La storia di Quadrophenia, il leggendario album dei The Who
Il suono del mare: così si apre “Quadrophenia”, il sesto album dei The Who. Un suono raccolto da Pete Townshend con un registratore a nastro. E Townshend stesso, autore di questa opera rock uscita nel 1973, ripercorre la genesi dell’album nel documentario “The Story of Quadrophenia”, in onda questa sera, martedì 22 marzo, alle 22.55 su Rai 5.
“Quadrophenia” è l’unico album dei The Who interamente composto dal solo Pete Townshend, che ideò la storia ripercorrendo i primi anni di attività della band e gli anni della cultura Mod, un movimento giovanile che creato una popolare moda estetica e aveva musicale. I mods portavano i capelli tagliati alla francese, indossavano giubbotti parka, pantaloni stretti e mocassini, e giravano in scooter, al dei rivali rockers, che preferivano le motociclette e un look più selvaggio.
Tra questi due gruppi la rivalità era accesa e scoppiavano risse di frequente (e tra queste una leggendaria sulla spiaggia di Brighton, il 18 maggio 1964). Il documentario ripercorre la storia, identificando nei travagli del suo protagonista un parallelo con la crescita intellettuale e la crisi di identità della band. L’uscita di dischi come “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd, “Houses of the Holy” dei Led Zeppelin, “Berlin” di Lou Reed e “Selling England by the Pound” dei Genesis, segnò la morte definitiva, musicale, dei Sessanta.
E poi vi è il film, immortale.
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La parola Quadrophenia è una variante del termine schizofrenia come disturbo dissociativo dell’identità e che, in questo caso, riflette le quattro personalità distinte del protagonista del film, Jimmy Cooper. Il desiderio di Pete Townshend, chitarrista degli Who e ideatore del film, è quella di ripercorrere i sogni e le delusioni della sua giovinezza, così come quelli della band, proprio associando le quattro personalità di Jimmy (Phil Daniels) ai quattro membri del gruppo.
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