Quentin Tarantino accusato di razzismo: “usa troppo spesso la parola negro”
Ancora uno scandalo razzismo a Hollywood. Questa volta, a finire sotto la lente d’ingrandimento della polemica è Quentin Tarantino, regista che, neanche a farlo apposta, si è spesso messo in prima linea per denunciarlo e contrastarlo. Ancora una volta, protagonista della scintilla che ha acceso la miccia è stato John Ridley (sceneggiatore di “12 anni schiavo” che ha fatto parlare di sé anche per la richiesta – francamente opinabile – di rimuovere temporaneamente il capolavoro Via col Vento perché “razzista”) che ha accusato Tarantino di usare troppo spesso e non sempre nel modo corretto la parola “negro”.
“La parola viene usata per il gusto di farlo”, accusa Ridley. Accuse, queste, che sono piuttosto instabili e contraddittorie. Oltre allo slang a stelle e strisce di cui Tarantino infarcisce i suoi dialoghi, a testimonianza di come determinate “licenze poetiche” siano ben presenti nella società statunitense, andrebbe anche ricordato che lo stesso viene usato esattamente per denunciare una condizione lessicale e linguistica assolutamente arretrata, bigotta e, spesso, impari, nei confronti della comunità afroamericana.
Basterebbe ascoltare con maggiore attenzione i dialoghi del film “Django”. La storia, ambientata in un contesto storico ben preciso, viene narrata secondo gli stili linguistici razziali dei nostri giorni, a perfetta testimonianza di come, pur passando le epoche e cambiando gli usi e i costumi, alcune perversioni e illogicità culturali sono ancora ben ramificate nella società americana. Una denuncia palese, resa tale da un gergo volutamente sopra le righe che altro scopo non aveva se non quello di far apparire il razzismo per ciò che è, ossia un’offesa voluta che, in molti casi, si esplica attraverso l’uso della parola e non della violenza fisica.