“Ci state uccidendo”: il mondo dello spettacolo chiede tutele e garanzie
L’universo culturale tricolore, specialmente con riguardo ai settori dello spettacolo e dell’intrattenimento dal vivo, rischia di subire un brutto colpo da questa seconda ondata del coronavirus. L’ennesimo in neanche un anno. Se a marzo la preoccupazione principale era come ripartire dopo il lockdown, la paura, adesso, è il non sapere se riuscire ad andare avanti e a portare a termine le stagioni al chiuso. Per lo meno quelle che sono iniziate perché in molti teatri, purtroppo, il sipario ancora non si è alzato.
Per qualcuno è già la “protesta dei bauli“. Ieri, in piazza Duomo a Milano, circa 500 case hanno occupato la piazza antistante il luogo simbolo della città meneghina. Un flash mob con cui alzare l’attenzione verso un settore messo a dura prova dalle norme anti contagio, falcidiato dall’assenza di pubblico e quindi di ritorno economico. Fare spettacolo senza pubblico è innaturale ma i tempi che viviamo questo impongono. Duecento posti al chiuso, mille all’aperto: questa la regola da rispettare, ovviamente tenendo in considerazione la capienza delle sale al chiuso e quindi la reale capacità di distanziare il pubblico presente.
Da recenti stime circa seicentomila persone rischiano di restare senza stipendio o lavoro qualora la situazione dovesse ripresentarsi uguale a quella di questa primavera. Le stesse professionalità che ieri hanno manifestato a Milano vestite di nero, quasi a voler esibire un lutto, suonando sui tamburi e battendo sui bauli. In molti si sono scagliati contro Giuseppe Conte, reo di non fare abbastanza per la categoria. “Ci state uccidendo” è il grido d’allarme che più volte si è alzato dalla folla.
Foto: Il Giorno.it