Provateci voi, a essere come Tommy Lee Jones
“Provateci voi, a essere come Tommy Lee Jones”
Esclamazione, questa, spesso pronunciata negli ambienti hollywoodiani per esaltare la capacità dell’attore statunitense – oggi 78enne – di dare il meglio di sé in occasione di ogni ruolo affidatogli. E’, se vogliamo, la migliore testimonianza di cosa sia, e cosa rappresenti per il mondo contemporaneo della Settima Arte.
In tutta franchezza, se fossimo in presenza di uno sportivo, affermeremmo: “quantità e qualità“.
L’attore, nato a San Saba, Texas, può vantare una produzione cinematografica corposa e, soprattutto, di livello, come pochi altri. Ma non rimettiamoci al solito elenco di premi e celebrazioni varie, per favore. Quelli, semmai, sono un valore aggiunto. Perché se l’abito non fa il monaco (ah si?) una statuetta non fa grande un artista.
Se dovessimo elencare i nomi di coloro che, pur avendo recitato in film memorabili con prestazioni stellari e, quindi, indimenticabili, non hanno ottenuto il meritato riconoscimento, allora entreremmo in un vortice di polemiche aizzafolle mirato a spazzare via tutto, giudizi compresi. Ma si, in fin dei conti, cosa può fregarcene a noi di premi e statuette?
Tommy Lee Jones è una sorta di Re Mida. Ovunque appaia è in grado di lasciare un’impronta ben marcata, non solo nell’interpretazione del personaggio che di volta in volta è chiamato a recitare, quanto anche nello stile attoriale che egli manifesta di fronte a una macchina da presa. Per restare sempre sulla metafora sportiva, è un fuoriclasse. E dire che sportivo, e anche di buon livello, lo è stato per davvero.
Il football americano non solo lo ha tenuto lontano dai guai e dai possibili rischi derivanti da un’infanzia difficile, ma lo ha portato fino a Dallas. Dettaglio non da poco se consideriamo che fino a quel momento Tommy non aveva mai recitato. L’epifania, infatti, avviene proprio nella città in cui venne assassinato J.F.K.
Il sogno di diventare professionista svanisce quando ad Harvard, dove era andato grazie a una borsa di studio, viene scartato perché troppo esile di costituzione. E meno male. Se così non fosse stato, non sarebbe andato a New York, non avrebbe mosso i primi passi negli studios di Broadway e non sarebbe sarebbe diventato l’attore che oggi conosciamo. Dallas, Harvard, New York e… Los Angeles. In California, dopo i primi passi in sordina e le prime soap opera e telefilm, entra nel cinema che conta.
Di gavetta, tanta. Di polvere mangiata, anche. Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta le produzioni cinematografiche non gli garantiscono particolari attenzioni massmediatiche anche se prende parte a pellicole di successo come “La ragazza di Nashville” (1980), con cui ottiene la prima nomination ai Golden Globe, e “Uccidete la colomba bianca” (1989). Ma il talento c’è, e si vede. Se ne accorge un certo Oliver Stone che gli consegna un ruolo nel suo “JFK, un caso ancora aperto” (1990). E’ il momento di rottura di una carriera che da lì in poi sarà in rapida ascesa. Non sempre ruoli di primissimo livello ma comunque in grado di dargli l’evidenza che merita.
Gli anni Novanta sono quelli della consacrazione sul grande schermo. Spiccano, fra tutti i film girati, “Il fuggitivo” (1993) che gli vale l’Oscar come Miglior attore non protagonista (anche il suo film più votato su Rotten Tomatoes), “Assassini nati – natural born killers“, in cui si rinnova la collaborazione con Oliver Stone e quelli frutto dell’incontro con Joel Schumacher: “Il cliente” (1994) e “Batman Forever“(1995).
A proposito del film con il supereroe di Gotham City, proprio Schumacher rivelò: “No, non fu molto carino con Jim. Non si comportò con Jim come il vincitore di un Oscar con una stella sulla Hollywood Boulevard, membro più anziano del cast e con una così rispettabile carriera alle spalle avrebbe dovuto comportarsi con Jim. Ma ciò che accade sul set resta sul set. Tommy è, e lo dico con il massimo rispetto, uno che ruba la scena. Beh, non puoi rubare la scena a Jim Carrey, è impossibile. E credo che ciò abbia irritato Tommy”.
Il 1997 è l’anno del primo capitolo della saga “Men in black” in cui il sodalizio con Will Smith affascina Hollywood e il mondo intero. Talento, carisma e personalità da vendere per entrambi. Impossibile citare tutti i film recitati anche negli anni Duemila. Collabora con Clint Eastwood in “Space Cowboys” ma soprattutto con i fratelli Coen nel sensazionale “Non è un paese per vecchi“, pellicola tratta dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy, che vince gli Oscar come Miglior film, Miglior regia, Miglior sceneggiatura non originale e Miglior attore non protagonista.
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Nel 2007 esce “Nella valle di Elah” che gli vale la candidatura all’Oscar come Miglior attore non protagonista, esattamente come accade per “Lincoln” nel 2013. In entrambi i casi non si aggiudica il premio, ma poco importa. Come detto, sarà rilevante per alcuni e meno importante per altri. Non aggiunge e non toglie nulla alla carriera e alla straordinaria capacità recitativa di un pilastro del cinema internazionale come Tommy Lee Jones. Settantotto anni oggi, ma ancora buca lo schermo come una volta.