Properzia de’ Rossi, scultrice tra gli scultori
“[…] Giovane virtuosa, non solamente nelle cose di casa, come l’altre, ma in infinite scienzie, che non che le donne, ma tutti gli uomini l’ebbero invidia […], si cimenta con le tenere e bianchissime mani nelle cose meccaniche e fra la ruvidezza de’ marmi e l’asprezza del ferro”.
Con tali entusiaste parole, Giorgio Vasari tratteggia il profilo di Properzia de’ Rossi artista bolognese del XVI secolo, passata alla storia per aver dedicato la sua esistenza a un’attività ritenuta all’epoca di esclusivo appannaggio maschile: la scultura.
TALENTO PERSEVERANZA E NOCCIOLI DI FRUTTA
È proprio grazie alla celebre raccolta biografica del Vasari “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architettori” (1530) se gli studiosi sono riusciti a ricostruire le principali tappe della breve ma luminosa parabola artistica di Properzia, prima scultrice d’Europa, così tenace e rivoluzionaria da meritare un intero capitolo nell’opera dello storiografo aretino.
Properzia de’ Rossi nasce in una famiglia benestante di Bologna nel 1490. Il padre Girolamo, notaio di ampie vedute, intuisce subito la propensione della figlia per le discipline artistiche, in particolare per la creazione di manufatti, così la manda a bottega dall’incisore Marcantonio Raimondi.
La sua passione di intagliare per diletto noccioli di frutta si rivela un ottimo allenamento ai fini della manualità e della miniatura, tanto da permetterle di entrare nella ristretta cerchia del pittore medaglista Francesco Raibolini, detto “Il Francia”.
Certamente attribuibile al suo ingegno è lo stemma della famiglia Grassi, una raffinata aquila bicefala realizzata in filigrana d’argento, cristallo di rocca e legno di bosso, oggi conservata al museo civico Medievale di Bologna. Nella preziosa montatura in metallo, con tutta probabilità eseguita dai fratelli orafi Giacomo e Andrea Gessi, Properzia incastona dodici noccioli di pesche da lei finemente intagliati con figure di santi e beati.
LA FABBRICA DELLA BASILICA DI SAN PETRONIO
Dagli esigui documenti giunti fino a noi emerge che l’ingaggio più prestigioso ricevuto da Properzia è quello di scultrice alla Fabbrica della Basilica di San Petronio a Bologna, incarico di notevole importanza per una donna in un cantiere di soli uomini. Delle realizzazioni dell’artista sono pervenute soltanto due formelle in marmo realizzate per il portale della basilica e ora conservate al museo di San Petronio in perfette condizioni. I due mirabili bassorilievi rappresentano rispettivamente Giuseppe che fugge dalla moglie di Putifarre e L’accusa della moglie di Putifarre; in base a un racconto contenuto nella Genesi, il patriarca Giuseppe viene venduto come schiavo a Putifarre, capo delle guardie del faraone d’Egitto e viene insidiato dalla moglie di quest’ultimo, segretamente invaghita del giovane.
Ciò che colpisce nello stile scultoreo di Properzia de’ Rossi è la perfetta commistione tra il Manierismo romano e il dato naturalistico di stampo rinascimentale. Nel primo bassorilievo la moglie di Putifarre è colta nell’ardita posa di ghermire Giuseppe che fugge, ma sono i dettagli naturalistici a dare letteralmente vita ai personaggi: la mano della dama che affonda nel cuscino, la trasparenza della veste, i seni lasciati scoperti.
Per la prima volta in un episodio biblico, è la donna ad essere messa in risalto con i suoi gesti imperiosi, la sua sensualità, le membra possenti e vigorose che rimandano alle Sibille michelangiolesche; fisicità in netta contrapposizione con il corpo più esile ed etereo della figura maschile di stampo raffaellesco, lasciata decisamente in secondo piano. Un’interpretazione tutta al femminile che suscita l’ammirazione sconfinata di grandi artisti quali il Vasari e il Parmigianino e che lascia trapelare l’indole impetuosa, intraprendente e tenace della scultrice bolognese.
UNA PERSONALITÀ LIBERA DALLE CONVENZIONI
Il temperamento ribelle ed emancipato di Properzia, perfettamente a suo agio tra i suoi colleghi uomini, suscita all’interno della fabbrica di San Petronio palesi invidie, soprattutto quella dell’artista Amico Aspertini che si preoccupa di diffondere maldicenze e dicerie sul conto della giovane scultrice; sull’onda di tali diffamazioni, dopo poco più di un anno dall’ingaggio (nel luglio del 1526), la de’ Rossi è costretta ad abbandonare il cantiere, non senza prima però aver preteso una paga identica a quella del resto del gruppo, ossia sette lire e sei quattrini.
L’indole forte e il carattere indomito procurano a Properzia anche delle beghe legali come testimoniano due documenti ritrovati nell’archivio della capitale emiliana. Il primo, datato 1520, nel quale la scultrice viene citata in giudizio da un vicino di casa che la accusa di aver distrutto insieme al suo amante, il nobile Anton Galeazzo Malvasia, alcuni vitigni e un ciliegio del suo orto; il secondo invece riguarda una rissa tra gli artisti Domenico Francia e Vincenzo Miola alla quale forse avrebbe preso parte, secondo una testimonianza di Amico Aspertini, anche la giovane Properzia.
Episodi singolari che lasciano trapelare una personalità libera da pregiudizi e condizionamenti, votata interamente alla sua arte e alle pulsioni del proprio animo. Le circostanze della sua morte non sono ancora del tutto chiare, ma sappiamo che nell’aprile del 1529 è ricoverata presso l’ospedale di San Giobbe, probabilmente a causa della peste e che morirà poco dopo nel febbraio del 1530.
Secondo un aneddoto tramandato dal Vasari, il 24 Febbraio 1530, in occasione dell’incoronazione di Carlo V, Papa Clemente VII in persona chiede di incontrarla; desiderio purtroppo irrealizzabile poiché la giovane artista perde la vita appena qualche giorno prima.
Poco citata nei libri del settore, Properzia de’ Rossi ha dato nuovo impulso agli studi filologici riguardanti i talenti femminili della storia dell’arte. Tuttora oggetto di stimolanti ricerche, l’artista bolognese è protagonista di un interessante volume storico didascalico a cura delle studiose Vera Fortunati e Irene Graziani dal titolo “Properzia de’ Rossi: una scultrice a Bologna nell’età di Carlo V”; un’occasione in più per avventurarsi alla scoperta di un’artista straordinariamente controcorrente.
di Francesca Massaro