Prendere atto di sé e mettersi a nudo: Maestro Pellegrini si racconta in “Fragile”
“Nei miei testi si incrociano molto immagini infantili leggere e contenuti più forti: in sintesi i passaggi fondamentali della mia vita”
Lo scorso 30 ottobre in formato fisico e il 27 novembre in via digitale, è uscito il primo album solista del Maestro Pellegrini, “Fragile”. A soli 36 anni, Francesco Pellegrini è uno degli artisti più prolifici d’Italia, militando perfino negli Zen Circus con i quali ha rilasciato quattro album. Attraverso un vero e proprio viaggio interiore, “Fragile” è un racconto nel quale l’autore ha deciso di spogliarsi e mettersi a nudo, tra paure, gioie ed esperienze di vita.
Per l’occasione abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche parola con il Maestro e di ripercorrere insieme alcune delle tappe fondamentali del suo primo progetto solista. Buona lettura!
Ciao Maestro e benvenuto su The Walk Of Fame, è un piacere. Il tuo primo album solista, “Fragile”, è un lavoro che mette a nudo il tuo lato più intimo e profondo. Come si compie un viaggio introspettivo, senza ricadere nell’autocommiserazione o nell’autoesaltazione di se stessi?
Questo è una sorta di percorso di autoanalisi, ma ho tenuto conto anche degli altri. Ho deciso di parlare di me già a 32 anni, quindi c’era la consapevolezza di volerlo fare. Ora ho trovato le parole adatte a raccontare la mia personalità, senza giudicarla. Ho voluto descrivere le sensazioni della vita che ho vissuto, dall’infanzia al musicista. Tanti elementi, tra cui le persone a me vicine negli anni. Volevo fare il punto della situazione e delle esperienze che ho avuto inserendo anche le mie paure e fragilità. Da qui il nome “Fragile” che vuole riassumere un po’ tutto. Si tratta di una parola che per me non ha una valenza spregiativa o di autocommiserazione, ma semplicemente è un prendere atto di una mia caratteristica. Ho cercato di essere il più oggettivo possibile.
Saper bilanciare le emozioni positive e negative è complesso e richiede una capacità di scrittura elevata. Ci sono stati dei passaggi più difficili di altri nel mettere nero su bianco ricordi e suggestioni?
Caratterialmente sono molto autoironico e ho uno spiccato senso dell’umorismo. Nei miei testi si incrociano molto immagini infantili leggere e contenuti più forti: in sintesi i passaggi fondamentali della mia vita. Cerco di usare sempre queste due chiavi di lettura, perciò se mi trovo a dover raccontare un evento difficile, magari provo a proporlo usando toni più leggeri e ironici. Sicuramente ci sono due tracce che mi hanno scosso molto: una è “Francesco” che parla del mio rapporto con Francesco Motta, l’altra è “Cent’anni”, scritta quando lasciai Livorno, la mia città.
Durante la lavorazione del disco hai avuto modo di guardare dentro te stesso e giudicare il tuo passato?
Sì, ho avuto modo di guardare dentro me stesso e prendere atto di ciò che sono, più che giudicare. Se non avessi fatto gli errori che ho commesso in passato, oggi non sarei la persona che invece sono.
Come giudichi la vita che hai scelto di riverberare in musica? C’è qualcosa che cambieresti?
Assolutamente no. Credo che gli errori servano molto nella musica. Anzi, spesso è da questi che nasce una nuova idea, un po’ come nelle ricette culinarie. C’è stato sicuramente un rapporto conflittuale con le mie fragilità quando ero piccolo. Ma ora penso che gli errori siano una componente importante e che vadano rispettati come le scelte giuste.
Con un lavoro autobiografico ci si espone al giudizio della gente. Non sei spaventato da ciò?
No, non sono spaventato. Sono abituato a lavorare in questo ambiente e sono convinto che le tracce siano belle perché sincere. Io tendo a dividere la musica tra sincera e non sincera più che bella o brutta. Quando si è se stessi nei testi ci si mette a nudo e ho avuto modo di lavorare con artisti che lo hanno fatto prima di me. Ho scelto di scrivere “Fragile” per mettere a fuoco la mia figura di artista, perciò ero consapevole che mi sarei scoperto. Ma l’ho fatto volontariamente e, a dirla tutta, avevo proprio bisogno di farlo. In generale sono aperto a qualsiasi tipo di giudizio esterno.
Con il blocco dei concerti e delle attività musicali dal vivo, come promuoverai il tuo lavoro?
Questa estate ho avuto la fortuna di esibirmi un po’ in giro. Avevo previsto di farlo con la band ma ho dovuto ridurre e suonare da solo. Comunque qualche showcase sono riuscito a farlo mentre i brani venivano pubblicati. L’idea, appena sarà possibile, è di tornare con la formazione completa con la quale abbiamo registrato “Fragile” ed avere in live quel sound specifico. Purtroppo è un momento strano e il lavoro va riprogrammato ogni settimana. La voglia di suonare c’è e c’è sempre stata, anche con la paura di contrarre il virus questa estate. Mi sono assunto le mie responsabilità e, per quanto possibile, sono andato in giro. Ho ritenuto importante farlo per la nostra filiera e il pubblico. Ho scelto di non fermarmi, di pubblicare i brani e di suonare nella modalità in cui era possibile farlo. Comunque sia, le opzioni nell’imminente futuro sono due: o suonare in duo con mio padre che è un pianista, oppure strutturerò una band completa. L’unico rimorso è non essere riusciti ancora a riproporre il sound vero e proprio del disco.