Quelle accuse a Joey Armstrong e la fine della Burger Records
L’etichetta californiana Burger Records è finita al centro dell’ultima riprovevole accusa di molestie. Perché se l’antagonista diretto sembra essere Joey Armstrong (25 anni, figlio di Billie Joe Armstrong, frontman dei Green Day) è l’intera casa discografica, giustamente – si fa per dire – a chiudere bottega.
La B.R. è accusata di perpetrare e favorire comportamenti inaccettabili, chiudendo gli occhi di fronte ad atti di molestie compiute, ma anche a danni dei propri artisti
Tutto il marcio nascosto è stato reso noto soprattutto grazie all’account Instagram “Lured By Burger Records”, nato per dare voce a tutte le vittime, alle accuse, e alle testimonianze che gravitano attorno all’etichetta. È proprio su famoso social network che tutta la vicenda ha avuto risonanza. Il primo comunicato ufficiale della Burger Records riporta:
“Sono state portate alla nostra attenzione diverse storie su artisti Burger impegnati nell’adescamento di ragazze minorenni per sesso, relazioni costruite sullo squilibrio di potere, e incoraggiamento di pornografia da parte di minori. Con questo in mente, vogliamo ricordare a tutti i nostri artisti, e informare la comunità della Burger che abbiamo da tempo una politica di tolleranza zero per questo tipo di comportamento. Tolleranza zero significa rimozione completa da tutte le piattaforme Burger, distruzione di media fisici, e fine dei nostri accordi con voi, nessuna domanda e nessuna eccezione. Se la vostra situazione lo richiede, la segnaleremo alle autorità.”
La Burger Records è stata quindi attaccata per aver promosso un ambiente e delle relazioni decisamente poco sane ed addirittura, in alcuni casi, illegali. Il caso di Joey Armstrong e della sua band SWMRS è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Con un post Instagram della scorsa settimana, Lydia Night (19 anni) ha accusato Joey Armstrong di violenza sessuale, coercizione ed atteggiamenti predatori. La confessione di Lidya arriva come commento ad un post degli SWMRS contro il patriarcato, di solidarietà alle donne… un post alquanto ipocrita alla luce del comportamento dei suoi membri. L’ipocrisia, in una situazione come questa, non è un lusso che ci si può permettere in momenti e contesti storici simili.
Lydia, leader della band The Regrettes, ha avuto una relazione con Joey all’età di 16 anni, quando lui ne aveva quindi 22. Il racconto di Lidya ci mostra una dinamica ormai tristemente normalizzata nella società e nello showbiz in generale: un uomo più grande e più potente che gradualmente trasforma una relazione in un contratto strettamente vincolante per la donna.
La ragazza racconta della loro storia, iniziata come tutte le storie tra adolescenti, ma qui si parla anche di lavoro, essendo entrambe band appartenenti alla Burger Records. La relazione con Joey – che, ricordiamo, all’epoca aveva 22 anni – si è progressivamente trasformata: a Lydia è stato chiesto di tenere segreto questo rapporto per poi passare a continue pressioni per avere rapporti sessuali, nonostante la sua chiarezza nel non essere, al momento dei fatti, d’accordo.
La risposta a Lydia è pervenuta tramite un breve e fin troppo generico post dall’account degli SWMRS:
“Ciao a tutti, vorrei rispondere al post Instagram di Lydia riguardo alla nostra relazione. Anche se non concordo con alcune delle cose che ha detto su di me, è importante che le sia permesso di dirle e che sia appoggiata per averne parlato. La rispetto immensamente e accetto totalmente il fatto di averla delusa come partner. Sono stato egoista e non l’ho tratta nel modo che meritava sia durante la nostra relazione che nei due anni successivi alla nostra rottura. Mi sono scusato con lei in privato e spero mi possa perdonare, se e quando sarà pronta. Ammetto i miei errori e lavorerò duramente per riguadagnare la fiducia che ho perso – Joey”.
Inutile qui analizzare come in fondo l’intero post non sia altro che un “contentino”, in quanto costituito da parole – poche parole – decisamente troppo lievi vista la gravità della situazione e vista anche la più lunga e quasi più accorata risposta generica fatta dall’intera band in un precedente post.
C’è da dire, tra l’altro, che Joey ha pubblicato le sue scuse tramite l’account degli SWMRS, lasciando il suo profilo personale praticamente immacolato
Successivamente, data anche la portata mediatica degli eventi, la Burger Records dichiara di aver apportato modifiche all’organico direttivo, chiamando Jessa Zapor-Gray al ruolo di presidente ad interim. Riorganizzazione, cambio di nome in BRGR RECS e volontà di creare una label solo per donne (BRGRRRL) non sono ovviamente bastate a ripulire il nome dell’etichetta. Non solo, Jessa ha espresso in un comunicato ufficiale la sua volontà di allontanarsi del tutto dall’etichetta. Per concludere, il cofondatore Sean Bohrman ha comunicato qualche giorno fa di aver preso la decisone di chiudere definitivamente l’etichetta; i brani usciti sotto la Burger Records saranno rimossi dalle piattaforme per lo streaming musicale ma gli artisti saranno liberi di uploadarle di nuovo personalmente, avendo mantenuto tutti i diritti sul loro lavoro. Anche il festival Burger Boogaloo, organizzato dalla Total Trash Production di Oakland, ha preso posizione riguardo le vicende, garantendo l’allontanamento di tutte le persone negativamente coinvolte e annunciando la volontà di cambiare nome, per sottolineare la distanza messa tra il festival e la Burger Records.
C’è, di fondo, una grande problematica di base, laddove degli adolescenti talentuosi e con la voglia di suonare vengono messi a stretto contatto – malsano – con band molto più grandi di loro, dove adulti possono indisturbatamente far presa su ragazzi e ragazze, sfruttando il proprio status di idoli e la voglia di emularli dei giovani musicisti. Favoriti per giunta dal contesto creato dalle stesse label.
Questi sono solo parte degli effetti a catena scatenati dal passaparola su Instagram. Il coraggio di Lydia, come di tanti altri, di farsi avanti raccontando cosa davvero nascondano le diverse scene musicali ha portato a concrete prese di posizione, con risultati effettivi in breve tempo – tra il post di Lydia e la chiusura della Burger Records sono passati soltanto due giorni!
Certamente, Lydia Night non è stata né la sola né la prima a parlare chiaramente delle molestie presenti nella scena musicale californiana. Uno dei primi casi è quello riportato da una giornalista che dovendo intervistare la band The Growlers, sempre sotto la Burger Records, si è trovata di fronte ad una “richiesta”: alzati la maglietta altrimenti niente intervista.
Capiamo quindi che il giro di vessazioni è molto più ampio e subdolo
Non stiamo certo parlando di un’etichetta discografica da impero mondiale, ma la Burger Records è stata un’importante istituzione nell’area californiana e per la scena punk rock e garage rock sin dalla
sua creazione, nel 2007. L’unione e la raccolta di più testimonianze, la creazione di Lured By Burger, e la capacità di persone interne alla stessa Burger Records di comprendere la situazione e di schierarsi apertamente hanno garantito la chiusura di un ambiente estremamente nocivo.
Ogni minima azione può davvero fare la differenza
Qualcuno potrebbe a questo punto invocare il beneficio del dubbio – non sono inesistenti casi di accuse false o poco veritiere – ma sarebbe come mettere sullo stesso piano un ipotetico molestatore e un’ipotetica vittima; il confronto non può e non deve assolutamente reggere. Al tempo dei Social, dell’individualismo estremo, della ricerca spasmodica dei 15 minuti di notorietà, effettivamente chiunque può inventare storie su qualsivoglia volto noto ma, se su venti storie di abusi se ne trovano tre false, avremmo comunque ottenuto diciassette verità. Diciassette persone che hanno avuto il coraggio di parlare e che meritano tutto il sostegno possibile.
È una questione spinosa di cui occorre salvare il lascito finale: coraggio, giustizia e buon senso hanno portato a risultati concreti. Almeno questo volta.