Quota 80 per Robert De Niro: il legame con l’Italia in una vita leggendaria
Sono passati 80 anni dal lontano 17 agosto 1943 quando nel Greenwich Village a New York nasceva il volto per eccellenza della New Hollywood: Robert De Niro.
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Figlio unico del pittore Robert De Niro Sr. e della poetessa e pittrice Virginia Admiral – che divorzieranno solo alcuni anni dopo -, il piccolo Robert crebbe con sua madre nel quartiere di Little Italy.
Più saldo è in realtà il legame dell’attore con l’Italia: i bisnonni paterni, Giovanni Di Niro e Angelina Mercurio, erano molisani originari di Ferrazzano, in provincia di Campobasso. La coppia emigrò negli Stati Uniti nel 1890.
Il destino da grande attore sembrava chiaro fin dall’adolescenza di Robert De Niro: non aveva ancora finito le scuole superiori, non aveva nulla del divo o del sex symbol, ma venne presto fuori un talento sconfinato, con cui ha saputo ridisegnare il concetto stesso di interprete, aprire la strada ad un’intera generazione di attori e attrici, cambiando la storia del cinema.
Appena sedicenne lascia la scuola per frequentare il Dramatic Workshop del Luther James Studio e la Stella Adler Theatre School. Seguì anche gli insegnamenti di Lee Strasberg all’Actors’ Studio, dove incontrò Harvey Keitel, che ritroverà più volte nel corso della sua carriera.
Debuttò sul palcoscenico con L’orso di Anton Cechov mentre fece un discreto debutto al cinema, nel 1965, come comparsa nel film di Marcel Carné, Tre camere a Manhattan.
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Un anno dopo la carriera cinematografica si prepara a prendere il volo: Robert De Niro conosce Brian De Palma con il quale gira tre commedie semi-improvvisate: Oggi sposi(1966), Ciao America! (1968) e Hi, Mom! (1969).
Ma è Martin Scorsese che rivela il suo talento di attore al grande pubblico grazie al giallo Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno (1973), in cui interpreta il focoso Johnny Boy.
L’anno successivo, il suo giovane Vito Corleone ne Il padrino, seconda parte (Francis Ford Coppola) gli valse l’Oscar come miglior attore non protagonista e dopo la sua inquietante performance in Taxi Driver (1976), Robert De Niro si afferma come attore di composizione, adattandosi perfettamente ai suoi ruoli.
Perfezionista, non esita a imparare il sassofono per il musical New York, New York (1977), a vivere al fianco di minatori-siderurgici per Il cacciatore (1978), a prendere trenta chili per interpretare un pugile sul declino in Toro scatenato (1980). Una performance che gli vale l’Oscar per il miglior attore, o ancora per imparare la messa in latino per le necessità di L’assoluzione (1981).
Ripercorrere l’intera carriera di Robert De Niro ci terrebbe impegnati fino al prossimo compleanno e sicuramente rischieremmo di dimenticare qualcuno degli oltre cento film in cui ha recitato, i venticinque da lui prodotti e i due che ha diretto (“Bronx” e “Good Shepherd – L’ombra del potere“).
Senz’altro degno di nota è il ricco sodalizio artistico tra Martin Scorsese e Robert De Niro che hanno lavorato insieme in dieci lungometraggi e un cortometraggio, iniziato nel 1973 con il film «Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno». È stato Brian De Palma a presentare De Niro al regista nei primi anni Settanta.
Il film gli ha permesso di saldare per bene il suo legame con Little Italy nelle cui strade ha costruito la sua fama con “Taxi Driver” (1976) per poi tornarvi mille volte come in “C’era una volta in America” (1984) e poi affondare le sue radici nel quartiere di Tribeca (quello delle Torri Gemelle), promuovendo il Film Festival nel 2003 e sviluppando un’impresa immobiliare che oggi gli permette di fare cinema come hobby personale.
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A distanza di quasi vent’anni da «Hi, Mom!» (1970) l’attore è tornato ancora a lavorare con il suo scopritore De Palma per “The Untouchables – Gli intoccabili” (1987) in cui interpretò il boss Al Capone. Due curiosità sulla pellicola: durante le riprese De Niro ha dovuto indossare alcune protesi non avendo avuto tempo per ingrassare e assomigliare al gangster – trasformandosi come suo solito – e ha utilizzato numerosi oggetti, e abiti, realmente appartenuti ad Al Capone.
Un po’ per l’indissolubile sodalizio con l’amico Scorsese , un po’ per la sua diretta esperienza tra il Bronx e Little Italy, è stato gangster e poliziotto, detective e criminale con assoluta naturalezza ed è difficile scindere il suo talento da personaggi indimenticabili cui la vita ha riservato rabbia, brutalità e redenzione.
Sugli schermi italiani, De Niro si è fatto strada nel cuore dei fan con le voci dei suoi doppiatori storici, Ferruccio Amendola e Stefano De Sando. L’attore ha anche avuto la voce di altri doppiatori, tra cui Gigi Proietti (in “Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno“, “Gli ultimi fuochi“, “Casinò“) e Pino Colizzi (“Il padrino – Parte II“).
Negli Stati Uniti fu invece Robert De Niro a doppiare Massimo Troisi nella sua opera ultima e più intima, Il postino (1994).
Giunto a quota 80, Robert De Niro con alle spalle una carriera leggendaria, due matrimoni e sette figli (di cui l’ultima nata solo un anno fa) ha eretto l’Italia a sua seconda patria. “La mia carriera non sarebbe stata la stessa se non avessi lavorato con grandi registi italiani e italoamericani come Scorsese, Coppola, Bertolucci, De Palma, Leone… Ed eccomi qui grazie Italia” annunciava pubblicamente nel 2020, in occasione dei festeggiamenti del 4 Luglio.