Sanremo, quando Brian Molko dei Placebo scatenò l’ira del soporifero pubblico dell’Ariston
Cosa avevano in comune il festival di Sanremo e i Placebo nel 2001? La risposta è semplice: nulla. E infatti, quella che doveva essere l’esibizione di uno dei gruppi più in voga in quell’anno, si rivelò un tragicomico incidente di percorso capace di gettare ombre sul pacato e poco dinamico festival della canzone della musica italiana.
Forti del successo derivante da Black Market Music, terzo album uscito l’anno prima, la band guidata da Brian Molko si presentò sul palco dell’Ariston in qualità di ospite internazionale. Oltre ai Placebo quell’anno si esibirono anche Ronan Keating, Anastacia, Moby, Enya, Eminem e Ricky Martin. Un parterre di lusso con cui spaziare da un genere all’altro.
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Un’edizione condotta da Raffaella Carrà, spalleggiata dal trio Piero Chiambretti – Massimo Ceccherini – Enrico Papi. Gli amanti del culto musicale, più o meno autorevole, ricorderanno come i vincitori nella categoria giovani furono i Gazosa, giovanissima pop-rock band sparita di lì a poco. Oggi, a grosse linee, sarebbero l’equivalente dei Maneskin. Sui tre gradini più alti del podio salirono Elisa, Giorgia e Mattia Bazar.
Torniamo ai Placebo. Primo singolo estratto dal terzo lavoro in studio della band fu “Special K“, tutt’ora una delle hit immancabili nelle setlist dal vivo. Il trio si presenta sul palco in tutta la sua strafottente e androgina irriverenza e arroganza. Molko, completino di latex e pelle nera, occhiali da sole e sguardo diametralmente opposto a chi aveva piacere di trovarsi lì, in quel momento, aveva dato chiari segnali di malumore. Lo stesso che sarebbe sfociato dopo pochi minuti.
Al termine dell’esecuzione del brano, il frontman del gruppo prende la chitarra e la distrugge contro un amplificatore, “svegliando” l’educata platea di fronte al palco. Sguardi increduli e stupefatti accompagnano l’uscita di scena di Molko che si girò verso il pubblico per regalare l’ultimo gesto di insolente commiato; un inchino modello toreador spagnolo. A quel punto il leggero dissenso precedentemente manifestato dai presenti si tramutò in vera e propria ira. I cori da stadio contro lui rivolti distribuivano equamente “Buffone, buffone” e “Scemo, scemo“.
Questo il commento della band qualche anno più tardi: “Ci sembrava la reazione più adatta, a quel tempo. Eravamo scazzati perché nessuno ci aveva detto come era il Festival. A nessuno gliene fregava assolutamente niente di noi. Quando venne il nostro momento, c’erano in platea tutti questi vecchi grassi in giacca e cravatta, con le loro donne in abito da sera. Qualcosa ha fatto click nella mia testa ed è scattata una reazione primordiale. Vaffanculo tutta ’sta roba, mi sono detto; non dovrei nemmeno essere qua! La sola cosa che mi è rimasta impressa nella memoria era la gente che dalla sala mi gridava: “Pezzo di merda”…”
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Al rientro dalla pubblicità fu Raffaella Carrà a tentare di dare spiegazioni: “Onestamente ero in camerino e non ho visto quello che hanno fatto i Placebo. Ho sentito molti fischi e sono sicura che la colpa non è la vostra, ma di qualche gesto da parte del gruppo e quindi vi chiedo scusa. Forse, nascosto sotto le vesti di Brian, c’era Eminem che è stato invece tranquillissimo”.
Addirittura ironico Chiambretti: “Con quel visetto da angioletto può andare al massimo allo Zecchino d’Oro. Forse Molko non sa che qualche anno fa, prima di lui, un tale di nome Jimi Hendrix bruciava la chitarra sul palco. E’ arrivato per ultimo”. Già, e allora perché l’indignazione del pubblico?