Quando Vasco Rossi abbandonò il palco dell’Ariston per protestare contro il playback
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Tra il Festival di Sanremo e l’utilizzo del playback è sempre stato in vigore una sorta di armistizio, un accordo tacito di reciproca sopportazione ma di conflitto perenne, soprattutto a partire dagli anni Ottanta. Un amore mai sbocciato, in effetti, più simile a un “volemose bene”, per dirla alla romana, che a una concreta e imprescindibile necessità. Certo, fino a che si è reso necessario ha fatto comodo a tutti, artisti compresi, ma quando ha poi assunto il ruolo di parte in causa di un teatrino dietro a microfono e strumenti, allora anche il grande pubblico ha iniziato ad aprire gli occhi.
ùE così, da alcune flebili proteste, timide e in punta di fioretto, in diverse occasioni si sono elevati cori di disapprovazione. La musica dal vivo è tale se qualcuno la suona, altrimenti rischia di sfociare in una recita, a volte anche un pochino grottesca, diciamoci la verità. Tanti i casi di dissenso o ribellione, fra questi va annoverato quello di Vasco Rossi all’edizione del 1983. Il rocker di Zocca portò sul palco dell’Ariston la canzone “Vita Spericolata“, che sarebbe diventata una delle sue più grandi hit, un inno generazionale capace di aggregare e commuovere, di segnare il suo percorso artistico e di fare numerosi proseliti in giro per l’Italia. Era la terza serata, quella conclusiva, la finale.
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Camicia celeste e pantaloni bianchi, il Blasco si posizionò dietro l’asta del microfono, mani in tasca e atteggiamento apparentemente annoiato. Partì il brano – in playback – e cantò di fronte al pubblico presente in sala. O meglio, mosse le labbra. Prima della conclusione del brano e più precisamente prima che partisse il coro conclusivo del pezzo, andò via. La protesta contro la diffusione della registrazione del singolo fu spiazzante, soprattutto per gli spettatori e gli addetti ai lavori che, spiazzati, applaudirono, probabilmente non capendo cosa realmente stesse accadendo.
Il gesto generò un grande scalpore mediatico ma contribuì a rafforzare l’immagine di Vasco come artista ribelle e anticonformista, soprattutto in un contesto ingessato e formale come quello del Festival di Sanremo. L’episodio accese un forte dibattito sull’utilizzo del playback al Festival. Molti artisti e addetti ai lavori espressero solidarietà nei suoi confronti, mentre altri ne criticarono il comportamento. Ma la protesta di Vasco Rossi fece anche sì che l’opinione pubblica s’interrogasse sulla questione del playback. In quell’edizione “Vita Spericolata” si classificò al penultimo posto, prima di “Cieli Azzurri” di Pupo e dopo “Arriva Arriva” di Viola Valentino. Praticamente un abbaglio clamoroso. Uno dei tanti, verrebbe da specificare.
Il trentatreesimo Festival di Sanremo, condotto da Andrea Giordana affiancato da Isabel Russinova, Emanuela Falcetti e Anna Pettinelli, fu vino dal brano “Sarà quel che sarà” di Tiziana Rivale, singolo che ebbe un discreto successo ma che non contraddistinse la carriera della cantante che, invece, non fu particolarmente fortunata. Anzi, tolto questo pezzo, finì presto nel dimenticatoio. Al secondo e terzo posto si posizionarono Donatella Milani con “Volevo dirti” e Dori Ghezzi con “Margherita non lo sa”, ma al quarto e quinto posto arrivarono i Matia Bazar con “Vacanze Romane” e Toto Cotugno con “L’Italiano”. Insomma, un podio non proprio indimenticabile.