Ray Morrison: “Attraverso i miei scatti racconto la discriminazione e la diversità”
Definito da Rolling Stone “uno degli autori più originali di tutto il settore”, Raimondo Rossi, in arte Ray Morrison, è un fotografo, stylist e art director perugino, che vive fra la città umbra, Roma e talvolta Los Angeles.
Stimato per la sua versatilità artistica, Ray è stato spesso inserito fra gli uomini da seguire per la moda uomo, a Firenze, a Milano, a Hollywood. Vogue, GQ, Getty Images, NZZ, GMARO ed altre riviste lo hanno fotografato per e nei suoi differenti modi di vestire, scegliendolo, a volta come “cover man”.
Ray Morrison è un fotografo che segue un criterio molto preciso. I suoi ritratti o reportage, infatti, sono rigorosamente senza Photoshop e con macchine fotografiche poco costose. Tanti gli scatti realizzati per Vogue negli ultimi due anni.
Fiore all’occhiello per la creatività targata Made in Italy, Ray Morrison è un personaggio eclettico del fashion system mondiale che ha rivelato molto di sé in questa nostra intervista.
Leggendo la sua storia abbiamo notato che in realtà ha un passato da matematico. Come si è avvicinato poi al mondo della fotografia?
Sin da bambino ho respirato in casa l’aria dell’arte. Amavo guardare mia madre che durante i nostri viaggi i camper in giro per l’Europa si dilettava a scattare con la sua macchina fotografica. L’interesse per la fotografia è nata in quel momento. Poi circa sette anni fa ho accompagnato una mia amica ad iscriversi ad un corso di fotografia. Decisi di iscrivermi anche io e questo mi ha permesso di apprendere le nozioni tecniche. In quel momento avevo già iniziato a fare qualche reportage come blogger nei backstage e ricevevo inviti per partecipare alle sfilate. Dopo la teoria ho iniziato a fare pratica. Grazie ai backstage di moda ho iniziare a fare esperienza.
Fotografo ma anche art director. È più legato al mondo della fotografia o del cinema?
Pur avendo una forte passione per il cinema, il mio mondo è la fotografia. A volte ricopro il ruolo di art director e questo avviene quando una rivista mi affida il compito di scegliere un team di persone per realizzare dei video collegati a editoriali fotografici. Trovo comunque molto interessante questo collegamento perché il modo di comunicare della fotografia è diverso da quello dei video. Interconnessi tra loro, possono dare ancora più forza e risalto ai messaggi che in un determinato lavoro decido di trasmettere.
Nel momento in cui ha deciso di diventare fotografo in che modo ha lavorato per arrivare al punto in cui si trova ora?
Come accennavo prima, due riviste inglesi, British Thoughts Magazine e FabUK magazine (Fab sta per Fabulous) mi affidarono il compito di realizzare dei reportage fotografici durante le fashion week italiane, sia nel corso delle sfilate che nel backstage. Disponevo già dei pass per fare il reportage, visto che avevo da poco inaugurato un mio sito personale chiamato “The Style Researcher Magazine” ( www.thestyleresearcher.com ). Lavorare contemporaneamente sia per il mio sito che per le due riviste mi ha permesso di definire il mio stile fotografico e i miei interessi nell’ambito della moda e della fotografia.
Quanto è importante lo studio della tecnica e della storia della fotografia?
Sono sincero. Nel mio caso non è stato molto importante. Frequentando i corsi di fotografia ho avuto modo di apprendere le nozioni base di storia della fotografia e di tecnica, ma per scelta personale ho cercato di evitare di sentirmi influenzato dallo sguardo di altri fotografi. Preferisco che l’immagine sia frutto della sensibilità e della realtà che mi circonda. Estrapolare un’immagine e renderla unica deve dipendere solo da me e non da quello che ho studiato.
Quando ha capito di aver raggiunto un suo stile?
Ho capito di aver raggiunto un mio stile quando Vogue Italia ha ripetutamente inserito alcune mie foto nelle loro selezioni. E’ stato bello sapere che molte foto di reportage ritrattistico venivano apprezzate. Questo mi ha dato anche una spinta maggiore ad andare avanti in questo lavoro e a poter esprimere al meglio quello che sentivo.
In questo momento storico si parla tanto di “body shaming”. Cosa pensa a tal proposito? Secondo lei le modelle e i modelli devono essere sempre impeccabili o ama trovare la bellezza nei particolari?
Da anni porto avanti una battaglia volta ad abbattere quegli stereotipi estetici che condizionano la società. Ho sempre dato spazio a questo argomento molto prima che arrivassero ad occuparsene certe riviste di moda. Purtroppo oggi la moda rinuncia all’opportunità di poter contribuire ad iniziative importanti a livello sociale rischiando di diventare mero business. Considerando che l’arte si nutre di messaggi io con la mia fotografia cerco di perseguire lo stesso scopo, raccontando attraverso i miei scatti la discriminazione e la diversità per far capire che a prescindere dal colore della pelle siamo tutti uguali.
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