proprio quando l’Ungheria viene occupata dai carri dell’Unione sovietica: uno shock per tutti, soprattutto per alcuni militanti del Pci che chiedono un segnale di discontinuità, una parola di condanna da parte di Palmiro Togliatti.
Giovanni sta anche scrivendo un film tratto da “Il nuotatore“ di John Cheever e allo stesso tempo immagina di girare un film che racconti la storia quarantennale di una coppia, con tante canzoni italiane a fare da sottofondo.
L’apologia del cinema
Quello di Nanni Moretti sembrerebbe un altro film politico ma nonostante l’evidente richiamo alla militanza nel Pci, il vero protagonista de Il Sol dell’Avvenire è il valore del cinema, inteso come sguardo vitale e necessario e che riesce ad essere sempre attuale, al di là delle seducenti sirene delle piattaforme streaming che tengono lo spettatore lontano dalla sala.
Nel comico incontro tra Giovanni e Paola da un lato e i delegati Netflix dall’altro, lo scontro tra cinema e streaming diventa quasi tragicomico davanti a una ripetizione senza sosta di algoritmi, percentuali e slogan come “siamo presenti in 190 Paesi”. Moretti, con una ironia affilata non pungola di per sé Netflix, ma quella tendenza produttiva tesa a ridurre un progetto a una tombola di numeri e cifre senz’anima.
Oppure in un’altra sequenza esilarante assistiamo allo sfogo di otto ore di Giovanni contro un giovane regista di thriller-polizieschi, che sta girando la scena di un’esecuzione criminale. Attraverso il suo alter ego, Moretti si lancia in un’accorata denuncia contro tale deriva estetica e morale, puntando il dito contro quel cinema o serie Tv che rincorrono il fascino della violenza, del Male fine a se stesso.
Un quasi musical
Uno dei sogni nel cassetto di Giovanni è quello di raccontare una storia d’amore attraverso le canzoni italiane. E così avviene: nel corso della narrazione si aprono momenti in cui irrompono i brani del repertorio italiano. Ne è un esempio la scena in cui il regista intona la canzone Sono solo parole di Noemi, guardando prima fisso in camera per poi trasformare il tutto in un momento corale all’interno di un salotto ricostruito in un teatro, con tecnici e attori che cantano e che si interrompono solo con l’urlo finale: Azione!
In altri momenti spiccano omaggi a Franco Battiato (Voglio vederti danzare), Aretha Franklin (Think) o Fabrizio De André (La canzone dell’amore perduto), cantati da tutto il cast. Scene corali, quasi oniriche, come quella in cui il regista e l’intera troupe bloccano le riprese e iniziano a girare su loro stessi come dervisci rotanti sulle note di Battiato.
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Le citazioni
Il Sol dell’Avvenire è un film sul cinema anche per i continui rimandi ad altri film: da Lola (1961) di Jacques Demy con Anouk Aimée, giocoso feticcio del protagonista che lo riguarda religiosamente ogni cinque anni all’avvio di un nuovo film, a The Father (2021) di Florian Zeller con Anthony Hopkins, citato in una simpatica invettiva contro il ripugnante uso di ciabatte e soprattutto di sabot. Ancora, spazio a San Michele aveva un Gallo (1972) dei Taviani, Apocalypse Now (1979) di Francis Ford Coppola o Un uomo a nudo (1968) di Frank Perry, dal romanzo Il nuotatore di John Cheever.
Un finale felliniano
La citazione di 8½ diventa proprio esplicita nel finale: come nel film di Fellini sul finale la parata del circo in cui si fondono film e realtà a simboleggiare il superamento della crisi del regista impersonato da Marcello Mastroianni, allo stesso modo nell’opera di Moretti va in scena una parata che simboleggia una ritrovata speranza. Una nuova speranza per tutti: per il caposezione Pci che accantona l’idea di morte per la delusione politica inseguendo un sogno d’amore; per il regista Giovanni, che nonostante crisi professionali e familiari si scopre resiliente e comunque fiducioso verso il futuro; per il cinema stesso.
Cannes76
Il nuovo film di Moretti sarà in gara alla 76° edizione del Festival di Cannes, insieme agli italiani Rapito di Marco Bellocchio e La chimera di Alice Rohrwacher.
Pubblico e critica riversano grande fiducia ne Il Sol dell’Avvenire a ventidue anni dall’ultima Palma d’oro che l’Italia ha vinto al Festival di Cannes. Nell 2001 fu proprio Nanni Moretti a conquistare la Croisette con La stanza del figlio.