Recensione. “Arcadian”: il film senza capo né coda con un eroico Nicholas Cage
Non sappiamo dove e non sappiamo quando, non sappiamo come e non sappiamo perché: insomma, non sappiamo un bel niente se non ciò che novantadueminuti di film ci propinano in modo confuso e instabile. Ma “Arcadian” è proprio così, uno spirito libero, anarchico, sfuggente, introverso. Non vuole mostrarsi e non dà risposte, preferisce che siano gli spettatori a porsi delle domande. Peccato che poi ci restino delusi. Per approcciare al film diretto da Benjamin Brewer occorre essere dissacranti e ironici perché, a volerlo prendere sul serio, c’è il rischio di rimanere estremamente delusi. Uscita da poche settimane, la pellicola è connaturata da una narrazione distopica dalle tinte fanta/horror, con protagonista Nicholas Cage e i giovani Jaeden Martell, Maxwell Jenkins e Sadie Sovarall.
Paul (Nicholas Cage) e i suoi figli Joseph (Jaeden Martell) e Thomas (Maxwell Jenkins) vivono in una fattoria cadente e grigia, isolati da altri centri urbani e dalla civiltà. Possono uscire e spostarsi solo di giorno perché la notte, al calare dell’oscurità, sono costretti a recludersi in casa, barricando porte e finestre perché fuori, tra i boschi che circondano l’abitazione, ci sono strani esseri che tentano di aggredirli. Lottano per sopravvivere, quindi, fino a che non accade un episodio che sconvolge la loro quotidianità e le loro prospettive di vita.
Ci fermiamo qui ed evitiamo ulteriori spoiler. Chi siano questi strani esseri non è dato saperlo, da dove vengano non è spiegato e perché vogliano uccidere gli esseri umani non è neanche lontanamente motivato. Come detto in precedenza, non sappiamo nulla, e questo è il primo limite di un film che non dà punti di riferimento allo spettatore. Sebbene non si fatichi molto a capire che, in passato, debba essere accaduto un evento che ha sconvolto gli equilibri tra l’essere umano e il mondo che lo ospita, manca un contesto di riferimento e, soprattutto, una storia da narrare. Siamo in presenza dell’ennesimo film d’isolamento, di sopravvivenza e di lotta con creature sconosciute come tanti, troppi, se ne sono succeduti nei decenni.
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“Arcadian” non aggiunge praticamente nulla, anzi, nonostante la regia di Brewer mostri la sua qualità in più di una circostanza, con inquadrature interessanti e – nei limiti del possibile – originali, e la fotografia riesca ad evocare le giuste suggestioni per un film di questo genere, tutto il resto è veramente poca roba. La sceneggiatura è lacunosa e indecifrata, perfino banale. Non viene esplorato alcun personaggio, né viene delineata alcuna sottotrama o linea temporale che possa dare qualche indicazione in più sui fatti che vengono riportati. Non c’è niente, è tutto così cadente e destrutturato. Anche i dialoghi, attraverso i quali il genere punta per colmare i vuoti di sceneggiatura, sono tanto, troppo superficiali.
“Arcadian” non è un’occasione persa, è semplicemente un film non riuscito. E questo nonostante il gesto eroico di Nicholas Cage che, dopo aver galleggiato per una parte del film, si rinvigorisce nel momento giusto.